Attualità
Melania Delli Compagni: il doppio volto della danza contemporanea

Melania Delli Compagni, coreografa, insegnante e curatrice di performance ha trasformato il suo vissuto in materia scenica.
di Laura Marà
Una riflessione in movimento sull’identità, un percorso artistico che attraversa confini geografici, linguistici ed emotivi. Melania Delli Compagni, coreografa, insegnante e curatrice di performance ha trasformato il suo vissuto in materia scenica. Con Homo Duplex, il suo progetto più intenso e concettualmente strutturato, indaga il dialogo tra le forze che abitano l’essere umano. Un lavoro che rappresenta il culmine di un cammino artistico e personale in costante trasformazione.
Un’infanzia tra mare e movimento
Nata in Abruzzo, Melania scopre la danza prima di compiere tre anni. Il legame con il corpo e il movimento cresce in parallelo con gli studi, fino al diploma presso il Liceo Scientifico “M. Curie” di Giulianova. Nel 2014 si trasferisce a Roma, città che diventerà il cuore pulsante della sua formazione.
La formazione: tra accademia e palcoscenico
Nel contesto romano si affina a contatto con maestri e coreografi di rilievo internazionale. Dopo un iniziale percorso universitario linguistico, sceglie di seguire la sua vocazione artistica. Nel 2018 ottiene il diploma in danza contemporanea presso l’Accademia Vivo Ballet con una borsa di studio e si forma anche come insegnante in diverse discipline coreutiche. Parallelamente prosegue la sua carriera accademica, laureandosi in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma e conseguendo successivamente la laurea magistrale in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale alla Roma Tre, con ricerca tesi a Bradford (UK), prima ad essere riconosciuta come Città del Cinema UNESCO.
Flamenco e silenzio: la pausa obbligata prima della rinascita
Nel 2018 Melania si trasferisce per alcuni mesi tra Madrid e Siviglia per studiare il Flamenco e immergersi nella cultura iberica. Al rientro, un grave infortunio la costringe a interrompere l’attività fisica. Poco dopo, l’arrivo della pandemia la spinge a spostare l’attenzione su ricerca, scrittura e introspezione. È in questo periodo sospeso che maturano molte delle idee che daranno forma a Homo Duplex.
Olanda, teatro e terapia: un laboratorio europeo
Nel 2023 si trasferisce nei Paesi Bassi, dove partecipa ad un corso introduttivo in
Dance Movement Therapy presso Codarts University di Rotterdam ed in seguito avvia collaborazioni con progetti teatrali e festival artistico-culturali. Qui trova terreno fertile per lo sviluppo di programmi interdisciplinari e approfondisce il legame tra movimento, terapia e creatività dando vita così al suo workshop “Dance It Out!”, in cui i tre concetti si fondono dando vita ad un nuovo modo di utilizzare il corpo a seconda delle proprie necessità, utilizzando ogni volta proposte differenti che diventeranno, durante la sessione, argomento di discussione e condivisione prima verbale e poi corporea.
HOMO DUPLEX: il dialogo eterno tra i due sé
Tra i progetti più rappresentativi di Melania spicca Homo Duplex, una performance di danza contemporanea che trae ispirazione dalla teoria del sociologo Émile Durkheim, secondo cui ogni individuo è il risultato di una tensione costante tra due nature: l’individuale e il collettivo. “La mia idea – spiega Melania – era quella di rendere visibile il conflitto e la riconciliazione tra due parti dell’essere umano. Due entità che si cercano, si respingono, si riconoscono come frammenti dello stesso tutto.” In scena, due danzatori rappresentano queste forze opposte e complementari. I loro movimenti sono fatti di ricerca, contatto, tensione e abbandono, fino alla consapevolezza di essere parte di una unità dialogica. È un viaggio simbolico, che tocca la memoria, il desiderio, la frammentazione e la cura. La performance è strutturata come un ciclo narrativo aperto: si chiude esattamente dove inizia, sottolineando l’eternità del processo di comprensione del sé. Un percorso che non ha fine, ma che può evolvere nella consapevolezza. Homo Duplex è più di uno spettacolo: è una esperienza sensoriale e riflessiva, che invita lo spettatore a entrare nel proprio labirinto interiore. Un’opera che unisce filosofia, coreografia e psicologia in un unico, potente gesto artistico.
Estate: la stagione che svanisce in un sogno in bianco e nero
Girato in bianco e nero, il video-progetto Estate rappresenta la stagione estiva come una parentesi onirica. Tra amori fugaci e libertà effimere, la coreografia racconta la transitorietà delle emozioni e il ritorno inevitabile alla realtà, simboleggiato dall’arrivo dell’inverno. Un progetto che parla di nostalgia, memoria e tempo che scivola tra le dita.
Un’alba che respira: poesia e rinascita sul litorale adriatico
Sulla spiaggia adriatica, con il sole che sorge e le onde che accompagnano il respiro, prende forma Dawn and Breath, una performance collettiva che unisce danza, violino e poesia. Il progetto è un omaggio alla forza rigenerativa della natura e alla resilienza post-pandemica, un’opera che invita a ritrovare la connessione tra corpo, ambiente e spirito.
Insegnare movimento: la lezione che va oltre la tecnica
Melania non si limita alla creazione artistica: insegna danza con passione e metodo. I suoi corsi sono spazi inclusivi in cui condivide non solo competenze tecniche, ma valori legati al rispetto del corpo, all’ascolto reciproco, al superamento della paura. “Una lezione di danza può cambiare la giornata, a volte anche la vita”, afferma. “Insegno per dare e per ricevere. Ogni allievo mi offre una prospettiva nuova.”
Coreografa, narratrice, pedagoga: l’arte come atto vitale
Oggi Melania Delli Compagni lavora tra Olanda e Italia, proseguendo il suo percorso tra coreografia, pedagogia e produzione artistica indipendente. Con lo sguardo sempre rivolto alla sperimentazione, continua a usare la danza come linguaggio per interrogare la realtà. “Non cerco risposte definitive”, conclude. “Cerco spazi in cui porre le domande giuste, con il corpo, con il gesto, con la presenza.”
Prossimi eventi in programma Nelle giornate del 4 giugno, 25 giugno, 9 luglio e 23 luglio 2025, presso il Black Cat
Theatre di Amsterdam, si terranno nuove edizioni del workshop Dance It Out! – Danza Terapeutica Alternativa. Ogni incontro si svolgerà dalle 19:00 alle 21:00, offrendo uno spazio in cui il movimento incontra la creatività e l’espressione personale. Le sessioni sono aperte a tutti, sia a chi si avvicina per la prima volta alla danza, sia a chi ha già esperienza, e rappresentano un’occasione per esplorare sé stessi attraverso il linguaggio del corpo, in un ambiente accogliente e stimolante.
BIOGRAFIA ESSENZIALE
- Nome: Melania Delli Compagni
- Origine: Abruzzo, Italia
- Formazione: Vivo Ballet, Sapienza Università di Roma, Università Roma Tre, Codarts University Rotterdam
- Specializzazioni: Danza contemporanea, insegnamento, coreografia, dance movement therapy
- Progetti principali: Homo Duplex, Estate, Dawn and Breath
- Aree di attività: Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi
- Sito web: melaniadc.com
- Social media: Instagram, LinkedIn,
Melania è disponibile per collaborazioni artistiche, workshop, progetti coreografici e consulenze creative.
Intervista di Laura Marà a Melania Delli Compagni
Hai mai coreografato un sogno? Se sì, che forma ha preso quando ti sei svegliata?
Mi succede molto spesso di creare in sogno, soprattutto nei periodi in cui sto lavorando a una nuova creazione o sto cercando la chiave per sviluppare un’idea ancora in forma embrionale. L’ultima volta è successo qualche mese fa. Avevo passato l’intera giornata cercando un modo per unire i miei pensieri nella costruzione della drammaturgia di un nuovo workshop. Non trovavo un filo conduttore che legasse tutto in modo autentico. Poi, quella notte, ho sognato la struttura perfetta: con dettagli, passaggi e persino il tono delle parole da dire. La mattina dopo mi sono svegliata e ho scritto tutto. Due settimane dopo, ho “messo in scena” quel sogno, ed è stato incredibile. In quel momento ho capito che non era solo un’idea: era un’esigenza profonda, che si era fatta spazio nel subconscio ed era venuta a galla con urgenza e chiarezza. Qualche notte dopo, ho anche sognato la messa in scena della nuova performance su cui sto lavorando ora. Apro gli occhi durante la notte e ricordo di aver pensato: “Eccola! Ce l’ho.” Purtroppo, non sono riuscita a ricordare tutta la “sceneggiatura onirica” al risveglio… ma spero che quel sogno torni a trovarmi. E, questa volta, sarò pronta ad accoglierlo.
Homo Duplex è anche un autoritratto? Chi sono, per te, i due “Melania” che danzano al suo interno?
Lo è sicuramente, anche se credo rispecchi, più in generale, la dualità delle energie che risiedono nella mente di ognuno di noi. Molte volte, nel prendere una decisione o nel capire che posizione assumere rispetto a un concetto o a una situazione, mi ritrovo ad affrontare un dialogo interiore tra due parti di me: una che porta avanti le proprie idee, opinioni e valori, e un’altra che è — nel bene o nel male — influenzata dalla società. A volte, per uscire da questo conflitto, sento il bisogno di una terza voce. Una parte che rassicura la prima, che pur essendo forte e strutturata, fatica a respirare a causa dell’altra. Cosa diranno gli altri? Piacerà questa cosa? E se non ce la fai, come lo spiegherai? Ogni volta mi ritrovo in questa situazione già vissuta, ma che affronto come fosse la prima volta. Riconosco queste due parti, che spesso cambiano volto o tono di voce perché segnate dalle esperienze passate. Allora chiudo gli occhi, le osservo discutere, tentare di capirsi, e provo a dare spazio al dialogo e all’ascolto. A volte va bene. A volte è complicato, come una disputa tra fratelli.
C’è un luogo non teatrale in cui sogni di mettere in scena una performance? Perché proprio quello?
In realtà è qualcosa che ho già iniziato a fare con le mie ultime performance: una mostra d’arte, come nel caso di Homo Duplex; il litorale della mia terra natale, per Dawn and Breath; una riserva naturale, per Estate. Per me, il luogo ha un ruolo fondamentale nella costruzione dell’esperienza. Quando creo una performance dal vivo, mi interessa sempre rompere la quarta parete e annullare la distanza tra il pubblico, lo spazio e l’azione scenica. Questo trasforma l’esperienza sia per chi la vive che per chi la osserva. Il mio sogno non è tanto legato a un luogo preciso, ma a un modo di abitare gli spazi: sogno contesti in cui la performance si possa radicare profondamente, generando una connessione viva, dove il pubblico non sia solo spettatore ma parte attiva, coinvolta emotivamente e fisicamente. Non è un atto unilaterale da parte degli artisti, ma un vero e proprio scambio, fatto di ascolto, presenza e partecipazione.
Ti è mai capitato che una coreografia ti precedesse, rivelando qualcosa di te che tu stessa non avevi capito?
È una domanda bellissima, e la risposta è sì, ma spesso questo accade ancora prima della coreografia vera e propria, nel momento dell’improvvisazione. Quando mi permetto di lasciare andare il corpo, senza pensare all’estetica del gesto, succede che il movimento stesso mi parli, mi indichi una direzione, mi riveli un bisogno o uno stato d’animo che ancora non avevo messo a fuoco. È come se il corpo sapesse prima della mente. Questo accade anche quando osservo il movimento di un’altra persona: il linguaggio corporeo riesce a raccontare molto più di quanto le parole riescano a fare. Ed è proprio uno dei principi su cui si fonda il mio workshop Dance It Out! imparare ad ascoltare e comunicare attraverso il corpo, affrontare temi e conversazioni tramite la dinamica e le varie forme che assume il nostro corpo attraverso il movimento, e far emergere contenuti inconsci in modo naturale e autentico. Per quanto riguarda invece la creazione coreografica, parto sempre da una ricerca profonda sul tema che voglio trattare, perché sento la responsabilità di raccontare qualcosa di vero. Ma anche in quel processo – che nasce spesso da fasi di improvvisazione – mi capita di scoprire nuove parti di me. Succede quando riesco davvero ad abbandonarmi all’ascolto, a fidarmi del corpo. È lì che accade la magia.
Hai mai danzato solo per te stessa, con l’intento di non essere mai vista? Che sensazione ti ha lasciato?
Mi capita spesso, e continuo a farlo ancora oggi. Soprattutto nei momenti di stress, quando i pensieri si accumulano e non riesco più a trovare uno spazio sereno nella mente. In quei momenti, l’unica cosa che mi fa sentire più leggera è mettere una musica che rispecchi le mie emozioni, chiudere gli occhi e lasciare che il corpo si muova liberamente, seguendo il suo flusso naturale. Cerco di alleggerire, attraverso il movimento, proprio quelle parti del corpo in cui sento che i pensieri si sono sedimentati: la testa, il petto, lo stomaco. È una danza silenziosa, intima, che non nasce per essere vista ma solo per essere sentita. Mi aiuta a respirare meglio. La sensazione che provo dopo è sempre la stessa: “Perché non l’ho fatto prima?” A volte non possiamo cambiare la situazione che ci pesa, ma possiamo cambiare il modo in cui la abitiamo. Possiamo scegliere dove farla risiedere nel corpo, quanto spazio darle, e come farla muovere. Non è una via facile da intraprendere, ma molte volte è necessaria. È ascoltarsi: un atto di cura verso sé stessi.