Diritti umani
Lo scorso anno la Polonia e stanotte la Turchia, dichiarano l’inutilità della Convenzione di Istanbul
Uno schiaffo ai diritti umani in nome della politica. L’ attuazione della Convenzione provoca impopolarità tra i candidati.
Sono passati appena dodici brevissimi giorni dall’8 marzo, questo particolare 8 marzo nel quale in molti paesi d’Italia sono stati gli uomini ad organizzare flashmob e manifestazioni indipendentemente o con le donne. Sembrava quasi che, a dispetto dei lunghi elenchi che raggruppano gli omicidi di tutte le donne che non vedranno mai più nessun nuovo giorno, si fosse giunti ad una maggiore consapevolezza.
Anche negli interventi della maggior parte dei politici sembrava esserci la determinazione di realizzare e far attuare modalità educative che potessero quantomeno indurre alla riflessione, se non arginare il fenomeno, perché purtroppo i numeri delle donne uccise continuano ad essere preoccupanti, perché alcuni comportamenti lo sono ancora di più ed alcune sentenze stravolgono la concezione di giustizia e di uguaglianza sancita dalla nostra Costituzione e dai Codici.
Nel 2011 fu addirittura necessaria la Convenzione di Istanbul con la quale gli stati membri del Consiglio d’Europa, per arginare la violenza contro le donne, imposero ai governi di dotarsi di legislazione che perseguisse la violenza, gli abusi e lo stupro anche tra le mura domestiche e le mutilazioni genitali femminili.
Legislazioni autonome, come se nei termini violenza, abuso, mutilazione ed omicidio, non fosse compreso un reato verso il genere umano nella sua interezza.
Da stamane le notizie si rincorrono e non si può far a meno di ascoltare e di non sorprendersi di come ancora non ci sia nessuno che abbia preso severa posizione, o forse ci si sarebbe sorpresi del contrario.
Una nota di “disappunto” la dichiarazione del segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejcinovic Buric che ha affermato “è un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne in Turchia, in Europa e anche oltre”, solo qualche parola. Del resto lo scorso anno in sordina vi era stato già il dietrofront della Polonia.
Eppure questi ritiri dalla Convenzione di Istanbul, costituiscono un fatto gravissimo, la cui entità, solo in Turchia ben 300 donne uccise lo scorso anno dai propri mariti e 171 morte in circostanze sospette, poco sembra importare rispetto al netto calo di popolarità del presidente ed i voti servono, anche quelli degli estremisti che considerano il contenuto dalla Convenzione un problema.
“Non è necessario cercare rimedi esterni o imitare gli altri per questo obiettivo fondamentale. ” ha twittato il vice presidente Fuat Oktay”, “La soluzione invece è nelle nostre tradizioni e costumi, in noi stessi” ha replicato il ministro della Famiglia, del lavoro e dei servizi sociali Zehra Zumrut Selcuk. Cosa importa se le donne vengono mutilate, acidificate, costrette a sposarsi bambine? L’importante è che facciano figli, i futuri elettori, poi sono inutili.
Non è successo niente e tutto va bene. Cosa importa se è stato necessario che 34 Paesi firmassero la Convenzione in cui è la raccapricciante certezza della violazione dei diritti umani? Cosa importa se nella civilissima Europa si conta ogni anno il 24% di omicidi di donne, cosa importa se questa percentuale diventa il 38% in Turchia?
La repressione che si sta già attuando da alcune settimane contro le manifestazioni, perché in Turchia le donne sono già scese in piazza come già accaduto in tempi trascorsi, consentirà di mascherare l’omicidio come ripristino dell’ordine.
Non è successo nulla, va tutto bene! E noi personcine civili indigniamoci, ecco indigniamoci!