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Diritti umani

Le ingiurie di un inglese su un tram in Inghilterra verso un italiano. Riflessioni su un filmato virale

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Tempo di lettura: 4 minuti

In ogni paese gli “stranieri”, compresi quelli nati nel paese come figli di immigrati, sono soggetti a luoghi comuni secondo la nazionalità di turno

di Gianni Pezzano

https://youtu.be/Cj2Rsu-HSFg

In questi giorni un filmato che fa il giro delle pagine italiane dei social media sta suscitando molti commenti degli utenti. Nel filmato, girato su un mezzo pubblico in Inghilterra, un inglese di una certa età rivolge frasi ingiuriose e offensive verso un italiano. Come era prevedibile le reazioni sui social media sono state tra il divertito e l’indignato, però molti non hanno capito che il filmato non è che una piccola parte di quel che gli emigrati italiani hanno sempre affrontato all’estero, ed è altrettanto vero che non è il peggio delle discriminazioni che dobbiamo sempre combattere.

In Australia casi del genere contro “stranieri” vengono riportati regolarmente dalla stampa e chi scrive è stato soggetto a trattamenti del genere per aver parlato in italiano su un mezzo pubblico con parenti/amici e a volte con turisti. In alcuni casi particolarmente seri i responsabili sono stati condannati dai tribunali per le offese e in alcuni casi si è aggiunta  l’aggravante dell’odio razziale. Ma dobbiamo riconoscere che si tratta di una minoranza della popolazione che si scatena nel sentire una lingua straniera e la motivazione è spesso la paura dell’ignoto. Però, dobbiamo capire che non è questa l’unica espressione di razzismo e che ci sono modi molto più sottili e quindi molto più pericolosi.

Luoghi comuni

 In ogni paese gli “stranieri”, compresi quelli nati nel paese come figli di immigrati, sono soggetti a luoghi comuni secondo la nazionalità di turno. Naturalmente il più famoso è, almeno per noi, “italiani mafiosi”, che ci segue da ben oltre un secolo e in Italia negli ultimi anni sentiamo spesso una frase molto simile. “Albanesi/rumeni tutti ladri”.  Ma ci sono anche “scozzesi tirchi” e “musulmani terroristi” e cosi via.

Bisogna fare un  commento particolare  riguardo gli ebrei che non solo sono soggetti al luogo comune d’essere tirchi, ma fino a non così tanto tempo fa erano soggetti a voci di sacrifici umani di bambini cristiani e responsabili per tutti i guai del mondo. Infatti, la polizia segreta della Russia Imperiale produsse un opuscolo “I protocolli dei savi di Zion” che li accusava di delitti orrendi con lo scopo di utilizzarli come capri espiatori per la popolazione per cercare di evitare rivolte contro l’impero. Tristemente, questo opuscolo viene ancora utilizzato per scopi razzisti e regolarmente appare in siti antisemitici e di tanto in tanto viene utilizzato persino da portavoce ufficiale in alcuni paesi per attaccare gli ebrei.

La cosa strana di questi luoghi comuni è che poi, inevitabilmente alcuni dicono: “ma i miei vicni  sono italiani/scozzesi, rumeni/albanesi/ecc., e sono brava gente”. E questo è proprio il problema dei luoghi comuni perché tendono a timbrare tutti in categorie e quindi chi appartiene a uno di questi gruppi viene giudicato e trattato secondo lo stereotipo e non secondo il proprio comportamento personale.

Naturalmente questo dimostra l’ipocrisia dei luoghi comuni. Se i vicini di casi “è brava gente” il luogo comune appena ripetuto non può essere vero. E questa ipocrisia deve essere affrontata a tutti i livelli.

Esami di coscienza

In questi casi ci sono due gruppi particolari che spesso utilizzano gli stereotipi per scopi non etici. La stampa e certi esponenti politici dovrebbero fare esami di coscienza per come molti di loro utilizzano i luoghi comuni. Basta vedere come alcuni reati e temi vengono trattati nella stampa e anche da esponenti politici per vedere che non tutti i reati e i colpevoli sono uguali. Purtroppo, questo comportamento non si limita a un solo paese e lo vediamo fin troppo spesso in Italia.

Se il sospettato è straniero il linguaggio utilizzato, e dunque come viene presentato al pubblico, è diverso dal caso di un sospettato italiano.

Basti pensare a due casi di stupro di qualche mese fa. Nel primo caso a Rimini i presunti colpevoli, poi imputati e condannati, come anche le vittime, erano stranieri. Nel secondo caso pochi giorni dopo a Firenze le vittime erano di nuovo straniere ma i sospettati non solo erano italiani, ma anche Carabinieri in servizio.

In questi due casi l’atteggiamento di alcune parti della stampa, di certi politici e di una parte del pubblico è cambiato in pochi giorni. Ci vuole poco per il lettore a fare una ricerca sul web per rivedere i servizi giornalistici e televisivi riguardo i casi citati per constatare le differenze nel modo di presentare le due vicende.

Non entriamo in merito ai due casi che avranno la loro conclusione secondo la legge, però, dobbiamo riconoscere che le differenze su come sono stati trattati dalla stampa a seconda della nazionalità dei sospettati.

Il presunto colpevole straniero è un bersaglio facile e i luoghi comuni aiutano a renderlo tale. Ma il comportamento inconsistente della stampa, di certi politici e anche dei salotti televisivi fa si che come paese dobbiamo guardarci in faccia e chiederci se questo tipo di comportamento sia davvero degno di una democrazia moderna.

Altre discriminazioni

 Allo stesso tempo le discriminazioni secondo le origini esistono in altre forme e non solo nella stampa e nei social media in casi di reati seri.

Non è raro che figli di immigrati vengano trattati diversamente a scuola dai loro coetanei perché considerati meno capaci. Il fatto che un figlio di immigrato non parli bene l’italiano non deve essere il metro di giudizio dell’intelligenza dell’alunno. È naturale che nelle case degli immigrati si parla la lingua delle origini e chi scrive ricorda ancora il proprio primo giorno di scuola in Australia perché non capiva una parola d’inglese.

I dirigenti scolastici devono assicurare che questi inizi difficili non avranno effetti a lungo termine sugli studenti d’origine straniera e che non avranno seguiti anche nel futuro come succedeva regolarmente ai figli di emigrati italiani in Australia e in altri paesi nel passato. In parole povere, anche il sistema scolastico è un mezzo per assicurare l’integrazione al meglio di questi studenti.

Naturalmente i luoghi comuni legati alle origini creano problemi anche nel cercare lavoro e di conseguenza le possibilità di lavoro di queste persone non si basano sulle loro capacità e formazione, ma secondo l’immagine della loro nazionalità.

Educazione

 Non è un caso che si parli di scuola in questo articolo. In fondo è il luogo dove meglio combattere i pregiudizi e le immagini false create dal razzismo di ogni genere. Gli insegnanti sanno che all’inizio i giovanissimi non hanno un concetto di nazionalità, per loro il mondo è la casa e la propria famiglia e solo a scuola cominciano davvero a capire di essere diversi dagli altri.

Ma il ruolo della scuole è difficile ed è proprio per questo motivo che la stampa, in tutte le sue forme, e i politici devono capire che le loro parole e i loro pregiudizi personali hanno conseguenze e dovrebbero comportarsi di conseguenza.

L’integrazione è possibile, ma solo se, come paese, trattiamo i nostri vicini secondo il nostro standard di vita e non secondo stereotipi che quasi sempre sono falsi.

 

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