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Attualità

Elon Musk a tutto campo e la nuova politica

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Nel mondo della globalizzazione economica

di Sergio Bevilacqua

Il mondo cosiddetto Occidentale ha dato vita al sistema economico più grande ed efficiente mai esistito sul pianeta, basato sul capitalismo privato e sulla persecuzione di obiettivi tramite modelli organizzativi aziendali chiarì e limpidi, che incorporano come condizioni vitali l’accumulo di ricchezze atte a proseguire l’evoluzione dei sistemi stessi, per le nuove tecnologie oppure per gli investimenti su nuovi mercati. Questo mondo è quello generatosi dopo la Seconda Guerra Mondiale e caratterizzato da una forza civile enorme che, oltre all’economia in senso stretto, ha generato anche organismi mondiali mai visti in termini di operatività ed efficienza, ancora non sufficienti ma anche obiettivamente mai esistiti in questa forma, come le United Nations (U.N.).

United Nations è anche il nome inglese dell’alleanza che vinse la guerra, tanto per capire anche un poco di più qual è la sua origine di fatto: fu nel 1941 che il presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt scelse per i paesi alleati contro l’asse Roma-Berlino-Tokio il nome di Nazioni Unite. La successiva Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1º gennaio 1942 è alla base della nascita dell’ONU. In lingua italiana, le U.N. diventano dunque “Organizzazione delle Nazioni Unite”, che non fa altro che ricordare come i vincitori e i vinti siano stati d’accordo nel fondersi in un sistema decisionale che vede congiunti in modo inequivocabile gli Stati che sono stati sconfitti ma non annientati dalla più grande guerra dell’umanità e quegli Stati che invece hanno accettato rese e ottenuto vittorie.

Un nuovo valore globale ha di conseguenza attraversato questi 80 anni e ancora perdura nella filosofia di vita comune alla specie umana in tutto il pianeta: la fine di tutte le guerre, anche a causa degli spaventosi e teleutofobici (terrore della fine) strumenti di distruzione introdotti, le bombe atomiche. Questo fattore tecnologico dirompente e incontrollabile nei suoi effetti globali è divenuto il deterrente di ogni confronto bellico totale, poiché i suoi effetti si estendono su una scala che vede coinvolto l’intero pianeta anche se l’evento distruttivo prevalente è distante migliaia di chilometri.

Va detto che il rapporto tra economia e politica è sempre stato un rapporto privilegiato: per fare le guerre e per fare gli Stati ci vogliono risorse economiche, così per aerei e carrarmati oppure per ospedali e infrastrutture. Dal momento che, dopo lo smantellamento del comunismo, la libertà d’impresa e la proprietà privata sono divenuti base di tutti i patti di convivenza espliciti (e ancor più di quelli impliciti…) negli Stati del mondo e che le aziende economiche sono libere e hanno una proprietà, con l’acquisizione della dimensione apolide, cioè globale, delle aziende economiche, i due poteri, quello civile/militare degli Stati, e quello economico/finanziario delle aziende iniziano a commisurarsi, scomporsi e fronteggiarsi.

Ma non c’è storia in questo confronto. Solo i bambini ingenui, i nostalgici del comunismo o del nazionalismo retrò possono pensare di tenere alla briglia le naturali conseguenze del libero commercio e dell’evoluzione economico-industriale in quasi tutto il mondo. Perché “quasi tutto”? Perché ci sono Stati che non soffrono di delocalizzazioni economiche, e che invece hanno proprio sul loro territorio, all’interno dei loro confini fisici, le condizioni della propria economia. Ma anche lì il braccio di ferro non cessa, tutt’altro… Ed è l’economia con le sue persone, imprenditori, finanzieri, alti dirigenti d’azienda identificati e colti di organizzazione e direzione, che andrà a condizionare lo Stato, non viceversa.

È pienamente evidente il caso Trump-Musk, con il cosiddetto tycoon di Tesla e mille altre aziende di grande importanza ed effetto politico sostanziale, cioè, condizionanti la vita di tutti i giorni di grandi masse popolari e non soltanto il loro reddito, che entra nella squadra di governo del neopresidente, anche dopo averne non poco favorito la vittoria con centinaia di milioni di dollari suoi spesi per la campagna elettorale. Non vi è alcun dubbio che Elon Musk abbia interesse netto ed esplicito ad avere un mondo così fertile come gli USA dalla sua parte, ed essere informato di come si muove il suo potere. E che l’altro tycoon Trump oggi politico soprattutto conoscendo in prima persona la volatilità dell’economia nel mondo, abbia grandissimi vantaggi nell’incorporare la forza nomade e globale dell’economia nelle istituzioni dello Stato Federale americano.

Fatte le debite e non facili proporzioni (popolazione, PIL, estensione geografica, capacità bellica ecc.), altrettanto evidente è il ruolo meno esplicito ma ben più sostanziale degli oligarchi russi nel governo Putin, lui stesso uno di loro addirittura. Dodici anni fa, fu Putin stesso che riuscì ad alterare l’architrave democratica datasi dalla Federazione russa dopo il crollo della dittatura del proletariato su cui erano stati basati oltre 70 anni di potere e piani economici gestiti direttamente dal potere pubblico, cui seguì un’altra ventina d’anni neodemocratici anche se zoppicanti. Con quell’andatura zoppicante post-gorbacioviana è finito l’unico esempio concreto di capitalismo di Stato, nato quasi come volle il marxismo-leninismo: una filosofia, cioè, una visione del mondo, cioè, un idealismo, cioè, ben distante dal progetto edonistico del capitalismo privato occidentale, ma anche tanto antico, tanto romantico, tanto sognante e tanto, tanto pericoloso come sono le droghe, quell’oppio dei popoli combattuto da Marx in origine alternativa idealistica al comunismo, fatta di visioni trascendentali di tipo religioso-allucinatorio. Con Marx e Lenin, dunque col materialismo, si produce una scuola filosofica per tutto il popolo, una istruzione di convincimento e di valori: ecco la bella formazione ideologica sovietica, cioè dei soviet, cioè delle comuni su cui nacque il socialismo reale.

Ma se Stalin non fosse stato soprattutto un politico, infarcito, tatuato a fuoco con ideologie, filosofie e idee morali (o immorali, che è la stessa cosa…), avrebbe subito capito che non c’era possibilità per il capitalismo di Stato senza che lo Stato comunista stesso estendesse le sue giurisdizioni ovunque, eliminando l’edonismo privatistico-occidentale con le rivoluzioni di popolo. E allora, il suo (e di Kruscev/Breznev suoi successori) “Comunismo in un solo Paese” (o meglio, grazie ai carrarmati, grappolo di Paesi dominati prima che fratelli nel sole dell’avvenire) è caduto miseramente senza guerra combattuta davanti a ciò che veniva propagandato come il benessere superficiale del mondo occidentale, quello ottenuto secondo Marx e Lenin con lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e non con un dispositivo di popolo-partito-Stato che salvaguarda i diritti di ciascuno e la sua libertà. Così, il perverso benessere del mondo borghese è penetrato in modo irrefrenabile nelle coscienze dei popoli confinanti, ungheresi prima. cecoslovacchi dopo, polacchi poi (anni ’80) e poi lettoni e lituani, estoni ed ucraini, obbligando il potere sovietico al bastone sanguinario a Budapest (1956) e a Praga(1968). Lo scopo era soprattutto evitare l’avvento di qualcosa di molto semplice (e gradevole…) per l’essere umano: quel capitalismo privato pragmatico e edonista, così umano troppo umano, e così poco morale, ideologico, filosofico, religioso… Perché, non mandando i carrarmati, il Mercato che determina la forza delle imprese private avrebbe mostrato la sua enorme forza naturale e avrebbe distrutto anche forti aziende di Stato protette dalle istituzioni comuniste, nonché, subito dopo, le istituzioni comuniste stesse. Come è poi successo senza che nemmeno una guerra lo potesse fermare.

Nell’Islam, l’oligarchia, oggi economica, è condizione strutturale e la religione (etica, diritto), la sostiene: tutto sommato, considerando la condizione medievale, ciò avviene ancora in modo sufficientemente brillante. Ma non sarebbe possibile senza mettere in gioco un valore che nessuna civiltà umana del mondo ha mai avuto l’ardire di usare allo stesso modo: la libertà e i diritti delle donne. Un patto scellerato regge tutto l’Islam: la proprietà sostanziale dell’uomo sulla donna, vera merce, valore economico, di scambio col riconoscimento da parte dei maschi del potere oligarchico tardo feudale e, da qualche decennio, petrolifero cioè economico delle oligarchie.

Anche il caso cinese è dello stesso tipo, con caratteristiche difformi rispetto a Occidente, Islam e Russia: il suo grande valore è lo sviluppo atteso di un enorme mercato interno circoscritto dallo Sato, che porta le aspettative imprenditoriali a considerare il breve e medio termine almeno in modo piuttosto positivo per le aziende di là, che possono contare sul cospicuo ombrello pubblico per ripararsi dagli andamenti ondivaghi del mercato interno cinese. Appena ci saranno segni effettivi di saturazione del mercato interno della Cina, allora quelle stesse aziende, come sarebbero già in grado di fare, decollerebbero come le ex-nostrane occidentali verso la dimensione globale, prevalendo, come ovunque, sul potere degli Stati, e così anche dello Stato neocomunista xi-jinpinghiano.

Il dualismo tra economia e politica, nel caso del modello occidentale di potere statale e potere economico, russo oligarchico primario, cinese opportunistico, islamico feudale di cui tutto il resto del mondo non è altro che una gradazione, dovrebbe far pensare i politichetti nostrani, anziché inorgoglirsi di sacra vis publica delirante: partiti senza contenuti operativi efficienti, nella selezioni delle candidature e nella copertura delle mille posizioni manageriali degli Stati moderni, sia a destra che a sinistra non solo confondono le idee ai popoli e, con l’ignoranza che li caratterizza, fuorviano le visioni di costruzione sociale, mettendosi in condizione menzognera per salvare le proprie poltrone e i propri deliri pubblicitari. Ma sono veri e propri bocconi prelibati per l’intelligenza di altra politica e, soprattutto, della grande intelligenza dei poteri economici.

Con una politica così approssimativa come quella dei partiti italiani di destra e di sinistra, diviene impossibile criticare la gamba tesa di Elon Musk sui giudici italiani, che magari addirittura confonde con le analoghe cariche americane elette direttamente dal popolo, cui risponde la flebile voce platonica e aristotelica di un Presidente della Repubblica, quanto mai incolpevole e, oggi, alla luce del disaccoppiamento tra politica ed economia, fragilissimo…?

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