Diritti umani
Caterina Grechi: la forza delle donne. Per una nuova stagione di riforme
Intervista a Caterina Grechi Presidente del Centro per le Pari Opportunità della Regione Umbria.
di G.C.
Presidente, ho terminato da poco la lettura dell’edizione italiana del libro di Claudia Goldin sul gender gap, crede che possa essere una guida utile ai problemi del nostro tempo?
Conosco bene il pensiero dell’autrice, che lo scorso anno ha ricevuto il Premio Nobel per le scienze economiche proprio per i suoi studi sull’economia del lavoro, che dimostrano come ci sia un rapporto diretto e positivo fra sviluppo economico e partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Sarà uno stimolo intelligente per le attività di workshop che stiamo pianificando sui territori.
Si parla spesso di riconquista di uno spazio di piccole felicità in un’esistenza che il CENSIS descrive popolata di persone inerti e incapaci di reagire ai presagi del futuro…
In effetti l’ultimo rapporto sulla situazione del Paese ci definisce un popolo di sonnambuli, che non si accorgono dei segnali di pericolo, per esempio della crisi demografica, per cui fra venticinque anni avremo 8 milioni di persone attive in meno rispetto al mercato del lavoro odierno.
La vera ricchezza non è più solo il denaro, ma il tempo, e in tal senso noi tutti diventiamo sempre più poveri…
I ritmi della vita quotidiana sono scanditi quasi sempre dalle donne: la preparazione dei pasti, gli usi degli spazi domestici, la pianificazione della crescita dei figli e della loro formazione sia come educazione scolastica che come modello valoriale interno alla famiglia, la cura degli anziani, perfino la scelta dei luoghi e dei tempi del riposo e delle ferie sono prevalentemente affidati alla saggezza delle donne, anche se per il sacrifico di questo carico di responsabilità spesso non si registra nessun riconoscimento sociale né gratitudine personale.
Perché la cultura si interroga sulle problematiche di genere più della politica?
Per troppi anni si è creduto che alcuni temi di dibattito politico con la popolazione fossero appannaggio di determinate parti politiche, in un gioco di specchi fra maggioranze e opposizioni. Oggi non possiamo ripercorrere queste vecchie logiche, perché la concezione della cittadinanza attiva implica una corresponsabilità e una capacità di mediazione politica che deve tendere all’incontro, nella ricerca di intermediari sociali, in un tessuto di convivenza civile ancora troppo fragile.
E quindi dobbiamo promuovere un ampliamento del dibattito pubblico. Pensiamo anche al contributo degli artisti: lei crede che vent’anni fa si sarebbe verificato un così ampio successo mediatico per un film come C’è ancora domani di Paola Cortellesi?
Certamente no, considerato che solo in casi rari c’era coincidenza fra film di qualità e grandi incassi, e il cinema come industria prevaricava il cinema come arte…
A proposito di cultura delle donne, prima dell’estate si è registrato un significativo successo della manifestazione IL BORGO E’ DONNA, durata per tutta la primavera in diverse aree dell’Umbria e organizzata dal Centro per le Pari Opportunità della Regione, da lei presieduto.
Proprio il Rapporto CENSIS che lei citava, ha lanciato lo slogan: “molte scie e nessuno sciame”, per sottolineare la creatività ma anche la sostanziale anarchia degli Italiani, ciascuno intento a coltivare il suo orticello senza confluire nella cura del giardino comune.
Invece in Umbria lo sciame c’è, sia per la sua naturale vena solidaristica nella patria di San Francesco, sia per la caratteristica unitaria delle piccole regioni di costituire laboratori di sperimentazione, replicabili su territori sempre più vasti. La Regione Umbria si segnala per le numerose iniziative che segnalano le opportunità di lavoro e formazione per le donne, per rafforzare la loro consapevolezza e agevolare la loro indipendenza economica.
Nei borghi di Lugnano in Teverina, Bettona, Trevi, Paciano e Arrone si è discusso di cultura, bellezza, accoglienza, sostenibilità, saperi e sapori. Le donne sono depositarie di un sapere ancestrale che nel Medioevo veniva ancora guardato con sospetto: ma non ci sono più streghe da bruciare, perché ci attende piuttosto una nuova stagione di riforme per stabilizzare equilibri ancora troppo delicati, rafforzare le molte conquiste realizzate e portare l’autorevolezza istituzionale al fianco dei cittadini e non in una sfera superiore gerarchicamente inaccessibile.
Una delle parole che lei riprende spesso, nei suoi discorsi istituzionali ma anche in quelli privati, è la parola “cambiamento”.
Per promuovere un cambiamento incisivo, non occorre proclamare rivoluzioni, ma bisogna lottare contro il disorientamento identitario e il disincanto politico: gli spunti identitari, e anche i momenti di orgoglio per i valori originali e ineliminabili della nostra italianità, non emergono perché non sempre si sentono adeguatamente rappresentati.
Quando si parla di riforme, crede possibile un terreno d’intesa fra diverse aree politico-culturali per una reale condivisione della sostanza dei problemi e dei metodi per risolverli?
Sicuramente è necessario ricostruire piattaforme valoriali condivise sui diritti, sull’inclusione e sulle emergenze economiche e sociali. Si tratta di argomenti che sia il pensiero cattolico che quello liberale e democratico devono affrontare sul piano analitico in maniera rigorosa.
Abbiamo cominciato col gender gap e mi piace terminare sulla stessa linea: Claudia Goldin denuncia il fenomeno del “tetto di cristallo”…
Ce ne occupiamo costantemente: si tratta in sintesi della minore probabilità per le donne di raggiungere posizioni apicali nel lavoro e in tante situazioni in cui viene loro negato il diritto a una remunerazione aziendale rispettosa della partità salariale, nell’ambito delle stesse funzioni e degli stessi livelli d’istruzione degli uomini.
Occorrono anche aggiornamenti delle normative e proposte legislative coerenti con i principi generali del diritto di uguaglianza, che tutti proclamano ma ben pochi rispettano.
Nelle istituzioni le donne dimostrano di garantire una governance più prudente e attenta a ogni livello di amministrazione territoriale. Ma anche se il Presidente del Consiglio è una donna per la prima volta nella storia d’Italia, rimane vero che fra i parlamentari dell’attuale legislatura le presenze femminili sono ridotte a un terzo dei componenti delle due Camere.