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Diritti umani

17 aprile 1975, 45 anni dopo non dimentichiamo l’olocausto della Cambogia- April 17, 1975, after 45 years we have not forgotten Cambodia’s holocaust

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di emigrazione e di matrimoni

17 aprile 1975, 45 anni dopo non dimentichiamo l’olocausto della Cambogia

Un vero genocidio che vide la morte di quasi 2milioni di cambogiani dopo la presa di potere dei Khmer rossi, che fece seguito all’atto arbitrario degli Usa del 1970 quando un colpo di stato militare appoggiato dagli Stati Uniti depose dal trono di Cambogia il Re Norodom Sihanouk.

E’ stato il più grande genocidio della storia dopo quello degli ebrei nella seconda guerra mondiale. Il 17 aprile 1975, giornata della memoria in Cambogia, i Khmer Rossi di Pol Pot si impossessarono del paese con la complicità della pessima e arrogante politica estera degli Stati Uniti, che nel 1970 avevano pensato bene di appoggiare un colpo di stato militare per deporre dal trono di Cambogia il Re Norodom Sihanouk, portando al potere il generale Lon Nol. Cominciò così una sanguinosa guerra civile che vede il suo culmine il 17 aprile 1975, quando i seguaci del leader maoista Pol Pot entrano a Phnom Penh accolti dalla popolazione che non ne poteva più della funesta influenza americana. Ma i cambogiani non sapevano a cosa stavano andando incontro. Pol Pot attuò infatti da quel momento in poi uno dei più violenti genocidi della storia contemporanea, azzerando la classe di intellettuali ed i professionisti della Cambogia colpevoli solo della loro ‘conoscenza’ e di non essere comunisti. Uno sterminio che conta quasi 2milioni di morti e che vide l’uso della forza e della tortura sul resto della popolazione, nella convinzione di piegarla ad un nuovo regime intollerante di ogni libera idea personale.  Appena entrati a Phnom Penh i khmer rossi, tra i quali molti ragazzi e ragazze in età adolescenziale e con velleità rivoluzionarie contro il capitalismo, iniziarono l’evacuazione forzata di tutti gli abitanti dicendo che si trattava di una misura temporanea per ridurre il sovraffollamento e difendersi da possibili bombardamenti americani. Chi si rifiutava di abbandonare la propria casa veniva fucilato o sgozzato sul posto. Non ci fu alcun riguardo neanche per i malati, l’ospedale fu chiuso e tutti furono trasferiti in campi di lavoro agricolo. L’ obiettivo era quello di creare una repubblica socialista agraria completamente autosufficiente, in cui i vertici del partito controllavano totalmente la vita dei cambogiani.

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Sotto la guida di Pol Pot fu avviato un programma di ingegneria sociale di stampo maoista che prevedeva l’azzeramento della famiglia, del denaro e della religione, al fine di creare “l’uomo nuovo”, un rivoluzionario ateo, etnicamente “puro”, privo di affetti o inclinazioni borghesi e dedito esclusivamente al lavoro dei campi, alla patria e alla rivoluzione. Tutto questo costò la vita ad almeno un terzo della popolazione, il nemico non era un’altra etnia, ma la propria. Un orrore che vide un po’ di giustizia solo nel 2006 quando fu finalmente istituita una corte internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite – il Tribunale speciale per i khmer kossi – che quasi quarant’anni dopo la caduta del regime condannò all’ergastolo per crimini contro l’umanità tre dei principali responsabili delle atrocità commesse negli anni ‘70. Il primo Kaing Kek lew, capo della polizia e direttore del famigerato campo di tortura S–21. Poi la condanna a Nuon Chea, l’ideologo del partito, e Khieu Samphan, capo di stato del regime. Ma la prima sentenza che ha riconosciuto ufficialmente il crimine di genocidio è arrivata soltanto nel novembre del 2018.

“La mia famiglia ed io avevamo deciso, portando con noi poche cose, di andare verso il villaggio dei miei nonni, che si trova a sud della capitale. La strada era bloccata e fu necessario cambiare direzione, percorrendo una parallela del fiume Mekong. Solo dopo parecchi giorni riuscimmo ad arrivare al villaggio dei nonni con una barca. Il viaggio a piedi era molto faticoso. L’evacuazione della popolazione dalla capitale fu una delle migrazioni forzate della storia recente. Gli ospedali furono svuotati: molti malati morirono. Ho saputo poi che la capitale Phnom Penh diventò una città fantasma durante il regime dei Khmer Rossi che durò 4 anni, dal 1975 al 1979, anno in cui la Cambogia fu invasa dai Vietnamiti” è il racconto del dott. Bovannrith Tho Nguon, oggi medico e virologo a Biella in Italia, che all’epoca era solo un ragazzo di 13 anni. Il periodo dei Khmer Rossi durò solo 4 anni ma produsse un orrore inimmaginabile: l’unico lavoro possibile era quello del contadino, furono abolite le scuole e fu azzerata la famiglia come nucleo sociale. “Il lavoro nei campi era massacrante e poteva durare anche più di 12 ore per solo 2 ciotole di brodaglia di riso, una a pranzo e una a cena. – spiega Bovannrith Tho Nguon, –  Tutti soffrivamo la fame tremendamente. Il regime, ovvero il direttivo del partito, l’Angkar, voleva creare una società nuova utilizzando l’ideologia comunista”.

 La storia di Bovannrith Tho Nguon è oggi un libro: ‘Cercate l’Angkar – Il terrore dei Khmer Rossi raccontato da un sopravvissuto cambogiano’, edizione Jaca Book di Milano. Un libro che dovrebbe essere promosso nelle nostre scuole per ricordare l’orrore dell’olocausto cambogiano e realizzare nel cuore di ogni ragazzo che mai più tanta violenza possa essere possibile in alcun posto del mondo. Perché troppi furono gli adolescenti che, manipolati da pochi adulti, in quel frangente si macchiarono di orribili delitti.

di emigrazione e di matrimoni

April 17, 1975, after 45 years we have not forgotten Cambodia’s holocaust

It was a true genocide which saw the death of almost 2 million Cambodians after the Khmer Rouge took power which followed the arbitrary act by the United States when a military coup d’état in 1970 supported by the United States dethroned Cambodia’s King  Norodom Sihanouk.

This was history’s greatest genocide after that of the Jews during the Second World War. On April 17, 1975, Cambodia’s Day of Memory, Pol Pot’s Khmer Rouge took over the country with the complicity of the poor and arrogant foreign policy of the United States  that in 1970 had thought  it had done well to support a military coup d’état to depose Cambodia’s King  Norodom Sihanouk to bring General Lon Nol to power. And so began a bloody civil war which reached its peak on April 17, 1975 when the followers of the Maoist leader Pol Pot entered Phnom Penh welcomed by the population that could no longer take the disastrous influence of America. But the Cambodians did not know what was going to happen. In fact, from that moment Pol Pot  carried off one of modern history’s most violent genocides, eliminating Cambodia’s intellectuals and professionals who were guilty only of their “knowledge” and of not being communists.  This was an extermination that counted almost 2 million dead and saw the use of force and torture on the rest of the population in the conviction of bending it to a new regime that has no tolerance for any free personal opinion.

As soon as they entered Phnom Penh the Khmer Rouge, which included many adolescent boys and girls and with ambition for a revolution against capitalism, began the forced evacuation of all the inhabitants saying that this was a temporary measure to reduce overcrowding and for defence against the American bombing. Those who refused to leave their homes were shot or slaughtered on the spot. There was no concern even for the sick, the hospital was closed and they were all transferred to forced labour in the fields.  The objective was that of creating an agricultural socialist republic that was totally self-sufficient in which the heads of the party fully controlled the lives of the Cambodian. Under the leadership of Pol Pot a Maoist style social engineering programme was started that required the cancellation of the family, money and religion for the purpose of creating the “new man”, an ethnically pure revolutionary atheist devoid of emotions or bourgeois inclinations and dedicated exclusively to work in the fields, to the home land and the revolution. All this cost the lives of at least one third of the population and the enemy was not another ethnicity but its own people. This horror saw a little justice only in 2006 when the international Special Tribunal for the Khmer Rouge under the auspices of the United Nations was finally created that almost forty years after the fall of the regime finally sentenced the three main perpetrators responsible imprisonment for the atrocities committed in the 1970s to life imprisonment. The first was Kaing Kek Lew, chief of the police and director of the infamous S-21 torture camp. And then the sentencing of Nuon Chea, the party’s ideologue and Khieu Samphan, the regime’s head of State. But the first sentence that officially recognized the crime of genocide came only in November of 2018.

 “My family and I had decided to go to my grandparents’’ village to the south of the capital bringing only a few things. The road was blocked and it was necessary to change direction, running parallel to the Mekong River. We only managed to reach the grandparents’ village many days later by boat. The trip was tiring. The evacuation of the capital’s population was one of the greatest forced migrations in recent history. The hospitals were emptied and many of the sick died. I then found out that the capital Phnom Penh became a ghost city during the regime of the Khmer Rouge that lasted four years, from 1975 to 1979, the year in which Cambodia was invaded by the Vietnamese” This is the story of Dr. Bovannrith Tho Nguon who at the time was a boy of only 13 and today is a doctor and virologist in Biella in Italy. The period of the Khmer Rouge lasted only 4 years but produced unimaginable horror. The only work possible was that of a peasant, schools were abolished and the family as a social unit was abolished. “The work in the fields was exhausting and could even more than 12 hours for only two bowls of meager rice soup, one for lunch and one for dinner,” explained Bovannrith Tho Nguon, “We all suffered the hunger terribly. The regime, or rather the Angkar, the party’s directive, wanted to create a new society using communist ideology”. Bovannrith Tho Nguon’s story is now a book, “Cercate l’Angkar – Il terrore dei Khmer Rossi raccontato da un sopravvissuto cambogiano” (Look for rhe Angkar – The terror of the Khmer Rouge told by a Cambodian survivor), published by Milan’s Jaca Book.

This is a book that should be promoted in our schools to remember the horror of the Cambodian holocaust and to write in the heart of every child that so much violence can never more be possible anywhere in the world because at that time too many adolescents, manipulated by a few adults, were stained by horrible crimes.

Translation by Gianni Pezzano

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