Politica
Voto all’estero tra sogni e realtà
L’attuale dibattito sulla nuova legge elettorale in Italia ha avuto reazioni diverse tra gli italiani all’estero a causa dei cambiamenti che riguardano i deputati e senatori eletti nelle circoscrizioni estere. Questi cambiamenti sono stati lo spunto di dibattito sui social media riguardo il sogno di molti di tenere vivi i contatti tra le comunità italiane in tutti i continenti, e un apparente disinteresse della politica italiana. Non vogliamo entrare nel merito delle modifiche, ma vogliamo fare alcune considerazioni sul significato stesso del voto all’estero.
di Gianni Pezzano
Dato impietoso
Nella politica esiste soltanto una regola, precisa e spietata, la regola dei numeri che dice che chi ha i numeri decide. Per questo motivo i diciotto parlamentari, dodici deputati e sei senatori, eletti all’estero non sono che una piccola percentuale dei seicento trenta deputati e trecentoventi senatori del nostro Parlamento.
Già questo fa capire le difficoltà che gli eletti all’estero devono affrontare regolarmente nei giochi politici a Roma. Questa cifra dimostra benissimo che in termini politici questi parlamentari hanno grandi difficoltà a far sentire la loro voce e che il loro peso politico, sia nelle camere che nelle riunioni dei rispettivi partiti, non può essere niente di più che una forma di attenzione rituale nei dibattiti parlamentari e partitici.
In termini ancora più cinicamente pratici, il costo politico per eventuali tagli a fondi destinati all’estero è basso e quindi sono i tagli più facili da proporre e da approvare nella camere dagli altri parlamentari.
Ma la discussione sui parlamentari eletti all’estero non deve solo affrontare queste realtà numeriche, quanto dar inizio a un dibattito serio che, nell’euforia dell’approvare le circoscrizioni estere, non è stato compiuto in maniera profonda e si vede ancora oggi dai commenti popolari sui social media.
Sogni e realtà
La realtà politica del voto all’estero nasce dal sogno di Mirko Tremaglia che volle vedere gli emigrati italiani rappresentati nel Parlamento italiano in ordine al loro paese di nascita. Come tutti i sogni il paladino del cambiamento non ha considerato fino in fondo i mezzi per realizzarlo e le conseguenze.
Chi scrive ha sempre avuto dubbi sulla proposta, però una volta approvata bisogna rispettare la decisione del Parlamento e quindi ho partecipato al primo voto parlamentare nel 2006. Ma nel corso degli anni i dubbi iniziali non sono spariti, anzi sono aumentati e bisogna chiedersi se il voto all’estero tenga in considerazione le realtà degli italiani all’estero, piuttosto che la mera politica a Montecitorio e a Palazzo Madama,.
Novanta milioni di individui e altrettante domande
Secondo le cifre della Farnesina ci sono cinque milioni di cittadini italiani all’estero e oltre ottantacinque milioni discendenti di emigrati degli italiani e, tra questi una grande percentuale è composta da potenziali cittadini italiani. Ma nel considerare questa novantina di milioni di nostri parenti e amici sparsi nel mondo commettiamo l’errore di pensare che siano tutti uguali. Si, hanno gli stessi diritti da cittadini in Patria, ma davvero possiamo considerare che siano uguali in tutti i sensi?
Già l’italiano medio conosce poco delle realtà all’estero e spesso questa consapevolezza è limitata ai soliti luoghi comuni sugli emigrati italiani. Quindi facciamoci qualche domanda per capire qualcosa di più di cosa devono affrontare i parlamentari italiani all’estero per poi di seguito trasmetterlo agli altri novecento trentotto parlamentari.
Davvero l’immigrato italiano in Venezuela ha le stesse esigenze di chi è residente a Sydney in Australia o Toronto in Canada? Possiamo davvero pensare che due parlamentari possano rappresentare gli italiani di quattro continenti con grandissime differenze tra loro? Con l’attuale ius sanguinis per la legge di cittadinanza, è davvero giusto che italiani di terza e quarta generazioni in tutto il mondo possano votare parlamentari che devono decidere le leggi di un paese che possibilmente non hanno mai visitato, e che non conoscono profondamente? Oltre una rappresentanza parlamentare abbiamo davvero bisogno del C.G.I.E. (Consiglio Generale degli Italiani all’estero) o dei ComItEs (Comitati degli Italiani all’estero) oppure sarebbe più logico ridefinire le loro competenze e rapporti non solo con l’Italia ma anche con le proprie comunità? Effettivamente che cosa possono fare gli eletti all’estero per cambiare la qualità di vita dei loro elettori?
Queste sono soltanto alcune delle tantissime domande da fare e affrontare quando trattiamo i temi del voto all’estero.
Soluzioni
È facile fare propaganda pro o contro parlamentari eletti, specialmente in una categoria con poteri politici limitati come i nostri diciotto parlamentari a Roma. Il problema vero inizia nell’identificare cosa si intende davvero con la parla “rappresentanza” quando parliamo di questi parlamentari. Già in Italia ci si lamenta del consigliere comunale incapace di rimanere in contatto con i concittadini, figuriamoci di quei pochi che devono rappresentare interi continenti.
Però per trovare una soluzione bisogna avere informazioni e in questo ci ritroviamo con un problema vecchio, ma che come paese abbiamo l’obbligo di risolvere. In Italia si conosce poco dei nostri connazionali all’estero e se ne capisce ancora meno. Basta leggere i commenti degli italiani giovani che ora cercano una vita nuova all’estero e si trovano in situazioni che non avevano mai immaginato.
La parola “italiano” non ha un significato vero se non cominciamo a guardare anche le realtà che abbiamo costruito all’estero, partendo proprio da chi ha lasciato il paese di nascita. In questo, dobbiamo ricordarlo, abbiamo anche un debito da riconoscere. Abbiamo dimenticato che milioni di italiani furono costretti a emigrare dopo le due guerre mondiali ed è ora che il paese lo riconosca ufficialmente.
Aspettative
Infine, dobbiamo chiederci se chi è residente all’estero non si aspetti troppo da chi vota come deputato o senatore. Il concetto quasi assoluto di sovranità limita quanto il parlamento italiano possa incidere sulla vita degli italiani all’estero. I cambiamenti in Italia sulle pensioni toccano una minoranza degli italiani all’estero, una minoranza destinata a ridursi e certamente, tranne che in circostanze eccezionali, i loro figli non avranno diritto a pensioni italiane.
Però, ci sono altre cose che si potrebbero fare per aumentare i contatti tra l’Italia e le nostre comunità all’estero, con grande risvolti futuri positivi per il Paese, iniziando dall’insegnamento della lingua italiana che deve essere una parte di un programma molto più ambizioso per promuovere finalmente la nostra Cultura in ogni punto del globo dove ci sia una comunità di Italiani.
Che il dibattito inizi, sia all’estero che in Italia, e cominciamo dalla domanda più importante. Cosa vogliamo davvero dai rappresentanti eletti all’estero?