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Monsieur Verdoux: il film di Chaplin contro il sistema che fa riflettere
Nel 1947 viene proiettato per la prima volta Monsieur Verdoux, il film di Charlie Chaplin sulla storia vera del killer di donne Henri Landru, con una critica contro il sistema. SPOILER ALERT
Una nube si diffonde verso il cielo e offusca le foglie degli alberi di un giardino rigoglioso, che nasconde un segreto spaventoso. Siamo nella villa di Monsieur Verdoux, protagonista del film omonimo di Charlie Chaplin del 1947, un impiegato di banca francese licenziato dopo trentatré anni di lavoro con una moglie disabile e un bambino da mantenere.
La crisi economica del dopoguerra complica la situazione, così per Monsieur Verdoux l’unica strada percorribile e redditizia diventa quella del crimine. Fingendosi un uomo facoltoso seduce donne vedove e dopo averle convinte, in vista di una presunta crisi bancaria, a farsi intestare il lauto patrimonio, le uccide facendo sparire i corpi nell’inceneritore della sua villa. Dopo ogni misfatto Verdoux investe i soldi delle vittime in borsa, in attività speculative, dietro la copertura di antiquario. Uno schema che si ripete con abili sotterfugi, con tanto di sperimentazione di un farmaco indolore per le vittime, fino all’arrivo della crisi del ‘29.
Un periodo nero per Verdoux che perde la moglie e il figlio di stenti. Una disgrazia, che lo fa quasi rinsavire dal comportamento omicida e lo induce a consegnarsi alla polizia.
Dopo un processo, il Barbablù verrà condannato alla ghigliottina.
Monsieur Verdoux: il film di Chaplin ispirato alla vicenda reale di Henri Landru
Il film di Chaplin, benché surreale è tutt’altro che fantasioso: è ispirato, infatti, alla vicenda di Henri Landru (1869 – 1922); il serial killer francese che adescava donne sole e ricche, le seduceva e si faceva intestare i beni in una villa isolata e affittata per l’occasione. Una volta raggiunto lo scopo, Landru strangolava le vittime, le riduceva in pezzi e ne bruciava i resti nel forno della cucina. Infine, spargeva le ceneri nei campi vicini alla villa.
L’agenda con le spese per il viaggio di sola andata delle vittime e il ritrovamento di denti e ossa umani nel giardino della villa hanno decretato la sua condanna a morte e l’esecuzione al patibolo. Oggi, la testa di Henri Landru si trova esposta nel macabro Museum of Death di Hollywood.
Una pellicola criticata e che Chaplin volle per sé
La pellicola di Monsieur Verdoux inizialmente doveva essere girata dal regista Orson Welles, ma Chaplin decide di acquistarne i diritti. La censura sin dall’inizio reputa la pellicola socialmente pericolosa, ma il taglio di una scena e l’omissione della professione di prostituta di uno dei personaggi, dà il via libera all’uscita del film. Proiettato per la prima volta nel 1947, le critiche non si esauriscono e colpiscono anche Chaplin, accusato di antipatriottismo.
Critiche a parte, Monsieur Verdoux rimane un classico della cinematografia che fonde comico e drammatico, grazie a un personaggio altro da Charlot, dall’espressività tenera e subdola che suscita quasi compassione. È una coraggiosa denuncia sociale e morale, che a distanza di 76 anni non smette di far riflettere.
I carnefici, uomini incoraggiati dal mondo?
Sin dall’inizio del film Chaplin guida lo spettatore verso alcune riflessioni, prima fra tutte quella sui carnefici. Epica è la scena del verdetto per questo Barbablù che, prima della sentenza, si alza in piedi e con fare elegante ed educato esordisce con una battuta sbalorditiva per quei tempi:
«Carnefice? credevo il mondo li incoraggiasse. Non costruisce forse armi con l’unico scopo di commettere carneficine? Non ha fatto forse saltare in mille pezzi bambini e donne ignare, con precisione assai scientifica. In confronto come carnefice sono un dilettante. […] Prima di lasciare questa scintilla di esistenza terrena voglio dirvi una cosa. Ci rivedremo presto, molto presto».
Dopo queste parole potremmo dire che l’imputato vuole convincere la corte con abile eloquenza, ma Verdoux fa vacillare questa certezza quasi dicendo al mondo: “Hey, non sono forse carnefici coloro che uccidono donne e bambini in guerra? Non sono forse carnefici coloro che vogliono la mia testa?”. Giustizieri, ma allo stesso tempo carnefici; un pensiero quasi avvalorato dall’avvertimento finale alla corte «ci rivedremo presto, molto presto», chissà magari nello stesso girone infernale.
I potenti e la “stortura” di un mondo eroico
Un aspetto interessante e che si ricollega, in qualche modo, a quanto citato su è la critica di Chaplin al mondo e soprattutto ai potenti responsabili di carneficine e reputati eroi o protettori. Ammonisce esplicitamente chi non dà l’esempio nella società: «Chi può fungere da esempio in un’era dedita al crimine». E nel suo discorso non dimentica neanche i conflitti, mero business che richiede somme di denaro ingenti e la perdita di innumerevoli vite umane.
Basta pensare ai conflitti che abbiamo attraversato per capire quanto Chaplin abbia ragione: dalla Seconda guerra mondiale costata 1.154 milioni di dollari e circa 60/68 milioni di morti, a quella in Vietnam con quasi 150 miliardi di dollari e oltre 58.000 vittime, fino al conflitto Afghano, durato 20 anni e costato quasi 2.300 miliardi di dollari e 240 mila vittime. E oggi, la storia si ripete con quello fra Russia – Ucraina.
Arriviamo quasi al patibolo e Monsieur Verdoux riceve il suo legale che esordisce con l’espressione «Il crimine non paga».
Chaplin però non fa vacillare Verdoux neanche alla fine che, risoluto, replica «Non paga su piccola scala». «Un omicidio fa un cattivo, milioni di omicidi fanno un eroe. I numeri santificano» […] «Per aver successo bisogna essere ben organizzati. Il bene e il male sono forze arbitrarie, troppo dell’uno o dell’altro ci distruggerebbe».
E se vi viene in mente di replicare a questa espressione con “il bene non è mai troppo”, Chaplin anticipa lo spettatore e lo spiazza con la risposta: «Non ne abbiamo mai avuto abbastanza, non lo sappiamo».
La disperazione e il valore non riconosciuto dalla società
Ma Monsieur Verdoux, contrariamente a quanto si possa pensare, non è pazzo; sa benissimo ciò che fa e viene presentato da Chaplin come un uomo ridotto alla disperazione: «Per 35 anni ho usato il mio cervello in maniera onesta, dopodiché non è tornato più utile a nessuno e ho dovuto cercarmi una nuova attività». Qui, emergono dei fattori sociali importantissimi: l’essere utili alla società, realizzare sé stessi e nobilitarsi con il lavoro che in mancanza, invece, annulla. Certo, questo non giustifica il comportamento criminale del protagonista, ma è una riflessione su quanto sia fondamentale una società che riconosce il valore di ognuno e permette di esprimerlo, senza estromissioni.