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Luca Altimani: il copywriter e content creator dai post LinkedIn più “fero che piuma”

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Luca Altimani copywriter
Tempo di lettura: 7 minuti

Avventuriamoci nel mondo di Luca Altimani, il copywriter e content creator, che ha portato l’ironia su Linkedin.

Due spiriti guida, uno per spalla: il solitario e l’animale sociale, che vivono separati in un corpo parallelo. E quando questi due tipi si danno appuntamento in via Luca Altimani ’93, nasce un mix di ironia e verità potente, e poco importa se pungente o scomodo; anzi, è proprio questo l’intento.  

Copywriter e content creator, Ceo e founder di niente, ex community manager della pagina Facebook Commenti memorabili, collaboratore di Learn, Confindustria e Legolize, il ventinovenne Luca Altimani nasce a Carmagnola (TO). Da bambino è già maturo, da adolescente un ribelle senza controllo e direzione, che si diploma al Liceo scientifico sportivo: impossibile resistere al numero di ore sportive, superiori a quelle matematiche. Da grande, dopo la parentesi di Commenti memorabili, sperimenta anche un periodo sabbatico da falegname, che gli insegna a non idealizzare troppo, specie un lavoro.  

Deciso a tornare nella pista del digitale, invia curriculum senza avere risposta, fino all’illuminazione: “essere padrone” di sé stesso e curare il suo personal branding. Se a Freud va il merito di aver reso oggetto di studio l’ironia, a Luca va quello di averla portata su LinkedIn, il social più serio del mondo. Qui, ogni giorno, nutre la sua community con contenuti più fero che piuma, sdoganando le concezioni sempiterne di professionalità e competenza 

Oggi, Luca Altimani è una persona serena dentro e fuori, fedele a sé stesso e ai propri ideali e che, a fasi alterne, ricerca il caos. Ci ha parlato un po’ di lui, dato dei consigli su come creare contenuti ironici per un brand senza essere stucchevoli e moooolto altro. Tutto questo (che ve lo dico a fare) con estrema sincerità e ironia. 

Luca Altimani copywriter

In un’intervista a Marketing Espresso parli della tua infanzia. Da piccolo avevi la maturità di un ragazzo di 30 anni. A quasi 30, invece? 

«Se un tempo sono stato un bambino “adulto”, oggi mi ritengo un adulto che sa permettersi anche di essere bambino. Queste due parti sono molto meglio integrate, e nessuna è sacrificata in favore dell’altra. Semplicemente, dipende dalle circostanze. Se crescendo abbandoni la parte bambina, puoi dire addio alla creatività». 

Copywriter e content creator, quando hai capito che questo era il tuo destino? 

«Diciamo che me la sono sempre cavata bene a scrivere fin da ragazzo. Quando nella vita prendi troppe batoste perché sbagli parole, impari ad usare quelle giuste e arrivi a colpire esattamente i tasti che vuoi colpire. Comunque, tutto ha preso la forma di “contenuto” quando sono arrivati i social, soprattutto Facebook. Lì ho capito, anche grazie all’esperienza in Commenti Memorabili, che mi piaceva utilizzare la creatività per far ridere e per comunicare in modo leggero anche temi importanti» 

In un mondo di Ceo ed esperti come ci si sente a essere, come dici tu stesso, “Ceo e founder di niente”?  

«Chiariamo, non c’è niente di male ad essere CEO & founder di qualcosa. È una parodia per LinkedIn, in cui secondo me c’è questa idea malata per cui, per essere validato in quanto essere umano, devi per forza aver fondato qualcosa. SPOILER: non è così» 

Luca Altimani in un suo post ironico

Qual è il nutrimento della tua creatività?  

«I miei momenti più creativi sono quando sono pieno di stimoli o quando non ne ho proprio. Nel primo caso, tanti stimoli favoriscono tante idee. Nel secondo, dall’assenza di stimoli me ne nascono di nuovi, non contaminati. Il nutrimento principale, nel mio caso, credo sia l’incapacità di tacere di fronte a qualcosa che reputo ingiusto.

Il mondo del lavoro è pieno di ingiustizie, ma nessuno parla perché è come vivere costantemente sotto ricatto: “O fai così, o la pensi così, oppure non mangi”. Quindi la maggior parte delle persone preferisce tacere, e quando si tratta di perdere il lavoro lo capisco bene. Io invece non mi faccio troppi problemi a parlare, ma utilizzo l’ironia per divertire, oltre che lasciare messaggi importanti». 

Su LinkedIn esprimi valori opposti a quelli accettati dalla massa, come mai questa decisione controcorrente? 

«Perché nel momento in cui accetto valori che non mi appartengono, inizio a mentire a me stesso. E a forza di mentire a te stesso, arrivi a non sapere più chi sei, a perdere quell’unicità che ti permette di fare cose eccezionali. Quando inizio a sentire cose come “lavorare tante ore è giusto, bisogna perseverare, non mollare mai, ecc” oppure “per essere professionale devi mettere la camicia” una voce dentro di me dice “Naaah, so che c’è qualcosa di sbagliato sotto. Fai attenzione, è un inganno”. Come avere uno spirito guida interiore che mi protegge da ciò che è sbagliato, seppur socialmente accettato». 

Nei tuoi contenuti c’è molta “ironia intelligente”. Secondo te nella comunicazione dei brand, questo atteggiamento rischia di diventare un mero trend da inseguire, che può condurre a risultati sterili? 

«Come dico spesso, l’ironia non è obbligatoria. Anzi, se ti sforzi di farla finisce solo che combini casini. Se un brand vuole utilizzarla oggi deve fare attenzione e chi si occupa della comunicazione deve essere scaltro per evitare i tranelli del “politically correct”. Se oggi parli di un tavolo con quattro gambe, probabilmente ti diranno che discrimini i tavoli a tre gambe, che non sei inclusivo nei confronti dei tavoli pieghevoli e che non sei abbastanza green perché non c’è un koala appoggiato al tavolo». 

 

Luca Altimani all’evento Confindustria Bergamo

Come evitare che accada? 

«Avere la sensibilità di capire dove la gente ha posizionato il limite. O dove la società ha posizionato il limite SULLA gente. E, se vuoi provare a oltrepassare il limite, farlo con “i guanti”». 

«Il copywriting diventerà sempre più a portata di essere umano e lo studio delle emozioni umane sarà un tassello chiave» dichiari sempre a Marketing Espresso. A distanza di un anno lo pensi ancora e alle emozioni umane aggiungeresti anche qualche altro tassello chiave? 

«Sì, penso ancora che le emozioni e la sincerità prevalgano sulle “tecniche di persuasione”. Non hai bisogno di persuadere qualcuno se hai creato con lui un legame di fiducia. Chi mi segue o chi si rivolge a me per un servizio, deve farlo conscio di quello che troverà. Non devo “convincerlo”. Lavoro così, non ti piace? Rivolgiti ad un altro. La frase suona magari da sbruffone, ma non è da intendere come un “tirarsela”. Semplicemente non voglio forzare nessuno a fare niente». 

Un consiglio per sviluppare un contenuto “memorabile”? 

«Prendere come base di partenza qualcosa che la gente conosce bene, distruggerlo e ricomporlo in modo da offrirne una visione totalmente nuova e diversa. Quindi vinci due volte: la gente riconosce subito la base del contenuto, ma invece di dire “che palle, è la solita minestra” rimane stupita perché non è “uguale” a ciò che ha sempre visto. Come creare un ponte che collega qualcosa di familiare con qualcosa di ignoto, ma senza manovre brusche». 

Quando Luca Altimani non è entrato nella lista di Forbes

Uno dei progetti di cui vai più fiero? 

«Sembra autoreferenziale, ma giuro che sono sincero: il mio personal branding. Portare su LinkedIn una comunicazione così diversa dai canoni era un’impresa. Un po’ come andare all-in: o venivo applaudito, o cacciato a calci. Per fortuna sono ancora tutto intero». 

Quello che ti ha dato del filo da torcere? 

«Come sopra. All’inizio mi scrivevano “sìsì magari fai ridere, ma non pensare di guadagnare con quello che scrivi”. E invece è andata proprio così. Inoltre, le aziende che oggi mi contattano sanno perfettamente quale comunicazione aspettarsi, e se iniziamo a collaborare tutto è fluido già dal primo momento» 

Quale personaggio sarebbe Luca nel mondo di Legolize? 

«Tu scherzi, ma esisto davvero nel mondo Legolize. Collaboro attivamente con loro su LinkedIn». 

Cosa diresti a tutti quei giovani che cercano il loro posto nel mondo del lavoro, ma si ritrovano spesso a inviare curriculum a vuoto o essere “ingabbiati” sempre dai soliti stage? 

«Se preferite la sicurezza di un’azienda, allora mandate meno curriculum ma più specifici e personalizzati. Molto bello il detto “non si giudica un libro dalla copertina”, ma l’essere umano funziona esattamente così. Sfoggia la tua creatività e stupisci. Se invece sei uno “spirito libero”, allora impara assolutamente a fare personal branding e ad emergere, in modo da attrarre invece di inseguire». 

Quanto è importante nel tuo lavoro non tradire mai i propri valori e ideali anche a discapito dell’occasione o lavoro del secolo? 

«È fondamentale non tradirsi mai. Farlo può comportare un beneficio immediato (denaro, prestigio), ma il prezzo lo paghi nel lungo termine. Se perdi un lavoro sei tranquillo, se perdi te stesso è un gran casino». 

Dunque, se ti dicessero: «Vuoi tu Luca prendere in sposa una narrazione frigida e seriosa, in compenso di una vita da paperone», cosa risponderesti? 

«Che è più facile creare una vita da paperone con una narrazione vicina ed empatica, quindi è uno scambio che non avrebbe senso»

Miglior post di Luca Altimani su LinkedIn

 

Secondo te, qual è il segreto per creare la propria community? 

«Dedicargli tanto tempo e tante parti di te. Creare una community non deve essere un: “mmm no, oggi non ho voglia”, come se saltassi un allenamento in palestra. Se non vai a lavoro, ti licenziano. Bisogna prendere molto seriamente la cura della community e “nutrirla” quotidianamente. Hai mai pensato: “No, oggi non do da mangiare a mio figlio?”. Immagino di no. Ecco, è la stessa storia. Per crearla, potrei dirti di parlare di un argomento con costanza e piano piano generare fiducia. Senza quella, non vai da nessuna parte». 

Vediamo un po’: se dovessi dedicare una lettera d’amore alla tua community come inizierebbe? 

«A regà, vi sto per dire delle parole ballissime e nessuna di queste è “CEO”, “perseveranza” o “resilienza”». 

Chi vuole lavorare con te deve sapere che…  

«Non assumo. Mi dispiace regà, magari quando diventerò CEO & Founder di Qualcosa».

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