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Il ritorno dell’emigrato

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Tempo di lettura: 5 minuti

Ogni viaggio non è solo un’escursione fisica verso un luogo. Il viaggio è la nostra macchina del tempo che aiuta a portarci indietro nel tempo non solo a causa dei luoghi visitati, ma anche tramite i ricordi risuscitati da profumi, gusti e parole che innescano atmosfere dimenticate che ci aiutano a capire chi siamo e da dove veniamo.

di Gianni Pezzano

Questo è particolarmente vero per gli emigrati che riescono a tornare al luogo di nascita dopo anni, a volte dopo decenni, in paesi lontani e senza contatti costanti con i parenti e amici rimasti in patria. Come ho scoperto io per l’ennesima volta al ritorno al paese di nascita di mio padre ieri, queste emozioni non si limitano agli emigrati, ma anche ai loro figli che compiono viaggi ai paesi dei genitori e in sempre più casi negli ultimi anni, anche di nipoti e pronipoti di emigrati.

Il paese dei genitori

Nel raccontare alcuni momenti del mio ritorno al paese di mio padre a trovare i cugini che non vedevo da sei anni, non voglio nominare il paese e nemmeno la regione. Queste emozioni non si limitano a paesi e regioni specifiche.

Il solo vedere gli effetti del tempo nei volti dei nostri cari, notare i cambiamenti spesso enormi di paesi che una volta erano paesini e ora spesso sono centri importanti di industria, agricoltura o turismo, noi figli e nipoti di emigrati italiani abbiamo una misura dello stato d’animo dei nostri genitori durante il nostro primo viaggio a trovare i loro genitori, fratelli, sorelle e i nipoti che non vedevano da oltre due decenni.

Ieri all’arrivo alla stazione del paese vedere i cugini mi ha fatto come sempre un piacere enorme, sentivo un senso di colpa nell’avvisare loro del mio arrivo perché malgrado il fatto che ora abito in Italia era stato difficile per me andare a trovarli prima. Nel paese non ci sono più i loro genitori, i miei zii che ci avevano accolto cosi bene una quarantina di anni fa al primo viaggio, ma i loro figli non sono mai stati di meno nei riguardi di noi parenti nati e cresciuti in un continente lontano.

Notizie e doveri

Naturalmente i primi discorsi sono stati scambi di notizie su altri cugini e sapere le ultime notizie. Per fortuna questa volta non c’erano nuove tristi, ma un incontro del mattino mi ha sorpreso per la forza delle emozioni e i ricordi.

Nei giorni dopo aver prenotato il viaggio avevo saputo sulla pagina Facebook del paese di mio padre, che era venuto a mancare un amico carissimo di papà che per un periodo era stato residente anche lui in Australia insieme alla sua famiglia. Eravamo andati più volte a trovarli a Melbourne e, come mi ha fatto ricordare il figlio Vincenzo, anche loro erano venuti da noi in visita. Perciò sentivo l’obbligo di dare le condoglianze ai figli in nome del ricordo di mio padre.

Non ci sono parole per esprimere quei (troppo) pochi minuti che abbiamo parlato, ma abbiamo sentito la presenza dei nostri padri e, di nuovo, ho apprezzato ancora di più cosa dovevano aver sentito i miei genitori nel nostro viaggio di famiglia ai  loro due paesi d’origine. Erano emozioni così forti che un adolescente non poteva mai capirle fino in fondo, tanto meno chi non ha mai vissuto lontano dai genitori, parenti e amici per oltre vent’anni.

Mentre mia cugina Antonietta preparava il pranzo il marito Rocco ha portato la mia compagna e me non solo a vedere i posti belli del paese, ma soprattutto il terreno di famiglia che ancora ci appartiene e di cui anche noi parenti dall’estero deteniamo una parte.

Vedere la casina in cui vivevano i nonni insieme ai loro nove figli mi colpisce sempre e quei ruderi spiegano benissimo i motivi per la partenza dei maschi all’estero. Poi, peggio ancora ma non insolito in alcune zone del Bel Paese, lo stato decaduto della vecchia casa per mancanza di persone capaci di mantenerla in uno stato decente, che ci rende tristi perché sono un legame fondamentale con il nostro passato personale e la nostra vera identità.

Agguato

A pranzo poi ho trovato un agguato che dovevo aspettare e invece mi ha colto all’improvviso. Mia cugina, come la tradizione di famiglia, ha preparato una tavolata con i fiocchi. Siamo rientrati in casa per sentire il profumo della frittelle e i profumi di quel terreno antico. Però, la mia trappola personale è scattata ai dolci con gli assaggi di vari prodotti che lei ancora prepara con le sue proprie mani, e il solo assaggio del suo mosto cotto mi ha fatto scoppiare il ricordo intenso di mia madre che lo preparava con il primo mosto quando facevamo il nostro vino in casa in Australia. Pensavo di non sentire più quel gusto e all’improvviso mi sono sentito di nuovo come quel giovane ragazzo di decenni fa che l’ha assaggiato per la prima volta.

Poi, inevitabilmente il discorso, insieme ad altri cugini che erano venuti per salutarci si è indirizzato verso persone e incidenti che faranno sempre parte della nostra vita. Alcuni di loro non ci sono più con noi fisicamente, ma come l’incontro con il mio coetaneo del mattino, sentivamo la loro presenza nella stanza.

La giornata poi è finita nel modo tradizionale alla stazione mentre aspettavamo il treno del ritorno. Gli auguri di rivederci a presto, dei ringraziamenti per tutto quel che avevano fatto per noi, ma credo di non essere l’unico quel giorno a domandarsi quando tempo passerà alla prossima occasione perché, come sappiamo tutti, il futuro non è ancora scritto e non sappiamo cosa succederà tra qualche minuto, tantomeno nei giorni, mesi e anni che passano sin troppo facilmente.

Prezzo

Questi sentimenti sono il prezzo di una scelta di vita dei nostri genitori. Di chi ha deciso di rimanere nel paese di nascita e di chi invece ha deciso di farsi una vita nuova in un paese con lingue ed usanze diverse. Malgrado tutta la buona volontà di tutti, le differenze tra le generazioni iniziano sin dal primo giorno dell’emigrato nel nuovo paese.

Cercare di imparare la lingua nuova, abituarsi a nuove regole e modi di vivere, scoprire che tanti dei cibi e prodotti che mangiavano ogni giorno in Italia spesso non si trovano nei paesi nuovi significa che, inevitabilmente, parenti crescono in modi che gli altri non potranno mai capire fino in fondo.

Il nostro paese ha avuto e ha ancora generazioni che partono per trovare vite ed esperienze nuove e i parenti rimasti a casa non potranno mai capire le loro esperienze all’estero, come anche le loro motivazioni per partire.

Obbligo

Queste due generazioni siamo tutti noi italiani, nel bene e nel male ed è ora che cominciamo a trascrivere le nostre esperienze nuove e cattive. Dobbiamo conservare i ricordi e oggetti della nostra famiglia perché sono allo stesso tempo le chiavi dal passato al futuro. Sono gli oggetti che ci aiutano a capire chi siamo veramente, cioè il risultato di due mondi del paese di genitori e di residenza, e aiutano chi rimane a capire meglio perché i nostri zii e cugini sono cosi diversi da chi è rimasto a casa.

Ieri ho chiesto a un altro cugino di nome Rocco di scrivere i suoi ricordi sui nostri genitori e zii e non mi dispiace averglielo chiesto perché sono ricordi importanti, perché quel che lui scriverà, come quel che scrivo in questo articolo, ci definisce e, nel corso del tempo, aiuterà a tenerci sempre più vicini.

L’Italia ha davvero due facce, in Patria e all’estero ed abbiamo l’obbligo di conoscerle entrambe.

 

 

 

 

 

 

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