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Politica

I Partiti e l’Identità

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Per quanto possano essere potenti i capi dei vari partiti, si tratta di individui che vanno e vengono. Quello che resta nel tempo al contrario sono i programmi e la definizione dell’identità del partito

di Gianni Pezzano

La politica è l’espressione del paese e, come il paese, cambia in base alla società e quindi degli iscritti che fanno parte di un partito o altri tipi di gruppi politici. In Italia siamo abituati all’instabilità cronica del paese, ma ora vediamo che anche in paesi tradizionalmente stabili, e in particolare quelli anglosassoni, la politica ha intrapreso direzioni inattese fino a pochi anni fa.

La Guerra Fredda

Chi segue la politica italiana non si abitua mai del tutto al continuo evolversi del dibattito nazionale. A causa della nostra posizione geografica e della presenze di un forte partito politico, il Partito Comunista Italiano, legato fortemente a Mosca, fino al 1989 la nostra politica era dominata, a volte apertamente e altre volte in modo occulto, dalla Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.

Con la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell’URSS si pensava che la politica italiana avrebbe preso una strada più stabile. Ma così non è stato.

La prima svolta fu nel PCI, la perdita della sua identità e i legami con l’URSS ha messo in crisi il partito che da allora ha cambiato più volte nome e identità e questo continua ai giorni d’oggi con la spaccatura nel centrosinistra che ha la su genesi nell’incapacità dei dirigenti di saper definire l’identità da abbinare ai nomi nuovi.

La seconda svolta venne prima con Tangentopoli e poi con la conseguente entrata in politica di Silvio Berlusconi. Senza entrare nei meriti della sua decisione e della sua storia personale e giudiziaria da allora, il potere mediatico del magnate di Arcore ha assicurato il dominio del centrodestra e che il suo leader occupasse la scrivania del Presidente del Consiglio a Palazzo Chigi.

La sua scesa in campo ha scompigliato ancora di più la sinistra, dividendola tra chi vedeva in lui il nuovo “male” da sconfiggere e chi cercava un’identità nuova e “moderna” per gli orfani del passato.

Oggigiorno, cinque lustri dopo la discesa in campo di Berlusconi, ci troviamo con gli stessi problemi e la stessa incapacità di poter formare programmi politici che riescano ad esprimere una visione vera e fattibile da parte delle forze politiche di entrambi le parti. Sia a destra che a sinistra.

A scombussolare ancora di più questa situazione è la presenza di una terza forza, il Movimento 5 Stelle, che rifiuta di riconoscersi come forza politica, ma che ha ambizioni di vincere le prossime elezioni nazionali e quindi di assumere ruoli politici….

Al giorno d’oggi nessuno sa con precisione cosa succederà nel 2018 e questa incertezza è resa ancora peggiore dall’instabilità dimostrata ultimamente da paesi che una volta guidavano i nostri programmi internazionali, e ora mettono in difficoltà lo sviluppo di un’Unione Europea forte e stabile.

Il Plebiscito

L’uscita del Regno Unito dall’UE conosciuta come Brexit non è tanto il risultato di una decisione politica convinta, ma di una marcata mancanza di leadership al 10 di Downing Street, la casa/ufficio del Primo Ministro britannico. Per evitare problemi all’interno del suo partito conservatore David Cameron decise di andare al voto con la Brexit, per poi trovarsi travolto da un risultato che quasi nessuno aspettava, compresi i sostenitori più convinti della Brexit.

Come per il Movimento 5 Stelle in Italia il voto di uscita era un’espressione di protesta contro la classe politica del paese, che ora si trova senza programmi politici precisi per il futuro.

Perciò il nuovo Primo Ministro britannico Theresa May, resa più debole dal risultato deludente del recente voto nazionale, ha difficoltà a dare una direzione precisa al paese, particolarmente come forza di politica internazionale in assenza dell’appoggio dei suoi futuri ex soci nell’UE. Con la contemporanea crisi esistenziale del Partito Laburista inglese in molti modi vediamo una versione inedita della situazione politica italiana, e con lo stesso potenziale di creare ulteriore instabilità per almeno il prossimo futuro.

Altre proteste

E ora arriviamo al voto di protesta più inatteso e che ha messo a nudo le grandi differenze all’interno degli Stati Uniti, la vittoria elettorale di Donald Trump all’elezione presidenziale di novembre del 2016.

Le presenza del magnate di New York nella politica americana ha creato confusione non solo nel paese stesso, ma persino tra gli alleati e gli oppositori, con i suoi tweet a tutte le ore e le decisioni che sembrano prese senza dibattito né considerazione degli effetti a tutti i livelli. La prova di questo si trova nel numero di sfide giudiziarie nel sistema giudiziario contro i suoi decreti e sicuramente molti di queste sfide finiranno alla Corte Suprema per vedere si siano costituzionali o no,  con la conseguenza di mettere a nudo la totale impreparazione politica dell’uomo della Casa Bianca.

La presenza di Trump ha creato ancora più difficoltà al proprio partito Repubblicano, sopranominato il Grand Old Party, cioè il Grande Partito di Vecchia data per la sua Storia ultrecentenaria, già messo in crisi dalla fazione ultraconservatrice Tea Party qualche anno fa e ora dai legami di Trump non solo a reti mediatiche estreme,  ma anche a gruppi di suprematisti bianchi.

A questi scontri all’interno del partito che ha maggioranze non funzionali sia nel Senato che nel Congresso, bisogna aggiungere i dubbi per il futuro causati dalle indagini sulle accuse di interferenze russe nella campagna elettorale a favore di Trump, che hanno già portato a imputazioni e condanne di personaggi di spicco della campagna elettorale trumpiana, compreso il Generale Michael Flynn, il suo ex capo del Consiglio Nazionale di Sicurezza.

Europa e oltre

Ora questi sviluppi esteri, in particolare la presenza di Donald Trump nello Studio Ovale, mettono luce anche sull’evoluzione politica dei paesi europei e sull’ascesa di partiti di estrema destra in risposta alle ondate di immigrati e profughi dalle zone disastrate dell’Africa e l‘Asia.

A questo dobbiamo aggiungere anche le incertezze legate al risultato del recente voto tedesco che sembra aver indebolito l’autorità di colei che è stata alla guida delle forze politiche per anni, la Cancelliera Angela Merkel.

Stiamo arrivando al punto che tutti i partiti politici, e non solo in Italia, devono decidere in primis le proprie identità, perché solo così riusciranno a formare programmi politici veri e non solo documenti per vincere sfide di politica partitica invece che di politica nazionale.

Per troppo tempo abbiamo seguito, con poco successo, la politica di paesi stabili, ma ora che anche questi paesi dimostrano le crepe che la Russia sta sfruttando con successo, i nostri politici devono capire che la politica efficace non è legata ai personaggi, ma ai programmi.

Per quanto siano potenti i capi vanno e vengono, ma i programmi e la definizione dell’identità del partito rimane ben oltre la fine di carriere politiche individuali. Questo è il messaggio che nessuno vuole capire, sia a destra che a sinistra.

Fino a che certi personaggi politici continueranno a preferire immagini personali al messaggio del partito,  i nostri partiti sono destinati a rimanere deboli per almeno il prossimo futuro.

 

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