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Diritti umani

I minorenni oggetto di traumi ed abusi in contesti bellici

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Le recenti vicende dell’Ucraina hanno richiamato l’attenzione sul tema dei minori nei contesti di guerra e sono oltre 104.000 bambini uccisi e mutilati in situazioni belliche

di Antonio Virgili – pres. comm. Cultura Lidu onlus

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 26 luglio 2005 adottò una risoluzione[1] per definire e condannare le sei più gravi violazioni che subiscono minori e bambini nei teatri di guerra.  Le violazioni sono: uccisione e mutilazione; reclutamento e uso di bambini in eserciti e gruppi militari; attacchi a scuole ed ospedali; stupri e violenze sessuali; rapimento; rifiuto dell’accesso dei bambini ad interventi umanitari.  La classificazione aveva lo scopo di aiutare un più agevole monitoraggio e prevenzione di questi casi più gravi.   La sequenza di eventi successivi ha confermato purtroppo la estensione e la gravità dell’allarme lanciato.   E’ indicativo riferire alcuni dati relative al periodo 2005 – 2020 raccolti dall’ UNICEF[2],  in tale periodo sono stati censite poco meno di 300.000 gravi violazioni contro minori, in oltre 30 conflitti nei vari continenti, la cifra è considerata molto al di sotto rispetto a quella reale anche perché i minori sono spesso ignorati come vittime nei conflitti.  Tra queste violazioni, oltre 104.000 bambini uccisi e mutilati in situazioni belliche. Sempre nello stesso periodo le cifre indicano in circa 100.000 i bambini reclutati e utilizzati sul campo dalle parti armate in 15 diversi Paesi; circa 14.000 attacchi, o incidenti, che hanno coinvolto obiettivi civili (scuole, ospedali colpendo bambini e relativo personale in servizio);   oltre 14.000 sono stati violentati o hanno subito violenze di tipo sessuale (secondo tutti gli osservatori la cifra è molto sottostimata a causa dello stigma negativo che si associa a tale tipo di violenza), in questo gruppo prevalgono le ragazze.  L’elenco continua, sempre relativamente ai sei più gravi casi di violazioni, circa 26.00 sono stati rapiti (si specifica ufficialmente rapiti, non dispersi!), per essere ostaggio, per motivazioni sessuali o uso nei conflitti, i tre quarti dei minori rapiti sono maschi; ad almeno 15.000 sono stati rifiutati aiuti umanitari (l’80% di questi casi nel periodo dal 2016 al 2020).

 Le recenti vicende dell’Ucraina hanno richiamato l’attenzione sul tema dei minori nei contesti di guerra, sebbene le cifre relative alle violenze in tale Paese, alle deportazioni e alle scomparse siano ancora troppo fluttuanti a causa delle rispettive manipolazioni e propagande belliche.  Dai primi dati di fonte attendibile si sa già che sono comunque molte migliaia i minori ucraini che presentano problemi e necessitano di assistenza.   Precedenti molto allarmanti, ma che sembrano già dimenticati, erano stati quello del gruppo terroristico islamico di Boko Haram che nel 2014 rapì 500 ragazze nel Borno (Nigeria), ancora in gran parte prigioniere o schiave e che negli anni successivi ha continuato, giovandosi della indifferenza diffusa, a seminare terrore tra i più giovani con uccisioni e rapimenti, nonché con l’uso di bambini soldato.  Nel 2017 secondo dati di UNICEF e Aljazeera, nelle zone di Nigeria, Niger, Ciad e Camerun, dove opera tale gruppo, si è registrato un forte incremento di attentati suicidi operati da bambini.   Vanno ricordate anche le oltre 3000 ragazze Yazide rapite, rese schiave, o “semplicemente” scomparse a causa delle persecuzioni operate da gran parte della circostante comunità islamica, ad eccezione dei Curdi, essi stessi perseguitati in varie zone.   

L’elenco potrebbe tristemente essere molto più lungo.   Tutte queste violenze e situazioni, di sfruttamento, abuso, abbandono, vulnerabilità, necessità di supporto/affetto, collasso dei riferimenti familiari ed amicali, determina ampie conseguenze mentali, psichiche e fisiche nei minori, tra queste i disordini da stress post traumatico, crisi di ansia, depressione, comportamenti aggressivi, e molti altri disturbi.     Se non sono uccisi, queste sono purtroppo alcune delle comuni “malattie” prodotte dalla violenza e dalle guerre sui minorenni, disturbi che hanno un costo, alto.  Alto non solo in termini strettamente umani, pure prioritari, ma anche per i successivi interventi terapeutici, i danni indiretti ai contesti familiari, gli effetti futuri nei comportamenti di quelli che saranno gli adulti nei prossimi anni.   Per dare una idea concreta, il Ministero della Difesa degli Stati Uniti finanzia un progetto per 200 milioni annui solo per prevenire gli abusi contro i bambini causati da ex militari che hanno subito traumi in guerra ed azioni militari.  Gli effetti di una parte dei traumi saranno infatti permanentemente operanti negli anni futuri, con disturbi e alterazioni dei comportamenti o con forme depressive il cui costo, come per i danni ambientali, sembra volersi scaricare direttamente sulle future generazioni.  Allo stesso tempo, va pure detto che la salute mentale dei più giovani sta contemporaneamente registrando alterazioni, per fortuna lievi, anche in Paesi privi di situazioni di guerra.  I dati relativi all’Italia mostrano, ad esempio, negli ultimi dieci anni, un aumento di quasi il 25% dei disturbi, ciò collegato in gran parte a situazioni familiari difficili e instabili, all’accelerazione dei mutamenti sociali ed all’impatto delle nuove tecnologie.

[1] Resolution 1612 (2005)   Adopted by the Security Council at its 5235th meeting, on 26 July 2005 

[2] Dati UNICEF, giugno 2022

Antonio Virgili è Membro dell’International Society for the Prevention of Child Abuse and Neglect

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