Attualità
Area industriale di Livorno, futuro unicorno o rana bollita? parte 2 – Livorno industrial area, future unicorn or boiled frog? part 2
Area industriale di Livorno, futuro unicorno o rana bollita? parte 2
di Marco Andreozzi
“Ignoro che lingua lei stia parlando, ma è celestialmente musicale”. Grosso modo questo fu detto a chi scrive una decina di anni fa su un mezzo pubblico di Monaco di Baviera da una sorridente signora locale. Lo scorso 17 gennaio, ‘Invest in Tuscany’, l’ente regionale preposto al tema la cui denominazione sarebbe egualmente capita in tutto il pianeta se si chiamasse ‘Investi in Toscana’, ha tenuto il suo incontro annuale. Nell’occasione, sono stati annunciati contributi dedicati a chi dall’estero porti nuove attività di ricerca o localizzazione manifatturiera, partendo da un’allocazione di 5 milioni di Euro di finanziamenti europei, che potranno arrivare a 10 milioni.
Intanto, l’incipit serve a reiterare che la promozione territoriale dovrebbe mostrare un po’ più di amor proprio per la lingua del bel canto, peraltro proprio di matrice fiorentina quale idioma che si impose nel Medio Evo sul resto della Penisola e sull’Europa del tempo (fino al XVI secolo, influenzando la Lingua Franca del Mediterraneo). Amor proprio come fattore di attrattività e marchio di riconoscimento, evidentemente trascurato. Se i principali produttori di vestiario dell’Asia (ricordo dagli anni ’90 due popolarissimi marchi di Hong Kong: Giordano e Bossini) impiegano quasi sempre nomi italiani, un motivo c’è. In secondo luogo, sono stati snocciolati dati positivi nella solita modalità, ovvero senza comparazioni con altre regioni italiane e territori/Paesi d’Europa, che invece avrebbero fotografato la situazione toscana in modo più veritiero.
Ad esempio, tra le regioni in attivo rispetto allo stato centrale – Emilia-Romagna, Lazio, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto – la Toscana è all’ultimo posto come percentuale di imprese estere collocate nel territorio nazionale, con circa il 5,5%, rispetto al 38% in Lombardia e 15% in Lazio. Il dato sul fatturato apportato (su un ordine di grandezza complessivo di seicento miliardi di euro) è altresì congruente con detta quota parte, mentre il PIL pro capite toscano è (pur leggermente) il più basso tra le summenzionate regioni (sempre superiore alla media italiana). Il punto è allocare fondi pubblici in modo produttivo, pensando anche alla recente apertura di un ufficio-Toscana in Silicon Valley. A che serve nell’era della comunicazione totale? Trovare investitori è facile se ci sono idee vincenti.
La Toscana è classificata come innovatore ‘forte-minus moderato-plus’, dove nel 2022 sono stati rilasciati solo 300 brevetti e si registrano appena 600 aziende catalogate come nuove tecno-imprese. Di fatto, pur con dati leggermente migliorativi rispetto alle media nazionali, vi sono fattori di debolezza strutturali nel sistema-Italia che stanno tarpando le ali dello sviluppo, come il più alto tasso di ‘né-né’ (persone non attive in istruzione, lavoro o formazione) e il più basso tasso di impiego femminile di tutta l’Unione Europea. Inoltre, vi è il numero maggiore di liberi professionisti, ma con bassa produttività in un settore dei servizi troppo orientato su segmenti protetti, basato su licenze specifiche e limitate (dai periti ai taxisti). Il rischio di sprecare milioni di euro è concreto. Bisogna agire sulle fondamenta a livello nazionale, invece: formare disoccupati, educare all’intrapresa nelle scuole, avviare un autentico processo di liberalizzazioni. Quest’ultima urgenza di aprire alla competizione è frenata da gruppi di interesse con risultato ironicamente contrario ai propri interessi, a meno che l’obiettivo sia quello di rappresentare professioni che lavorano sempre meno. Tragicommedia, e ancora una volta l’eco di Luigi Pirandello: ‘Il berretto a sonagli’?
Livorno industrial area, future unicorn or boiled frog? part 2
by Marco Andreozzi
“I don’t know what language you’re speaking, but it’s a heavenly musical.” Roughly this was said to the scribe about ten years ago on a public transport in the southern Germany city of Munich by a smiley local lady. Last January 17, ‘Invest in Tuscany’, the regional body responsible for the matter whose name would be equally understood throughout the planet if it were called ‘Investi in Toscana’, held its annual meeting. On this occasion, incentives were announced dedicated to foreign investors aimed to bring new research activities or localization of manufacturing operations, with an allocation of 5 million Euros of European funding, which could reach 10 million.
On the occasion, the incipit helps to reiterate that the territory marketing should show a little more self-appreciation for the language of bel canto, which is also of Florentine origin as the idiom that imposed itself in the Middle Ages on the rest of the Peninsula and on Europe of the times (until the 16th century, influencing the Lingua Franca of Mediterranean trades). A factor of attractiveness and branding, evidently neglected. If the main clothing manufacturers in Asia (two very popular Hong Kong brands in the 1990s were Giordano and Bossini) almost always use Italian names, there must be a reason. Secondly, positive data were reeled off in the usual way, i.e. without comparisons with other Italian lands and European territories/countries, which instead would have photographed the Tuscan situation in a more truthful way.
For example, among the Italian regional states in credit with the central state – Emilia-Romagna, Latium, Lombardy, Piedmont, Tuscany and Veneto – Tuscany is in last place in terms of percentage of foreign companies located in the national territory, with approximately 5.5%, compared to 38% in Lombardy and 15% in Lazio. The data on the turnover contributed (on a total order of magnitude of six hundred billion euros) is also congruent with ditto share, while Tuscany’s GDP per capita is (albeit slightly) the lowest among the aforementioned regions, although higher than the Italian average. The point is to allocate public funds in a productive way, also thinking about the recent opening of a Tuscany representative office in Silicon Valley. What is the point in the era of total communication? Finding investors is easy if there are winning ideas.
Tuscany is classified as a ‘strong-minus moderate-plus’ innovator, where in 2022 only 300 patents were issued and just around 600 companies cataloged as startups were registered. In fact, despite the slightly improved data compared to the national average, there are structural weaknesses in the Italian system that are clipping the wings of development, such as the higher rate of NEETs (people not active in education, employment or training) and the lowest female employment rate in the entire European Union. Furthermore, there is the greatest number of freelancers, but with low productivity in a service sector too oriented towards rent-seeking and license capture (from chartered surveyors to taxi drivers). The risk of wasting millions of euros is real. Instead, we need to act structurally at a national level: train the unemployed, educate on entrepreneurship in schools, and start a genuine process of liberalization. This last urgency to open up to competition is muffled by lobbies with a result ironically contrary to their own interests, unless the goal is to cap the represented professions’ business. Does the bell ring? Tragicomedy, and once again an echo to the Italian Nobel laureate for literature Luigi Pirandello: ‘Cap and bells’?
Marco Andreozzi, è Dottore in Ingegneria Meccanica, Economia/Amministrazione (Politecnico di Torino), tecnologo industriale e specialista del settore energetico, proviene da esperienze professionali in cinque multinazionali in Italia e paesi extra-europei, e come direttore generale; nomade digitale dal 2004, e sinologo, parla correttamente il mandarino.
Marco Andreozzi, is Doctor of mechanical engineering (polytechnic of Turin – Italy), industrial technologist and energy sector specialist, comes from professional experiences in five global corporates in Italy and extra-European countries, and as business leader; digital nomad since 2004, and China-hand, he is fluent in Mandarin.