Connect with us
Azzera la bolletta

Attualità

Accordo di tregua a Gaza: siamo alle solite!

Published

on

Tempo di lettura: 3 minuti

“Salam” in arabo significa tregua. È il genere di pace ottenuto quando una delle due parti percepisce “l’altro” più forte, e allora rientra nei ranghi aspettando momenti migliori.

di Grazia Piscopo Presidente Associazione Horah – Lecce

“Les jeux sont faits” direbbe un disincantato Jean-Paul Sartre.
Nella nottata tra lunedì e martedì 14 gennaio 2025 c’è stata una svolta nelle trattative per accordi per il cessate il fuoco. È un fuoco che è iniziato in un infausto 7 ottobre 2023 ai danni di Israele e che dura ancora fino ai nostri giorni. Più di un anno e mezzo di attacchi, razzi, bombe, missili e varie armi da fuoco che hanno portato alla disperazione mamme, figli e tanti civili israeliani e la quasi desertificazione del nord di Gaza, per non parlare di violenze su civili presi in ostaggio.

I termini dell’accordo di graduale risoluzione nel tempo, secondo la dichiarazione del Ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, prevedono da parte palestinese 42 giorni di tregua, il rilascio di circa 1000 miliziani di Hamas e il libero passaggio dei palestinesi in grado di procedere verso nord. Anche Israele ha presentato una bozza finale di accordi molto più snella: rilascio incondizionato dei 98 ostaggi prigionieri ancora sotto il suolo di Gaza, uno dei quali al momento del rapimento del 7 ottobre aveva solo pochi mesi e ora è alla vigilia del secondo anno di età; e inoltre l’avvicendamento al governo unico del popolo palestinese condiviso e legittimo. Tuttavia Hamas ha ribadito che è disposto a concedere la libertà per il momento soltanto a 33 ostaggi, fra cui ci sono tre soldati dal cui cambio di questi pretende una cinquantina di terroristi condannati all’ergastolo detenuti nelle carceri israeliane.

Una “nouvelle Schindlers liste” in cui dopo 82 anni dalla “Shoah” si fa ancora triste selezione fra un uomo da liberare e un altro, un uomo da salvare e un altro da condannare.
Il portavoce del Ministro degli Esteri del Qatar, Majed Al-Ansari, ha tuttavia confermato che i colloqui di pace sono in corso “al punto vicino”. Sembra che tutti vogliano il “cessate il fuoco”. L’Iran stesso vuole la pace e la “de-escalation” nella regione e nel mondo ed è pronto per negoziati onorevoli e soprattutto paritari. Tutto sommato si respira l’aria di un cauto ottimismo. Anche Hamas vuole la pace.
Pace è una meravigliosa parola occidentale che ha lo stesso valore ontologico dell’ebraico “Shalom”. È pace, patto, un venirsi incontro, senza vinti né vincitori. Si vince tutti e tutti perdono qualcosa per l’obiettivo comune della tranquillità e della vita stessa.
“Salam” in arabo significa tregua. È il genere di pace ottenuto quando una delle due parti percepisce “l’altro” più forte, e allora rientra nei ranghi aspettando momenti migliori.
I primi accordi islamici di pace sono avvenuti intorno al 620 d.C., inaugurati dal profeta Maometto, che Dio lo abbia in gloria.

In quel periodo emigrò (egira) dalla Mecca a Medina e in questa cittadina mise in piedi un piccolo esercito per ritornare alla Mecca e conquistare così la città. Ma i meccani, che avevano avuto la fortuna di conoscerlo, fecero lo stesso e si armarono con un esercito più grande. I due eserciti si incontrarono a Hudaybiyyah. Il Profeta allora, constatando la propria inferiorità di forze, decise di stipulare consolatori accordi di pace per la durata di nove anni. Accordi di pace scritti e sottoscritti da ambedue le parti con riverenze incessanti di verbali “Salam”. Dopo appena due anni i meccani abbassarono la guardia (è una storia che si ripete) ed è qui che il Profeta decise di cancellare gli accordi, attaccò la città, uccise gli uomini, catturò le donne che furono stuprate, asservì i loro figli e diede alle fiamme i loro averi e tutta la città.

La Pace siglata per esempio nel 1979 tra Israele e Egitto ha avuto lo stesso copione dopo un anno e mezzo di negoziati, come tanti altri negli anni.
Un anno prima il Presidente egiziano Anwar Al-Sadat, si rivolse ai notabili della suprema Corte Sunnita per chiedere se poteva stipolare accordi di pace con Israele. La risposta fu che si poteva pedissequamente ripetere la stessa azione del Profeta a Hudaybiyyah.
Pace temporanea. Pace che aspetta. Pace finta. Come tutti i momenti di tregua aspettando il momento migliore per risolvere definitivamente la questione ebraica.
È la storia patita da Israele dal 1948 in poi, anno della costituzione dello Stato legittimo e democratico, in un oceano “panarabo” che vorrebbe stipulare gli stessi accordi di tregua con una Europa confusa, sorda e accecata da un miraggio di proficui accordi umani e commerciali.
“E ora siamo alle solite…” altro ottimismo per gli ennesimi accordi di pace.

Apollo Mini Fotovoltaico
Serratore Caffè