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Diritti umani

Theresa Kachindamoto, la donna che in Malawi lotta contro i matrimoni infantili tra analfabetismo e povertà in Malawi.

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Si chiama Theresa Kachindamoto ed è il capo politico del distretto di Dedza, nella regione centrale dello Stato africano del Malawi. Esercita la sua autorità su 545 villaggi e oltre 900.000 persone. Negli ultimi 14 anni, da quando è al potere, ha tentato, riuscendoci, di debellare una delle più grandi piaghe africane, quella delle cosiddette “spose bambine”.

Si chiama Theresa Kachindamoto ed è il capo politico del distretto di Dedza, nella regione centrale dello Stato africano del Malawi. Esercita la sua autorità su 545 villaggi e oltre 900.000 persone. Negli ultimi 14 anni, da quando è al potere, ha tentato, riuscendoci, di debellare una delle più grandi piaghe africane, quella delle cosiddette “spose bambine”.

Tra Africa e Asia il fenomeno coinvolge dai 12 ai 15 milioni di ragazzine, costrette dalla stessa famiglia, solitamente per tentare di migliorare la propria condizione economica, a sposarsi in giovane età. Parliamo di bambine dai 12 ai 14 anni, usate letteralmente come merce di scambio, in un baratto insensato che cancella i loro diritti all’infanzia, all’istruzione e a un futuro libero. Il Malawi è uno dei Paesi con la più alta percentuale di matrimoni infantili, circa il 50 % delle ragazzine del Paese lascia la scuola per sposare un uomo, solitamente più vecchio, ma in alcuni casi anch’esso bambino. Nella maggior parte dei casi queste bambine diventano madri poco dopo il matrimonio, e iniziano una vita costellata da episodi di violenza domestica, problemi di salute dovuti alla gravidanza, disagio sociale e arretratezza.

Theresa Kachindamoto, ha avuto la possibilità di studiare, lontana dal suo villaggio d’origine, e di diventarne in seguito, come detto, il capo principale. Tornando a casa ha visto piccole madri portare ancor più piccoli bambini in fascia sulla schiena e ha ritenuto tale spettacolo inaccettabile. Da quel giorno ha utilizzato tutta la sua autorità e influenza politica per cambiare le cose.

Supportata anche da UN Women, l’ente delle Nazioni Unite per l’Eguaglianza e l’Empowerment femminile, ha portato avanti campagne di sensibilizzazione, convincendo altri capi-distretto e capi-tribù a rivalutare le proprie posizioni sui matrimoni infantili. Dalla sua, può contare su una legge del 2017 che vieta i matrimoni sotto i 18 anni, ritenendola l’età-soglia dopo la quale una donna (ma anche un uomo) raggiunge la maturità necessaria per affrontare le responsabilità di un matrimonio e dell’eventuale nascita di figli. Una legge purtroppo che non viene applicata nelle zone rurali del Paese e dove non si ha neanche la percezione che tale legge esista, tanto è forte la tradizione dei matrimoni infantili.

La donna, definita in Malawi la “Terminator” dei matrimoni precoci, negli ultimi 14 anni è riuscita a sciogliere più di 2.600 matrimoni e a liberare le giovani spose, dando loro l’opportunità di tornare a scuola e costruirsi un nuovo futuro. Lo ha fatto utilizzando tutti i mezzi a sua disposizione e servendosi di un sistema che le consente di impedire, scoprire e annullare tali matrimoni. Innanzitutto ha agito sul fronte politico, chiedendo ai suoi 51 sottocapi (40 uomini e 11 donne), che sovrintendono ciascuno 10 villaggi, di impedire i matrimoni precoci, pena il licenziamento per chi si rifiuta di collaborare. In secondo luogo, ha costruito una vera e propria “rete di spie”, costituita dalle cosiddette “madri segrete” o “The mother’s group”, donne già avanti con gli anni che comportandosi semplicemente da “comari impiccione” scoprono e segnalano la presenza nel proprio villaggio di spose bambine. Da ultimo, Theresa Kachindamoto agisce di persona, recandosi lei stessa nei villaggi a sciogliere personalmente tali matrimoni, restituendo la libertà alle bambine,  affidandone i figli alle famiglie e permettendo così alle giovani madri di tornare a scuola. Spesso, se le giovani non possono permetterselo, Theresa finanzia personalmente i loro studi.

Nel suo impegno costante Theresa Kachindamoto non si lascia intimidire dalle minacce di morte che le vengono rivolte, né dà credito alle accuse dei più anziani di voler distruggere le tradizioni del Paese, ben conscia che per cambiare tale mentalità e tali abitudini serva tempo e perseveranza, così come sia necessario puntare alla costruzione di un cambiamento collettivo, delle famiglie e dei leader politici in primis, soprattutto per quanto riguarda i padri di famiglia, per i quali i matrimoni infantili sono fonte di guadagno, e i politici più anziani, legati strenuamente alla consuetudine.

Obiettivo primario, dunque, di questa sfida ancora aperta, è sensibilizzare il Paese sull’esistenza della legge che vieta i matrimoni sotto i 18 anni e ovviamente supportare le bambine liberate e tutte quelle che cresceranno in futuro, nelle proprie scelte di vita, nel loro diritto a un’istruzione e a un futuro diverso. Trasformare un destino segnato dalla marginalità, dalla povertà estrema e dalla violenza in un futuro dettato dal libero arbitrio e dall’emancipazione. Solo un cambiamento di questa portata potrà generare una ricaduta positiva sulla società intera, non solo in termini sociali, ma anche economici e sanitari.

Già, anche sanitari, perché Theresa Kachindamoto si è preoccupata di abolire un’altra consuetudine abominevole, una pratica di iniziazione sessuale a cui vengono sottoposte le giovani in pubertà, le vedove e le donne che hanno avuto un aborto. Il cosiddetto “Kusasa fumbi” prevede l’invio di queste donne in campi di tre giorni nei quali vengono costrette a rapporti sessuali non protetti con uomini più anziani detti “iene”, allo scopo di essere purificate in preparazione al matrimonio. La conseguenza più evidente è il rischio di contrarre l’HIV e altre malattie sessualmente trasmissibili.

Quella di Theresa Kachindamoto è la storia di una leonessa africana coraggiosa e indomita, che sta riuscendo la dove tanti sedicenti leoni non sono mai riusciti o non hanno neanche mai tentato: dare un futuro al Malawi. E lo sta facendo tentando di spezzare il circolo vizioso tra matrimoni infantili, analfabetismo e povertà. Liberando le spose bambine, queste possono tornare a scuola, possono apprendere e imparare che esiste qualcos’altro là fuori nel mondo, possono crescere, emergere e affermarsi in una società che ha bisogno di nuova linfa per uscire dall’arretratezza e dalla povertà in cui si trova. E in un Paese fortemente maschilista per tradizione come il Malawi, la nuova linfa non può che arrivare dalle donne.

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