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Politica

Puglia, ‘LE PAROLE SONO FINESTRE (oppure Muri) dal linguaggio sessista al femminicidio’

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In un incontro l’11 novembre presso la  Casa delle donne del Mediterraneo la Regione Puglia stimolata dagli Stati generali delle donne farà un focus sulla possibilità di utilizzare il linguaggio di genere nelle sedi istituzionali e non, prendendo ad esempio il caso della Sardegna

 

Di Tiziana Primozich

 

borzillo

Sindaca o Sindaco? Ministra o Ministro? Assessora o Assessore? E ancora, perché si può dire infermiera ma non ingegnera? A questo dilemma ormai frequente nella vita di tutti i giorni la Puglia cercherà di dare una risposta che tracci la strada verso una decisione istituzionale,  così come è avvenuto in Sardegna, in un evento dibattito promosso dagli Stati generali delle donne che si terrà l’11 novembre presso la Casa delle donne del Mediterraneo di Bari alla presenza del governatore della Puglia Michele Emiliano , di Annamaria Busia consigliera regionale della Sardegna prima firmataria della modifica di legge di recente approvata dalla Regione che obbliga gli uffici a declinare anche al femminile mestieri, professioni, incarichi, Roberto Capelli di Centro democratico che presenterà una proposta di legge contro il femminicidio, moderatrice Magda Terrevoli. Un argomento attuale che le organizzatrici hanno voluto presentare usando come titolo le parole di Marshall Rosenberg, “Le parole sono finestre (oppure Muri)” – creatore della Comunicazione Nonviolenta, un processo di comunicazione che aiuta le persone a scambiare le informazioni necessarie per risolvere i conflitti e le differenze pacificamente. Il dibattito, durante il quale interverranno anche il commissario regionale Alfredo Borzillo ed il segretario della provincia Bat Riccardo Di Matteo di Centro Democratico insieme al vice sindaco di Bari Vincenzo Brandi, nasce come necessità di ribadire il ruolo di genere in ogni campo della vita sociale per evitare in futuro di svilire la presenza ed il valore delle donne in tutti gli ambiti in cui operano. Già l’Accademia della Crusca da tempo aveva analizzato i paradossi del linguaggio corrente, sottolineando che così come esiste l’infermiere, esiste l’infermiera, allo stesso modo il professore è regolarmente correlato al femminile la professoressa. Ma appena si sale un po’ di grado o comunque si entra in un ambito considerato prerogativa maschile ecco che si dimentica che in lingua italiana esiste maschile e femminile. Di conseguenza il chirurgo vede di cattivo grado la sua trasformazione al femminile, la chirurga, così come il preside esiste solo in forma maschile e quando il ruolo viene ricoperto da una donna non si può fare altro che dire la preside, e l’ingegnere non prevede l’ingegnera. A questi quesiti la Regione Sardegna ha dato un taglio netto con un articolo dedicato allo sviluppo delle politiche di genere e alla revisione del linguaggio amministrativo, nella legge sulla semplificazione appena approvata. “Il fatto di identificare la professione o il ruolo di una donna utilizzando il termine al maschile è un mancato riconoscimento, una forma sottile di discriminazione”, ha spiegato all’ANSA la consigliera regionale del Centro democratico e autrice dell’emendamento passato in Aula, Anna Maria Busia, tra i relatori dell’11 novembre in Puglia. “Le parole sono importanti, definiscono e sono evocative delle cose e delle persone. Non per niente il diritto ad essere riconosciuti per quello che è il proprio nome è un diritto costituzionale”.

 

 

 

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