Arte & Cultura
Le verità del nostro passato nella ricerca dell’archeologo e storico del mondo antico Attilio Mastino

La ricerca archeologica traccia altri orizzonti e verità del nostro passato, ecco le nuove scoperte dell’archeologo e storico del mondo antico Attilio Mastino.
di Isabel Russinova
Attilio Mastino, storico del mondo antico, saggista, epigrafista presenta una sua nuova opera, La Sardegna del mondo romano fino a Costantino, tre tomi editi da Unica Press-Università di Cagliari per la collana Sardiniae Memoria diretta da Paolo Maninchedda, un lavoro decisamente innovativo, nel quale si tracciano i nuovi orizzonti di ricerca per collocare la Sardegna in un quadro più complesso e articolato, leggendo le continuità e le innovazioni, le chiusure e le aperture verso il bacino nel Mediterraneo.
Non è facile riassumere la vasta attività di Attilio Mastino, già rettore dell’ Università di Sassari, epigrafista nei circuiti internazionali (ha coordinato gli scavi archeologici di Uchi Maius e le ricerche epigrafiche a Thignica in Tunisia), è socio corrispondente della Real Academia de Historia di Madrid, presiede il Comitato Organizzatore dei Convegni sull’Africa Romana per cui ha ottenuto l’onorificenza dello Storico Arabo, ha fondato e diretto per dieci anni la Scuola Archeologica Italiana a Cartagine nata all’indomani dell’attentato del Museo del Bardo ed è membro del Consiglio di Amministrazione dei Musei Reali di Torino.
Nella premessa della sua ultima pubblicazione La Sardegna del mondo romano fino a Costantino, afferma che con questo lavoro vuole ribaltare le prospettive di interpretazione della storia della Sardegna nel mondo romano, la sua narrazione, il suo rapporto con il mondo circostante a quella che gli antichi consideravano l’isola più grande del mondo. Quale la sua interpretazione?
La Sardegna appariva nell’antichità come una terra fortunata e “felice”, caratterizzata da una straordinaria abbondanza di frutta e di prodotti: il latte, il miele, l’olio, il vino, che si attribuivano alla generosità del dio Aristeo, che aveva fatto della Sardegna un’isola prospera e dispensatrice di ogni prodotto, eudaìmon e pàmphoros: il dio Aristeo ci appare come il più esperto nell’arte di coltivare i campi. Allo stesso modo ad introdurre la civiltà tra i Sardi furono Ercole, padre del Sardus Pater (in paleosardo Babai); il dio guaritore Esculapio (in lingua paleo-sarda Merre); il dio creatore del vino Dioniso-Bacco-Libero.
In realtà al di là del mito, possiamo oggi accertare in Sardegna un generale spopolamento e una vera e propria “depressione demografica” in alcune aree desertificate dagli eserciti romani decisi a stroncare il legame che continuava a unire i Sardi tra loro e con Cartagine: dunque la riorganizzazione amministrativa (giuridica e dei confini tra città e popoli), l’acculturazione coatta dei principes locali, per passare poi al conseguente sfruttamento delle risorse e alle profonde trasformazioni ambientali e culturali. Lo sguardo degli studiosi è diventato oggi più penetrante e problematico, in rapporto ai tanti scavi archeologici come quelli effettuati in particolare nelle città di Nora, di Sulci, di Olbia e Turris Libisonis, ma anche nelle aree rurali, come a Marrubiu, Mesumundu o Rebeccu, con attenzione per gli edifici pubblici, le strutture per gli spettacoli, il benessere, il tempo libero.
Il libro, un lavoro lungo, appassionato e sicuramente complicato da realizzare, è ricco di documenti e testimonianze di alcuni tra i più prestigiosi studiosi internazionali, ce ne può parlare?
Beh, per ricostruire la storia di quasi mille anni credo che sia opportuno partire dalla storia degli studi in ambito internazionale, superando ogni localismo: i falsi come le carte d’Arborea, Theodor Mommsen, Robert Rowland, Ettore Pais, Marcel Le Glay, Yann Le Bohec, Piero Meloni. Ma dietro questo libro c’è però l’appassionato lavoro sul campo di tanti colleghi impegnati coraggiosamente in grandi imprese sempre più internazionali, con uno sguardo largo e un orizzonte finalmente aperto: con loro sono certamente in debito per tante scoperte, tante intuizioni, tanti confronti all’interno dell’ecuméne romana. Cicerone considerava i Sardi vestiti di pelli di capra espressione di una “nazione” autonoma, ma occorre distinguere il Barbaricum interno fino al Gennargenti dalle aree costiere più desiderose di novità: occorre dunque delimitare i territori subprovinciali, individuare i confini legati a fiumi, monti, boschi, sempre con l’intento di vedere se i distretti antichi (le regiones) hanno una qualche specificità l’uno rispetto all’altro.
La sua bibliografia è ricchissima, vado a citare solo alcune delle tante pubblicazioni, Turris Libisonis, Le Titolature di Caracalla, Mare Sardum, merci mercanti e scambi marittimi della Sardegna antica, Cartagine signora del Mediterraneo, e tanti altri ed ognuno rappresenta una pagina importante della nostra storia antica, dalla quale poter arrivare a sempre nuove scoperte. Sta lavorando su altri progetti in questo momento?
Stiamo pubblicando nuove scoperte avvenute a Cartagine e a Thignica, dove si svolgono gli scavi dell’Università di Sassari diretti da Paola Ruggeri, soprattutto per capire il passaggio degli agri deserti, dei terreni rimasti in abbandono dopo la distruzione di Cartagine nel 146 a.C. per arrivare alla rinascita di quella che fu una grande capitale Africana. La colonia romana di Cartagine dopo la guerra di Cesare definisce il proprio territorio con Augusto, vede l’arrivo di migliaia di coloni interessati ad installarsi sulle rive del fiume Bagradas, conosce nuovi dei, è sottoposta nella parte più interna e montuosa ad una occupazione militare imperniata su una legione (la III augusta), le coorti ausiliarie, la flotta da guerra, la coorte pretoria. I problemi sono quelli di ricostruire la storia istituzionale dei singoli centri passati da città straniere in patria a “pagi” di Cartagine, municipi e colonie; il processo di costituzione e poi di smantellamento del territorio (la pertica) della nuova colonia, le relazioni tra romani e popolazione locale, berberi, numidi, afri. Il modello interpretativo, sul piano militare, religioso, sociale, può oggi essere esteso ad altre province e in particolare alla Sardegna, soprattutto per le analoghe esperienze fenicie e puniche e per l’origine “africana” che gli antichi attribuivano ai sardi.
Sappiamo tutti che esistono molti rischi legati alla lente deformante dell’interpretazione dell’antico con l’utilizzo di modelli recenti; perciò dovremmo sempre diffidare di alcuni modelli ideologici e di alcune categorie astratte in passato molto di moda e sarebbe necessario usare la massima prudenza per interpretare il mondo romano con gli occhi di oggi: del resto non possiamo fare altrimenti, anche se appare evidente la necessità di evitare semplificazioni che non tengano conto della diversità delle situazioni locali; e la diversità culturale è fonte di valore, senza la quale si privano le persone e le comunità locali di preziose fonti di significato, identità, conoscenza, benefici economici, che hanno a che fare coi diritti umani e la coesione sociale. Per ricostruire la storia della Sardegna ci vogliono informazioni, nuove scoperte di materiali (monete, iscrizioni, mosaici, statue, miliari stradali), ma soprattutto curiosità e desiderio di comprendere un mondo lontanissimo che ancora ci parla: del resto come dimenticare che la lingua sarda è figlia diretta e immediata della lingua latina? E poi le pratiche magiche o guaritrici, le tradizioni popolari, le credenze religiose?…