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Arte & Cultura

Kyenge, Italia paese di emigranti. Ma qualcuno ha dimenticato

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kyenge9Il ministro all’integrazione in Colombia, per un convegno sulla diaspora africana, ricorda che anche gli italiani in passato sono emigrati in massa, ma i giovani hanno memoria breve

Roma, 15 settembre” L’Italia non è razzista e neanche xenofoba. Ci sono episodi razzisti, ma non bisogna condannarla in blocco. Ciò accade perchè alcuni italiani non si ricordano che l’Italia è un Paese di immigrazione e di emigrazione. Penso che sia possibile cambiare questa cultura”, queste le parole di Cècilie Kyenge a margine della sua partecipazione ad un convegno sulla diaspora africana in Colombia. Il ministro ha voluto così ridimensionare i numerosi attacchi razzisti di cui è stata vittima, da quando il premier Enrico Letta l’ha voluta a capo del dicastero per l’Integrazione. A proposito del termine ‘di colore’, usato erroneamente per definire persone dalla pelle nera, non va dimenticato che con la prima ondata di emigrazione italiana verso gli Usa, erano gli italiani che approdavano oltreoceano ad essere considerati neri, piccoli e sporchi, guardati con sospetto ed emarginati dai cittadini americani. “A volte sappiamo che si verificano atti di razzismo, – ha spiegato il ministro, –  Si tratta di alcune persone, ed è vero che per molti è stato difficile accettare che qualcuno di un altro Paese, di un’altra razza, di un colore di pelle diverso, abbia una responsabilità importante al Governo», sottolineando che i giovani hanno memoria breve, su eventi del passato che hanno visto il popolo italiano migrante in condizioni del tutto simili a chi oggi arriva nel bel Paese. Cècilie Kyenge , che vive in Italia dall’età di 18 anni, ha riferito che aver accettato un incarico di Governo le è costato un po’ della propria libertà, “sono cambiate tante cose, prima ero libera di fare quello che volevo, ora vivo scortata da una guardia del corpo”, ha detto. Ma senza rimpianti. Nella consapevolezza piuttosto che il suo esempio servirà alla causa di garantire a tutti il diritto di “vivere e lavorare nel paese di propria scelta”. Un altro modo per affermare la possibilità per tutti a diventare cittadini del mondo, nel rispetto delle regole che legittimano le libertà e la dignità di tutti gli esseri umani, di qualsiasi colore o razza.

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