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Salute

Inquinamento, tumori e mortalità evitabile

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Per le valutazioni di un Sistema Sanitario Nazionale, l’indicatore sulla mortalità evitabile descrive indirettamente l’efficacia dei servizi sanitari e l’impegno delle Autorità e dello Stato nel tutelare la salute.

di Antonio Virgili pres. comm. Cultura Lidu onlus 

Ci sono diversi motivi per i quali l’analisi dell’andamento dei tumori e delle patologie di origine ambientale è collegato alla tutela dei diritti umani fondamentali.  Il primo è proprio la tutela del diritto alla vita e alla salute delle persone, il secondo è il diritto all’informazione sulle cause delle malattie che si diffondono, il terzo è il rispetto della libertà di residenza e di spostamento sul territorio, limitati dalla presenza di aree a forte rischio.    Sebbene poco noto, c’è già un indicatore che aiuta a comprendere se tali diritti siano abbastanza tutelati, è quello sulla mortalità evitabile.   Sono però ancora limitate sia la conoscenza che l’interesse che esso riscuote tra i cittadini, ma per le valutazioni di un Sistema Sanitario Nazionale, l’indicatore sulla mortalità evitabile descrive indirettamente l’efficacia dei servizi sanitari e l’impegno delle Autorità e dello Stato ne tutelare la salute.  Tale indicatore numera i decessi considerati prematuri, che non dovrebbero verificarsi in presenza di cure efficaci e tempestive, o anche le morti attribuibili a condizioni per le quali esistono interventi diagnostico-terapeutici e di prevenzione secondaria efficaci. Questo parametro permette di segnalare le situazioni più a rischio, di studiare possibili interventi correttivi e di verificarne, nel tempo, il successo.   Infatti, l’analisi della sua dinamica è molto importante poiché le politiche volte a migliorare gli stili di vita, o di riduzione del rischio, producono effetti rilevabili nel medio-lungo periodo. L’importanza di indicatori di questo tipo è ampiamente condivisa in ambito internazionale, in particolare l’Organisation for Economic Cooperation and Development (OECD) ha introdotto la “amenable mortality[1] nel core di indicatori utilizzati proprio per valutare l’efficacia dei servizi sanitari nei Paesi aderenti all’organizzazione.

Sono indicati come morti evitabili quei decessi che avvengono in determinate età e per cause che potrebbero essere attivamente contrastate con interventi di prevenzione primaria, diagnosi precoce e terapia, igiene e assistenza sanitaria. La World Health Organization ha tradizionalmente classificato le morti secondo il tipo primario di malattie o lesioni, tuttavia, le cause di morte possono essere classificate anche in termini di fattori di rischio prevenibili, come fumo, dieta scorretta, e comportamento sessuale a rischio, che contribuiscono a una serie di malattie diverse; questi fattori di rischio, di solito non vengono registrati direttamente sui certificati di morte.    In Italia utilizza questo indicatore il Progetto SENTIERI (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio di Inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che nasce nel 2006, grazie ad un’attività di promozione e ad un finanziamento del Ministero della Salute.      Dal 2012 il Progetto SENTIERI è parte del SISTAN, Sistema Statistico Nazionale, rete di soggetti pubblici e privati che fornisce al Paese e ad organismi internazionali l’informazione statistica ufficiale.  La sua attività è stata integrata, dal 2013, per l’attività di studio condotta sui Siti contaminati, istituendo presso il Dipartimento Ambiente e Salute dell’ISS il Centro di Collaborazione OMS “Salute ambientale nei siti contaminati“.   Da tali rilevazioni emerge che sono ancora molto sottovalutati i rischi sia dell’inquinamento atmosferico che degli effetti dei siti contaminati sulla diffusione di alcune patologie che sarebbero riducibili.

Oltre ai siti contaminati, di sui si dirà tra poco, la modalità più semplice e diffusa di “attacco” ambientale all’organismo umano è dato dall’inquinamento atmosferico, al quale è sempre più difficile sottrarsi.   Non si tratta solo di sostanze che producono reazioni asmatiche e difficoltà respiratorie, come molti immaginano, ma di sostanze che producono danni anche ischemici, infarti, tumori, e molte altre patologie non respiratorie.   I composti organici volatili (COV), gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, gli ossidi di zolfo, il benzene, il piombo, e numerosi altri, creano ambienti con vario grado di tossicità e rischio.         La relazione tra smog e aumento dei casi di cancro, specie al polmone, è stata a lungo dibattuta perché era difficile da evidenziare.  Esiste però una relazione ben nota tra inquinamento e infiammazione dei polmoni che può in parte spiegare come lo smog possa favorire la comparsa di questo tipo di tumore.     Dieci anni fa, nel luglio 2013, la rivista Lancet Oncology pubblicò i risultati di uno studio molto ampio, condotto in 36 diversi centri europei, che ha coinvolto circa 300.000 persone tra i 43 e i 73 anni in nove Paesi, per oltre 13 anni.  I risultati dello studio hanno dimostrato la relazione tra aumento delle polveri sottili e numero di tumori del polmone, ciò indipendentemente da altri fattori come il fumo di sigaretta.  L’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha perciò classificato l’inquinamento atmosferico e le polveri sottili fra i carcinogeni umani di tipo 1[2].   Non solo, sono sempre più numerosi gli studi che mostrano un legame tra inquinamento atmosferico e aumento del rischio di tumori diversi da quello polmonare.    Secondo la Fondazione Veronesi, si devono anche allo smog un quarto delle vittime di ictus e di malattie cardiache.    L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella sua lista delle urgenze da affrontare ha posto l’inquinamento atmosferico quale minaccia per la salute delle persone, in tutto il mondo.      Un aumento delle malattie cardiovascolari e respiratorie è fra gli effetti più certi dell’aria inquinata. Nel tempo, l’esposizione alle polveri sottili è legata a ictus, infarti, ipertensione, scompenso cardiaco, fibrillazione atriale, tromboembolismo venoso.   Lo smog sembra anche influire sullo sviluppo dell’aterosclerosi.  L’inquinamento da traffico produce noti effetti immediati sugli asmatici, è considerato la causa del 14 per cento dei casi di asma e si è visto che, a Milano, ai picchi di smog corrispondono picchi nei consumi di farmaci anti-asma.   Una diversa ricerca ha mostrato che le infezioni delle vie respiratorie sono più frequenti nei bambini che vivono nei pressi di strade molto trafficate e che l’inquinamento atmosferico è concausa del 29 per cento dei decessi per tumore al polmone.

Secondo uno studio danese dell’Università di Copenaghen, vi sono motivi per ritenere che anche il tumore del seno sia associabile agli ossidi di azoto (prodotti principalmente dalla combustione). Un recente studio italiano (condotto da CNR e Università di Bologna e Bari) ha considerato invece 35 fonti ambientali di inquinamento (ad esempio industrie, pesticidi, inceneritori, traffico automobilistico, ecc.), rilevando che tra queste la qualità dell’aria è al primo posto per importanza per quanto riguarda l’associazione col tasso medio di mortalità per cancro. Seguono la presenza di siti da bonificare, le aree urbane, la densità dei veicoli a motore e i pesticidi.

Pure molto rilevante il tema dei siti altamente inquinati.   I siti potenzialmente contaminati in attesa di bonifica in Italia sono 12.482, di questi 58 sono definiti come gravemente inquinati e a elevato rischio sanitario (SIN).   Il Ministero dell’Ambiente ha la competenza su 41, mentre i restanti 17 sono in carico alle Regioni.     Per quanto riguarda i 41 che fanno capo al Ministero, secondo i dati ISPRA 2018, questi hanno una superficie complessiva pari a 171.268 ettari e rappresenta lo 0,57% della superficie del territorio italiano, e l’estensione complessiva delle aree a mare ricomprese nei SIN è pari a 77.733 ettari.        Per quanto riguarda lo stato delle bonifiche, sempre secondo i dati l’ISPRA, per 35 SIN (ad eccezione di 4 SIN con contaminazione prevalente da amianto e dei SIN Bacino del Fiume Sacco e Officina Grande Riparazione ETR di Bologna), la caratterizzazione è stata eseguita ad oggi in oltre il 60% della superficie sia per i suoli che per le acque sotterranee, gli interventi di bonifica/messa in sicurezza sono stati approvati con decreto in più del 12% delle superfici (17% nel caso delle acque sotterranee) e il procedimento si è concluso nel 15% della superficie complessiva per i suoli e nel 12% per le acque sotterranee.     In Italia si contano ogni anno circa 400.000 nuovi casi di tumori maligni, con una media annuale di decessi per tumore, secondo i Registri oncologici italiani, di circa tre morti ogni mille persone. L’analisi realizzata dagli studiosi ha mostrato, su scala nazionale e regionale, la rilevanza dell’ambiente rispetto ad altri fattori socioeconomici e allo stile di vita sull’insorgenza dei tumori. Inoltre, è stato possibile determinare quali potenziali fonti di inquinamento potrebbero causare un eccesso di mortalità per cancro rispetto alla media nazionale, fornendo anche un focus sui fattori ambientali che sono per lo più associati a specifici tipi di cancro.  Secondo il Prof. Cazzolla Gatti, dell’Università di Bologna: “La mortalità per tumore supera la media nazionale soprattutto dove l’inquinamento ambientale è più elevato[3].        Le zone con i siti noti più pericolosi d’Italia si concentrano nel Nord Ovest (in Piemonte, con 5 aree ad altissimo rischio), nella fascia costiera Toscana tirrenica (4 zone a rischio), in Campania (5 zone a rischio, quasi tutte attorno Napoli), in Puglia (4 zone a rischio), nella Sicilia Orientale (4 zone a rischio).  Lombardia, Lazio e Sardegna hanno 2 zone a rischio ciascuna.  Minore densità di siti rischio si riscontra nelle altre regioni, ricordando però che la Lombardia somma ai siti la negativa presenza di molti diffusi inquinanti ambientali e atmosferici.   Ad essi probabilmente dovrebbero sommarsi le discariche abusive ed irregolari non ancora censite.     C’è quindi ancora molto da fare per ridurre la mortalità evitabile.

[1] Mackenback J.P., Hoffmann R., Khoshaba B. “Using ‘amenable mortality’ as an indicator of healthcare effectiveness in international comparisons: results of a validation study”, in Journal of Epidemiology and Community Health. 2013; 67(2): 139–146

[2] Questa categoria viene utilizzata quando c’è sufficiente evidenza di cancerogenicità nell’uomo

[3] Studio pubblicato sulla rivista Science of the Total Environment con il titolo “The spatial association between envirnonmental pollution and long-term cancer mortality in Italy”.

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