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Immigrati e Cittadinanza – Migrants and citizenship

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di emigrazione e di matrimoni

Immigrati e Cittadinanza

Non sempre l’emigrato decide di lasciare il paese di nascita per un altro paese, spesso in continenti lontani, per i motivi che ormai sono diventati luoghi comuni quando parliamo degli italiani all’estero, legati a costruire una vita nuova.

Un recente scambio con un amico tramite Facebook ha suscitato il tema degli immigrati e la cittadinanza nel nuovo paese di residenza. Infatti, leggendo e partecipando in scambi su pagine dedicate agli italiani all’estero in vari paesi nel corso del tempo, il tema della cittadinanza del nuovo paese è regolarmente nominato, spesso per motivi politici, però non c’è dubbio che è un tema importante, perché la cittadinanza è vista da molti come la prova della decisione definitiva dell’emigrato di rimanere nel nuovo paese.

Questo è un tema che tocca anche i figli degli immigrati nati in quei paesi perché, con la legge italiana di ius sanguinis, cioè dare cittadinanza per diritto di sangue invece che luogo di nascita, la cittadinanza ha aspetti a volte inattesi per gli immigrati.

In questo articolo vogliamo trattare la cittadinanza dal punto di vista del nuovo immigrato e per il futuro, come già in passato, tratteremo la cittadinanza per quel che riguarda non solo i figli, ma nel caso della legge italiana, anche discendenti di immigrati italiani ben oltre i nipotini degli immigrati stessi.

Nel trattare questo tema dobbiamo anche ricordarci che questo discorso vale anche per gli immigrati che ora sono in Italia e quelli che vogliono venire qui nel futuro. Questo è un tema che tende a riscaldare gli animi perché tocca profondamente i sentimenti personali di cittadini nati e cresciuti nel paese, ma molti di loro non capiscono, tantomeno hanno dovuto affrontare direttamente cosa vuol dire cambiare paese per costruire una vita nuova.

Decisione

Non sempre l’emigrato decide di lasciare il paese di nascita per un altro paese, spesso in continenti lontani, per i motivi che ormai sono diventati luoghi comuni quando parliamo degli italiani all’estero, legati a costruire una vita nuova.

Certo la grande maggioranza di chi parte cerca quel che non ha trovato in Italia, ma non possiamo negare che ci siano molti motivi per arrivare a questa decisione, alcuni leciti, alcuni illeciti ed alcuni certamente anche se leciti, non sempre etici.

L’impressione di molti è che tutti partono per un altro paese per sempre, però, basta girare molti paesini sparsi nel Bel Paese, e non solo nelle regioni meridionali, per vedere case costruite da immigrati con l’intenzione eventualmente di tornare a casa. Allora, già con questo capiamo che non tutti vogliono partire permanentemente dalla terra natìa.

Allora in molti casi questi emigrati non si pongono la domanda di prendere o no la cittadinanza del paese. Per loro la vita all’estero è una fase passeggera, anche se dura pochi anni oppure due o tre decenni.  Alcuni poi vengono “dirottati” quando i figli inevitabilmente cominciano ad avere storie d’amore con ragazzi locali, a volte italiani e a volte no, e l’immigrato può scoprire che il sogno del ritorno in Patria diventa una chimera, soprattutto quando cominciano ad arrivare i nipotini.

Nel frattempo, questi emigrati senza cittadinanza locale continuano a lavorare, molti a creare imprese per conto proprio, pagano le tasse, cominciano ad impiegare persone, siano parenti e/o altri italiani, oppure di altre cittadinanze. Questi immigrati in effetti hanno dato contributi importanti ai loro nuovi paesi di residenza.

In molti casi nessuno nota che all’uomo o donna d’affari e successo manca il documento di naturalizzazione del paese nuovo. L’importante è che con il loro lavoro e il loro talento hanno creato una vita nel paese nuovo, e non avere il certificato con bollo e stemma non toglie merito alla grandezza delle loro imprese.

Però, ci sono altri italiani che sono partiti per l’estero con intenzione di non tornarci, ma che, per motivi vari, decidono di non sancire questo trasferimento con la cittadinanza, per motivi legati ad altri aspetti che ora molti di noi abbiamo dimenticato.

Altri motivi

Indubbiamente le generazioni di emigrati italiani dopo le due guerre mondiali erano composte principalmente da reduci dei conflitti e per loro la decisione di prendere o no la cittadinanza del paese nuovo era legata soprattutto alle esperienze personali di ciascun individuo. Nel corso degli anni ho conosciuto diversi reduci che hanno deciso di non prendere la cittadinanza australiana proprio per questi motivi. I casi si dividevano in due categorie.

Il primo caso, la domanda di cittadinanza in Australia fino a due decenni fa comprendeva una rinuncia esplicita della cittadinanza originale. Nel caso di ex-soldati italiani che avevano combattuto sotto la bandiera era una decisione dolorosa, e molti non hanno potuto rinnegare le loro azioni nel passato. Per gli ex-soldati italiani della seconda guerra mondiale questa decisione era ancora più difficile perché molti di loro avevano combattuto proprio contro i loro nuovi compatrioti.  E questo aspetto toccava tutti gli ex combattenti emigrati in ex paesi nemici bellici.

Nel caso dell’Australia, la procedura di cambio di cittadinanza non comprende più la rinuncia della cittadinanza precedente, e quindi molti di coloro che non avevano preso la cittadinanza australiana l’hanno fatto con molta piacere.

Però, il secondo caso riguarda proprio questa generazione di ex soldati italiani della seconda guerra mondiale e per motivi legati anche alla politica italiana e un aspetto del sistema politica dell’Australia e anche altri paesi del Commonwealth britannico. Per quella generazione italiana un aspetto specifico ha fatto si che alcuni italiani non abbiano preso la cittadinanza australiana e abbiamo il forte sospetto anche in altri paesi.

La decisione più controversa di quella generazione in Italia immediatamente dopo la guerra era divisa tra il mantenere la monarchia dei Savoia, oppure di formare un Repubblica nuova. Inoltre, molti soldati italiani non hanno visto di buon occhio (sic) il comportamento della casa reale durante il Ventennio. Quindi molti  hanno votato per la Repubblica.

Perciò, come mi hanno detto diverse ex soldati, quando hanno capito che la procedura di cittadinanza in Australia comprendeva non solo giurare al paese, ma anche alla Regina del paese, che poi è anche quella d’Inghilterra, hanno deciso di non compiere questo passo per tenere fede alle loro convinzioni. Senza dubbio, italiani in altri paesi ex-colonie britanniche hanno dovuto affrontare questa stessa decisione.

Identità

Non per questo loro si sentono meno “australiani” di coloro che hanno preso la cittadinanza, e nemmeno più “italiani”. In ogni caso, i nostri parenti e amici all’estero hanno dato contributi fondamentali ai loro nuovi paesi  di residenza, come anche molti delle generazioni post belliche hanno dato contributi essenziali all’Italia e alle loro famiglie rimaste a casa. Un dettaglio non indifferente del nostro passato che tristemente molti hanno dimenticato, oppure, peggio ancora, non hanno mai imparato a scuola.

Questi uomini e donne hanno lavorato duro, hanno pagato le tasse, hanno cresciuto i figli, hanno visto i nipotini e il fatto di non avere il certificato di naturalizzazione non smentisce queste opere.

L’identità dell’individuo comprende molte cose, anche per chi non lascia mai il proprio paese di nascita. Per gli immigrati e, un aspetto che molti non sanno oppure come abbiamo visto in uno scambio recente non vogliono riconoscere, anche per i figli e i discendenti degli immigrati, l’identità personale comprende anche il passato che viene da lontano, dal paese di nascita dei genitori, nonni o bisnonni.

Per alcuni, come chi scrive, sapere d’essere cittadino italiano ha permesso di ottenere il passaporto italiano come prova concreta di quel che sapeva e che molti, sia italiani che australiani, negavano, la propria identità, come l’identità dei discendenti di immigrati, comprende anche le usanze e le tradizioni che hanno come luogo d’origine il paese a forma di stivale.

Ma dobbiamo anche riconoscere che per molti immigrati, la decisone di prendere o no la cittadinanza del nuovo paese non è sempre scontata e a volte comprende decisioni personali davvero difficili da capire per chi non ci è passato.

Non critichiamo loro, non è affatto il nostro compito, ma chiediamo a coloro che criticano altri per aver preso o no questa decisione, di capire che non sempre le motivazioni di altri sono chiare, e che cambiare cittadinanza vuol dire fare scelte dolorose per cui la decisione finale non sempre è scontata.

di emigrazione e di matrimoni

Migrants and citizenship

The migrant does not always leave the country of birth for another country, often in far away continents, for reasons that have now become clichés when we talk about Italians overseas connected to starting a new life.

A recent discussion with a friend on Facebook raised the issue of migrants and citizenship in the new country of residence. In fact, reading and participating in discussions on pages dedicated to Italians overseas in various countries over time the theme of citizenship of the new country is not rarely mentioned, often for political reasons, however, there is no doubt that this is a major issue because many people see citizenship as proof of the migrant’s definitive decision to stay in the new country.

This is an issue that also touches the children of the migrants born overseas because, with the Italian citizenship law which gives citizenship by right of birth and not by place of birth, at times citizenship has unexpected aspects for migrants.

In this article we want to deal with citizenship from the point of view of the new migrant and in the future, as we have done in the past, we will deal with citizenship which concerns not only the children, but in the case of the Italian citizenship, also the descendants of Italian migrants well beyond the grandchildren of the migrants.

In dealing with this issue we must also remember that this discussion also applies to the migrants who are now in Italy and those who want to come here in the future. This issue tends to heat tempers of some because it profoundly touches the personal feelings of citizens born and raised in the country but many of them do not understand, let alone had to directly face, what it means to change countries to start a new life.

Decision

The migrant does not always leave the country of birth for another country, often in far away continents, for reasons that have now become clichés when we talk about Italians overseas connected to starting a new life.

Of course, the vast majority of those who leave look for what they could not find in Italy but we cannot deny that there are many reasons for making that decision, some legitimate, some illicit and some certainly legitimate but not always ethical.

The impression of many is that everybody leaves for another country forever however we only have to travel around many towns spread around Italy, and not only in the southern regions, to see houses built by migrants with the intention of eventually returning home. So this already lets us understand that not everybody wants to leave their land of birth permanently.

So in many cases these migrants do not ask themselves whether or not they will take up the country’s citizenship. For them life overseas is only a passing phase, even if it lasts a few years or two or three decades. Some are then “hijacked” when the children inevitably start love stories with local boys or girls, sometimes Italian and at times not, and the migrant can find that the dream of going back to the homeland has become an illusion, especially when the grandchildren start to arrive. 

In the mean time these migrants without local citizenship continue to work, many start their own businesses, pay taxes, start employing people, whether relatives and/or other Italians, or other citizenships. These migrants have indeed given major contributions to their new countries of residence.

In many cases, nobody notices that the successful businessman or woman does not have the new country’s naturalization document. The important thing is that with their work and their talents they have created a new life in their country and not having the certificate with the stamp and coat of arms takes nothing away from the greatness of their deeds.

However, there were other Italians who left for overseas with the intention of never going back but who, for various reasons, decided not to ratify this move with citizenship for reasons connected to other issues that many of us have forgotten.

Other reasons

Undoubtedly the generations of Italian migrants after the two world wars were made up mainly of veterans of the wars and for them the decision whether or not to take up citizenship of the new country was connected to the personal experiences of each individual.  Over the years I have met a number of veterans who decided not to take Australian citizenship for these very reasons. These cases are divided into two categories.

In the first category, the application for Australian citizenship up to a couple of decades ago included an explicit renunciation of the original citizenship. In the case of former Italian soldiers who had fought under the flag this renunciation was a painful decision and many could not renounce their past. For the former Italian soldiers of the Second World War this decision as even harder because many of them had fought against their new countrymen. And this issue also affected many former combatants who migrated to former enemy countries.

In the case of Australia, the procedure for change of citizenship no longer includes the renunciation of the former citizenship and therefore many of those who had not taken up Australian citizenship have now taken it with great pleasure.

However, the second category involves precisely the generation of former Italian soldiers of the Second World War, for reasons also tied to Italian politics and an aspect of the Australian political system and also that of other British Commonwealth countries. For that generation of Italians a specific issue ensured that some Italians did not take up Australian citizenship and we strongly suspect in other countries as well.

The most controversial decision of that generation in Italy immediately after the war was between keeping the monarchy of the Savoia family, or to form a new republic. Furthermore, many Italian soldiers did not look favourably (sic) on the behaviour of the royal family during the twenty years of the dictatorship. Hence, many voted for the Republic.

Therefore, as a number have told me, when they understood that the citizenship procedure in Australia included not only swearing an oath to the country but also to the country’s Queen, who is also the Queen of England, they decided not to carry out this step in order to keep faith with their convictions. Without a doubt Italians in other former British colonies had to face this same decision.

Identity

This does not mean they feel less “Australian” than those who took citizenship and not even more “Italian”. In any case, our relatives and friends overseas made major contributions to their new country of residence, just like the many of the post-war generations gave essential contributions to Italy and their families that stayed at home. This is a not insignificant detail of our past that sadly many have forgotten or, worse still, have never learnt at school.

These men and women worked hard, they paid taxes, they raised their children, they saw their grandchildren and the fact they did not have a naturalization certificate does not negate these deeds.

The identity of an individual includes many things, also for those who never left their country of birth. For migrants, and this is an aspect that many do not know and, as we saw in a recent discussion do not want to recognize, also for the children and the descendants of migrants, personal identity also includes the past that comes from far away, from the country of birth of their parents, grandparents or great grandparents.

For some, including for me, knowing I was Italian citizen let me obtain an Italian passport as solid proof of what I knew and that many Italians and Australians deny, my identity, like the identity of the descendants of migrants also includes the habits and traditions that had as their place of origin the country shaped like a boot.

But we must also recognize that for many migrants the decision whether or not to take up citizenship of the new country is not always taken for granted and at times involves really hard personal decisions that those who have not experienced them cannot understand.

We do not criticize them, this is not at all our task, but we ask those who criticize others for having taken or not having taken that decision to understand that the reasons of other people are not always clear and that changing citizenship means making painful choices for which the final decision is not always predictable.

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