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Depressione e inquinamento atmosferico

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Tra le ricerche recenti è uno studio realizzato dall’Università della California che, analizzando i dati di 340.000 partecipanti, ha trovato un’associazione tra il respirare alti livelli di smog in gravidanza e dopo il parto e un rischio aumentato di sviluppare depressione nelle neomamme.

 di Antonio Virgili  

Vice Presidente Sezione di Napoli e Provincia di ISDE Italia – Medici per l’ambiente

e Vice Presidente Lidu onlus Odv

Nelle aree più urbanizzate del mondo ci si sta cominciando ad interrogare sempre più spesso circa l’impatto che i principali inquinanti atmosferici possano determinare per la salute umana. Le ricerche epidemiologiche non sono ancora geograficamente molto estese e vi sono alcune difficoltà metodologiche e tecniche da superare per poter individuare con precisione le relazioni casuali dirette, ma il quesito è di sempre maggiore importanza considerato che più di metà della popolazione mondiale vive oramai in aree urbane. Mentre le ricerche sulla cancerogenicità e sulle malattie respiratorie hanno già dato molti risultati e riscontri, più recente è l’area di ricerca delle neuroscienze che stanno indagando circa possibili effetti di interferenza e danno al funzionamento neuronale, cerebrale e comportamentale. Sono oramai abbastanza numerosi, e provenienti da diversi Paesi, gli studi che, ad esempio, individuano tra le cause di alcune forme depressive la presenza di sostanze inquinanti atmosferiche.

Tra le ricerche recenti è uno studio realizzato dall’Università della California che, analizzando i dati di 340.000 partecipanti, ha trovato un’associazione tra il respirare alti livelli di smog in gravidanza e dopo il parto e un rischio aumentato di sviluppare depressione nelle neomamme (ricerca pubblicata in JAMA Network Open).  Il gruppo di ricerca ha rilevato che in particolare l’esposizione all’ozono inquinante e al particolato atmosferico, quando avvengono prima e dopo il parto, è associata a livelli più elevati di rischio di contrarre la depressione post partum.   Il particolato atmosferico (come il PM10 e il PM2,5), che è il principale inquinante nelle aree urbane, è una miscela formata da particelle solide e liquide, derivate dai processi di combustione, di usura dell’asfalto, ma anche da fonti naturali, sospese in atmosfera. L’ozono troposferico (O3) è un inquinante secondario che si forma per la reazione di alcuni inquinanti con la radiazione solare; mentre il biossido di azoto (NO2) è un gas molto irritante per l’apparato respiratorio che deriva dai processi di combustione e dalla produzione di fertilizzanti azotati.

La depressione post partum è una delle più frequenti complicanze che possano verificarsi dopo la nascita e colpisce dal 10 al 20 per cento delle neo-madri. Si manifesta con tristezza estrema, sbalzi di umore, mancanza di appetito, ansia e attacchi di panico, senso di inadeguatezza e senso di colpa verso il bambino, preoccupazione eccessiva o mancanza di interesse nei suoi confronti, e interferisce con la capacità delle donne di prendersi cura di sé stesse e del neonato.   Anche se quello studio evidenzia delle associazioni, e non una precisa relazione di causa-effetto tra la presenza di inquinanti nell’aria inalata dalle future madri e il rischio di sviluppare depressione dopo il parto, il legame tra i due fattori è coerente con quanto dimostrato in altri studi e in ricerche in corso in vari Paesi. Infatti, l’inquinamento atmosferico contribuisce all’insorgere di disturbi neuropsicologici e aggrava la salute mentale: tra le possibili spiegazioni di ciò ci sono l’infiammazione cronica, lo stress ossidativo e alcune disfunzioni neuroendocrine (cioè del sistema fisiologico che riguarda la secrezione di ormoni da parte di cellule del sistema nervoso) provocati dalle sostanze respirate. Sebbene un altro studio statunitense, del 2019, sia particolarmente cauto, affermando che i risultati mostrano una associazione moderata tra l’inquinamento atmosferico da traffico automobilistico, aumento del cortisolo e alterazioni di umore, gli stessi ricercatori specificano però che si richiedono sicuramente altri studi per meglio esplorare gli effetti nel medio e lungo periodo.

Maggiori certezze sono presenti in uno studio realizzato in Germania e pubblicato nel 2020, ove si conclude che: “l’esposizione all’inquinamento atmosferico è associata alla diagnosi di depressione e ai sintomi depressivi nelle donne anziane. Le donne con problemi cognitivi possono essere maggiormente a rischio di sintomi depressivi se esposte all’inquinamento atmosferico” (in Environment International, 2020).   Ancora più espliciti i ricercatori cinesi che, in due studi realizzati in Cina e pubblicati nel 2020 e nel 2022 (entrambi in Environmental Research), affermano che l’esposizione a PM10, CO, NO2 e SO2 durante la gravidanza è associata ad un aumento del rischio di sviluppare depressione a 6 settimane dal parto. Essi concludono sottolineando che “I nostri risultati rivelano l’importanza del controllo dell’inquinamento atmosferico per prevenire i disturbi di salute mentale materna tra il pubblico”.

E aggiungono che “L’aumento a breve termine delle concentrazioni di PM2,5, PM10, NO2, SO2 e O3 era significativamente associato con l’esacerbazione dei disturbi mentali in Cina, come indicato dall’aumento delle visite ambulatoriali in ospedale. Il NO2 produce una minaccia per la salute più grave rispetto ad altri inquinanti in termini di disturbi mentali. I nostri risultati suggeriscono fortemente la necessità di norme più severe sul controllo delle emissioni per proteggere la salute mentale dall’inquinamento atmosferico”.  In ciò il gruppo di ricerca cinese concorda con uno studio del 2019 realizzato in Canada nel quale si afferma che: “I risultati dimostrano che tra i primi effetti dell’inquinamento si include la segnalazione dipendente dall’ormone dello stress. Sia come ozono che come particolato, la sostanza attiva l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e livelli elevati di glucocorticoidi sono implicati nella patologie cerebrali, gli ormoni dello stress potrebbero quindi contribuire all’impatto sul sistema nervoso centrale degli inquinanti atmosferici” (in Environmental Research, 2019).

Una ulteriore più recente ricerca dell’Università della California, in base ai risultati raccolti suggerisce che la gravidanza può essere una fase personale critica di maggiore sensibilità all’esposizione a PM2,5 che aumenta il rischio di depressione e induce l’attivazione dell’asse HPA, evidenziato in una maggiore concentrazione complessiva di cortisolo. Sono comunque necessarie ulteriori ricerche per identificare e approfondire i meccanismi alla base degli effetti del particolato, soprattutto quelli potenziali di metilazione dei geni trasportatori dei glucocorticoidi o della serotonina che possono provocare cambiamenti sia nella depressione che nel deprimere il sistema di risposta allo stress.  Sia le politiche di regolamentazione che gli interventi per ridurre l’esposizione all’inquinamento potrebbero diminuire la vulnerabilità delle donne agli elevati ormoni dello stress e alla depressione durante la gravidanza.

Tali interventi hanno implicazioni per prevenire inutili sofferenze delle donne e diminuire gli effetti negativi, alla nascita, associati sia alla depressione che alla disregolazione del cortisolo durante la gravidanza. Inoltre, si sottolinea la necessità di valutazione della depressione all’inizio della gravidanza qualora si sia in aree note per il livello elevato di inquinamento, ciò per prevenire un’ulteriore esacerbazione degli effetti negativi sull’umore perinatale.  In concomitanza con interventi amministrativi e politici per la risoluzione dei problemi connessi ad elevati livelli di inquinamento atmosferico di alcune aree, gli sforzi clinici potranno aiutare a identificare con precisione i meccanismi individuali e quelli generali. I ricercatori, infine, suggeriscono che lo screening prenatale per l’inquinamento potrebbe migliorare l’identificazione più precisa del rischio di depressione, che non è ancora evidente nelle rilevazioni abituali della depressione stessa e indicare raccomandazioni pratiche per mitigare la depressione, le disregolazioni di alcuni ormoni e la salute collettiva.

In sintesi, oltre una decina di studi, realizzati in Paesi diversi e da gruppi di ricerca diversi, convergono nell’individuare delle conseguenze negative specifiche di tipo depressivo e disregolazioni ormonali causate da sostanze tipiche dell’inquinamento atmosferico nelle aree urbane e nei centri industriali. Queste conseguenze si stanno manifestando anzitutto per quelle persone che si trovano in fasi della vita di maggiore esposizione e rischio, avendo rilevato tali manifestazioni in donne in gravidanza e post parto, in donne anziane o con problemi cognitivi.  Ma non è ancora noto se altri effetti stiano cumulandosi per altri gruppi della popolazione e nel medio-lungo periodo.   Dovrebbe però essere chiaro che certi fattori di rischio, come quelli evidenziati dagli studi di neuroscienze, possono essere prevenuti. Interventi sugli inquinanti atmosferici potrebbero avere, tra le altre cose, ricadute positive a breve termine sulla salute delle neomamme e dei loro bambini.

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