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Celebrazioni parallele a Londra e Roma per il Commonwealth Day 2025

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In Italia l’evento si è svolto presso Palazzo Valentini, sede della Città Metropolitana di Roma Capitale.

di Laura Marà

Il Commonwealth Day 2025 è stato celebrato con grande solennità sia a Londra che a Roma, con eventi che hanno sottolineato il valore e la rilevanza di questa storica organizzazione internazionale. A Londra, la cerimonia ufficiale ha visto la partecipazione della famiglia reale britannica e del primo ministro Keir Starmer.

Durante la cerimonia, Re Carlo III ha esortato alla coesione tra i 56 Paesi membri del Commonwealth, sottolineando l’importanza di mantenere l’unità in un periodo di profondi mutamenti geopolitici e globali. Il monarca ha ribadito come il Commonwealth possa continuare a essere una forza fondamentale nel promuovere pace, sviluppo e comprensione reciproca tra le nazioni, pur mantenendo una consapevolezza delle diversità tra i suoi membri.

In Italia, l’evento si è svolto presso Palazzo Valentini, sede della Città Metropolitana di Roma Capitale. L’incontro ha avuto come tema centrale il rafforzamento delle relazioni tra il Commonwealth e la Santa Sede, con particolare attenzione alle iniziative congiunte nei settori umanitario, culturale e diplomatico.

La giornata ha visto interventi significativi da parte di figure rilevanti, tra cui Mariano Angelucci, presidente Commissione Turismo, Moda e Relazioni Internazionali di Roma Capitale nonché Consigliere Metropolitano ed Edward L. Mura, presidente del Commonwealth Club di Roma, che ha sottolineato l’importanza di mantenere uniti i membri nonostante le differenze culturali, sociali ed economiche tra i Paesi.

Mura ha evidenziato come l’organizzazione possa fungere da piattaforma globale per affrontare le sfide più urgenti del nostro tempo, tra cui il cambiamento climatico, le disuguaglianze economiche e le crisi migratorie.

Il suo intervento ha messo in luce la necessità di intensificare la cooperazione tra i membri in settori cruciali come l’istruzione, la tecnologia, la diplomazia e la difesa dei diritti umani.

Nel corso dell’incontro, la moderazione del dibattito è stata affidata a Gianni Lattanzio, segretario generale dell’Istituto per la Cooperazione con i Paesi esteri, che ha svolto un ruolo fondamentale nel garantire un confronto equilibrato e produttivo tra i partecipanti.

L’evento ha visto la partecipazione di numerose personalità di spicco, tra cui in prima fila Edward Llewellin, Ambasciatore del Regno Unito in Italia, Kondolo Patricia, ambasciatrice dello Zambia e  gli ambasciatori del Kenya, Fredrick Matwang’a, e dell’India, Rajesh Vaishnaw, i quali hanno arricchito il dibattito con il loro contributo sul rafforzamento dei legami tra il Commonwealth e la Santa Sede, mettendo in evidenza l’importanza della cooperazione internazionale e del dialogo interreligioso.

Inoltre, l’ambasciatore Frazier, rappresentante permanente per Malta ed ex ambasciatore maltese in Italia, si è collegato in video da New York per condividere la sua esperienza come rappresentante di un Paese del Commonwealth che presiede il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il giornalista Mimmo Muolo ha partecipato all’incontro offrendo una riflessione approfondita sul ruolo storico del Commonwealth e sul legame con la Chiesa cattolica. Il suo intervento si è concentrato sull’importanza ecumenica, partendo da un evento simbolico del passato, quello del 18 gennaio 2000, quando in occasione del Grande Giubileo, venne aperta la Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le Mura.

Questo evento ecumenico di grande rilevanza vide la partecipazione non solo di Papa Giovanni Paolo II, ma anche del primate anglicano George Carey e del metropolita ortodosso Atanasio, un momento che segnò un passo importante verso la riconciliazione tra le Chiese cristiane.

Muolo ha sottolineato come quell’apertura della porta, simbolo di unità, rappresentasse una pietra miliare nel cammino di dialogo ecumenico, in particolare tra la Chiesa cattolica e la Comunione anglicana. Ha ricordato come la cooperazione tra il Vaticano e Canterbury sia frutto dell’impegno iniziato nel 1966, quando Papa Paolo VI e l’arcivescovo anglicano Michael Ramsey espressero la volontà di avviare un dialogo fondato sui Vangeli e sulle tradizioni cristiane comuni.

Secondo Muolo il Giubileo del 2000 rappresenta un esempio tangibile dell’impegno ecumenico della Chiesa cattolica, un cammino che, seppur segnato da momenti difficili, ha permesso di rafforzare i legami tra le varie Chiese cristiane. In particolare, il giornalista ha evidenziato come la partecipazione di rappresentanti di diverse confessioni cristiane a eventi come quello della Porta Santa sia un simbolo di speranza per il futuro delle relazioni interreligiose.

Preziosa anche la partecipazione di Matteo Luigi Napolitano, docente di Storia delle relazioni internazionali presso l’Università del Molise che ha ricordato l’incontro tra Winston Churchill e Papa Pio XII nel 1944, subito dopo la liberazione di Roma, definendolo un evento di cruciale rilevanza.  Oggi, secondo Napolitano, il mondo affronta nuove crisi, come quelle in Ucraina, Medio Oriente, Africa e Asia. In questo contesto, il Commonwealth e il Vaticano, grazie ai loro legami con molti dei paesi coinvolti, possono svolgere un ruolo determinante. Il Regno Unito e il Canada, membri chiave del Commonwealth, supportano l’Ucraina, mentre la Santa Sede ha tentato una mediazione inviando il Cardinale Zuppi a Mosca e Kiev. Una cooperazione più stretta tra queste due realtà potrebbe portare a iniziative umanitarie congiunte e a una mediazione diplomatica efficace.

Napolitano ha infine evidenziato la rilevanza delle relazioni tra Italia e Commonwealth, che spaziano dalla cooperazione politica ed economica a quella culturale e scientifica. Grazie ad accordi bilaterali e alla partecipazione congiunta a organizzazioni internazionali come l’ONU, il G7 e la NATO, questa collaborazione si estende anche ai settori della transizione ecologica, della sanità e della ricerca scientifica.

Le celebrazioni parallele di Londra e Roma per il Commonwealth Day 2025 hanno dimostrato come questa organizzazione, pur nella sua diversità, continui a essere un ponte di dialogo e cooperazione tra nazioni, culture e religioni. Dai discorsi solenni pronunciati a Londra, che hanno invocato unità e impegno comune, agli incontri di Roma, che hanno messo in luce il valore della collaborazione internazionale e del dialogo interreligioso, emerge un messaggio chiaro: il futuro del Commonwealth risiede nella capacità di affrontare insieme le sfide globali, valorizzando le differenze come una ricchezza e cercando sempre nuove vie per la comprensione reciproca.

In un mondo segnato da tensioni e divisioni, la volontà di rafforzare i legami tra i popoli attraverso iniziative culturali, diplomatiche e umanitarie è più che mai necessaria. Come l’apertura simbolica della Porta Santa durante il Giubileo del 2000, anche queste celebrazioni rappresentano un invito a varcare soglie di speranza, costruendo ponti di pace e solidarietà. È in questa visione condivisa che il Commonwealth trova la sua vera forza: un’unione capace di abbracciare le diversità, trasformandole in un motore per un futuro più giusto e armonioso.

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