Italiani nel Mondo
Vivere in due mondi destinati a sparire – Living in two worlds destined to disappear
Vivere in due mondi destinati a sparire
Qualche giorno fa una foto sui social mi ha fatto ricordare episodi del passato in Australia e Italia che una volta erano normali, ma che, nel nostro mondo moderno fatto di convenienze, stanno sparendo dalla nostra esistenza.
Quando cresciamo ci rendiamo conto che il passare degli anni è più crudele di quel che spesso pensiamo. Da giovani pensiamo che quel che ci circonda sia eterno ma la vita non ci da questa grazia. Con il passare degli anni pezzi della nostra esistenza spariscono man mano che i nostri cari partono per un’altra vita e un giorno ci troviamo a cercare di riprodurre episodi del nostro passato legati ai nostri genitori e nonni.
Ci sono gusti che pensiamo di ricordare, però, quando cerchiamo di riprodurli anni dopo capiamo troppo tardi che dovevamo fare più attenzione a quel che facevano gli adulti, e quel giorno capisci che non sentirai più quei gusti in questa vita.
Qualche giorno fa una foto sui social mi ha fatto ricordare episodi del passato in Australia e Italia che una volta erano normali, ma che, nel nostro mondo moderno fatto di convenienze, stanno sparendo dalla nostra esistenza.
Attività in garage
Come la maggior parte degli italiani in Australia, in generale i miei genitori rispettavano la legge. Però, almeno una volta all’anno eludevano una legge, come molti nostri amici, e c’erano altri amici che ne eludevano un’altra.
Il primo caso è la stagione del vino e alcuni di loro ancora fanno il vino che bevono religiosamente a tavola, sia in famiglia che quando vengono ospiti a cena. Questo era il primo di due periodi importanti per la nostra vita da famiglia italiana in Australia e come noi quasi tutti i nostri amici e conoscenti.
Un weekend all’anno era dedicato a prendere l’uva, a volte raccolta da noi tutti, poi si seguivano tutte le procedure in garage e la casa veniva riempita dal profumo del mosto fresco. Mia madre poi prendeva una o due pentolate del mosto fresco per ridurlo e creare il mosto cotto che era l’ingrediente più importante di alcuni suoi dolci, soprattutto quelli natalizi.
La produzione del vino per uso domestico non era contro la legge australiana, ma la produzione di grappa si e questa la facevano sempre i nostri amici e vicini di casa veneti che persino ci chiedevano la nostra vinaccia per produrre la loro grappa in tale quantità che ne vendevano una parte. In compenso loro ce ne davano un paio di bottiglie per il nostro contributo alla loro produzione.
Solo anni dopo ho capito che questo non era permesso dalla legge, ma per quanto poteva sembrare banale la nostra seconda tradizione è un’infrazione ancora più seria della legge australiana.
Spezie
A maggio facevamo il maiale che ci impegnava per una settimana intera e questa tradizione scombussolava la nostra casa ancora di più di quella del vino, a partire dall’odore della carne e degli insaccati appesi che mio fratello Tony odiava. In casa nostra questa settimana iniziava con mamma che arrostiva e macinava le spezie utilizzate per condire le salsicce secondo le usanze del suo paese d’origine, i semi di coriandolo e finocchio, e naturalmente il peperoncino piccante, riempendo la casa di profumi che anticipano il gusto delle salsicce.
Il ricordo più forte è della sera prima di riempire le salsicce quando lei mescolava la carne e le spezie. Friggeva in padella un po’ della miscela per farcela assaggiare affinché non otteneva il gusto giusto. Questo è uno dei gusti persi della mia vita.
Negli anni sessanta, settanta e ottanta se facevi un giro nelle zone degli italiani in tutte le città australiane nei mesi di maggio/giugno e vedevi più di una macchina davanti a una casa, potevi essere sicuro che in quella casa facevano il maiale. Ogni famiglia aveva la sua specialità, chi la soppressata, chi il capocollo e così via. Era un’usanza severamente proibita dalla legge, ma questo non ci impediva di seguirla ogni anno.
Anche in questo i nostri vicini veneti ci mettevano il loro tocco imprenditoriale. Loro, insieme ai cognati facevano almeno tre o quattro maiali, a volte di più per vendere una parte della produzione per poter coprire il costo di quel che loro tenevano per uso domestico. A mia madre andava bene perché lei prendeva il sangue dei loro maiali per fare il sanguinaccio in più modi e aggiungere a ciò che aveva già fatto.
In alcuni casi queste tradizioni sono state l’inizio di imprese importanti di insaccati e vini che ora esportano i loro prodotti. Però, non cambia il fatto che spesso non erano usanze permesse dalla legge.
Penso a questo quando sento parlare degli immigrati ora in Italia e i commenti di alcuni sul fatto che mantengono le loro tradizioni e che alcuni macellano agnelli e capre in casa. Confesso che anche noi abbiamo macellato capretti in casa ed era il motivo per cui per anni non ho più mangiato carne di capretto, almeno volontariamente, fino al giorno che scoprii che la carne che mangiavo con tanto gusto non era agnello come pensavo, ma il capretto e non avevo più motivo di rifiutarlo.
In casa gli immigrati parlano le loro lingue, come i nostri italiani all’estero. Perciò dobbiamo capire che gli immigrati vivono in due mondi.
Lingue
Infatti, fino alla loro morte non ho mai parlato in inglese con i miei genitori, ma esclusivamente in italiano ed è giusto che sia così. Non solo in casa, ma anche fuori casa, persino sui mezzi pubblici con mia madre quando andavamo a fare la spesa, malgrado qualche sguardo storto da parte di altri passeggeri e di tanto in tanto un commento che dovevamo parlare inglese in Australia. Commenti ai quali facevo sempre orecchio da mercante.
Lo stesso vale per i nostri doveri religiosi che seguivamo con messe in italiano, di solito celebrate da preti italiani o maltesi dai francescani o gli scalabriniani. Poi, oltre ai doveri domenicali andavamo spesso a feste religiose italiane, quasi sempre dedicate a una delle Madonne onorate da comunità particolari, come quella di Montevergine o del Carmine particolarmente seguite dalla forte comunità campana ad Adelaide.
Le tradizioni e la lingua sono quel che ci identificano e non sarebbe giusto dire ad emigranti di abbandonarle. Infatti, trovo strano come molti di quelli in Italia che parlano bene di come gli italiani all’estero abbiano mantenuto le loro tradizioni italiane, siano gli stessi che insistono che gli immigrati qui dovrebbero abbandonare le loro tradizioni.
Culture
L’integrazione non è semplicemente cambiare vestiti da un momento all’altro, come pretende l’assimilazione. L’integrazione è una strada a due sensi dove entrambi le parti devono rispettare le tradizioni dei loro vicini. In quei casi dove ci sono tradizioni chiaramente impossibili da accettare, come certe usanze africane che sono culturali, e non religiose come molti pensano, e che ora sono contestate persino nei paesi di origine, enti governativi devono lavorare con le varie comunità per trovare il modo di aiutarli con il cambio di usanze. Ma dove le tradizioni non rompono le leggi italiane dovremmo avere l’obbligo e la civiltà di rispettare le loro usanze, come loro hanno lo stesso obbligo nei nostri riguardi.
Non è sempre facile, ed ho conosciuto italiani che disprezzavano le usanze australiane, ma i benefici per il futuro del paese sono enormi, come vediamo nei paesi come l’Australia che hanno saputo integrare le varie comunità. Non lasciamo che alcuni critici creino discordia, come vediamo spesso, ma accettiamo i nostri vicini nuovi come la maggior parte degli australiani hanno accettato i nostri parenti e amici. Abbiamo solo da guadagnare e niente da perdere.
Però, c’è un altro aspetto di queste tradizioni che dobbiamo riconoscere: sono destinate a sparire. Come in Italia anche in Australia fare il maiale e il vino in casa sta diventando sempre più raro, con il passare delle generazioni anche le famiglie italiane all’estero perdono il contatto con il loro passato. Con la morte dei nonni immigrati si perde il contatto diretto con il paese d’origine e i discendenti che da giovani non avevano dato retta ai lavori dei genitori/nonni si rendono conto che i gusti di una volta semplicemente e tristemente non ci sono più.
Oggi se vai sulle pagine social degli italiani all’estero vedi richieste per ricette “originali” per piatti prediletti ricordati dall’infanzia, ma pochi capiscono che quei piatti ormai sono parte del passato e che dobbiamo realizzare una cultura moderna basata, si sul passato, ma che riflette anche i cambi naturali delle famiglie nel corso degli anni.
Anche per questo motivo è importante che documentiamo i cambiamenti delle nostre comunità perché fanno vedere che la nostra Cultura è viva e si sviluppa con ogni generazione, come deve fare qualsiasi Cultura vitale perché esiste solo una parola per definire una Cultura che non cambia, morta.
Se hai una storia delle tue tradizioni di famiglia, invia la tua storia a: gianni.pezzano@thedailycases.com
Living in two worlds destined to disappear
A few days ago photos from the social media made me remember episodes from the past that were once normal in Australia and Italy but which in our modern world of convenience are disappearing from our existence.
As we grow up we realize that the passage of time is much crueller than what we often think. When we are young we think that what surrounds us is eternal but life does not give us this grace. With the passing of the years pieces of our existence disappear as our loved ones leave for another life and one day we find ourselves trying to reproduce episodes of our past tied to our parents and grandparents.
These are tastes we think that we remember, however, when we try to reproduce them years later we understand too late that we should have paid more attention to what the adults did and that day you understand that you will never again taste those flavours in this life.
A few days ago photos from the social media made me remember episodes from the past that were once normal in Australia and Italy but which in our modern world of convenience are disappearing from our existence.
Activities in the garage
Like most Italians in Australia my parents generally respected the law. However, at least once a year they eluded the law, like many of our friends, and there were other friends who eluded another.
The first case was the wine season and some of us still make wine that are religiously drunk at the table, when we eat as a family and when we have guests for dinner. This was the first of two important periods in our lives as an Italian family in Australia and like us almost all our friends and acquaintances.
One weekend a year was dedicated to getting the grapes, sometimes picked by us, and then following the procedure in the garage with the house was filled with the aroma of the fresh must. My mother then took one or two pots of fresh must to reduce it into a syrup called “mosto cotto” that was the major ingredient of some sweets, especially at Christmas time.
The production of wine for family use was not against the law in Australia but the production of grappa was and our neighbours from the Veneto always made it and they even asked us for our pomace to produce grappa in such quantities that they sold a part. In return they gave us two bottles for our contribution to their production.
I understood only years later that the law did not allow this but as trivial as this may seem our second tradition was an even more serious infraction of Australian law.
Spices
In May “we made (butchered) the pig” that involved us for a whole week and this tradition upset our home even more than the wine, starting with the smell of the meat and the hanging sausages that my brother Tony hated. In our home this week began with Mamma who roasted and ground the spices according to her town’s tradition, coriander and fennel seeds and of course hot chillies which filled the house with the aroma that were the foretaste of the sausages.
The strongest memory is of the evening before stuffing the sausages when she mixed the meat and the spices. She would fry some of the mix for us all to taste until she reached the right flavour. This is one of the lost flavours of my life.
If you did the rounds of the Italian areas of Australian cities the sixties, seventies and eighties during the months of May/June and saw more than one car in front of a house you could be sure that they were butchering a pig in that house. Every family had its specialty, some with soppressata, some with capocollo and so forth. This custom was severely banned by the law but this did not stop us from following it every year.
And to this too our friends from the Veneto added their entrepreneurial touch. They, together with the in laws, butchered at least three or four animals, sometimes even more to sell part of the production in order to cover the costs of what they kept for domestic use. This was fine for my mother because she would take the blood of their pigs to make sanguinaccio (black pudding) in various ways to add to what she had already made.
In some cases these traditions were the start of major smallgoods and wine companies that now export their products. However, this does not change the fact that these activities were not allowed by the law.
I think about this whenever I hear people talking about the immigrants now in Italy and the comments some make about how they have kept their traditions and some butcher lambs and young goats at home. I confess that we too butchered young goats at home and this was the reason that I did not eat goat meat, at least voluntarily, until the day I discovered that the meat I had been eating with relish was not lamb as I thought but goat and I no longer had a reason to refuse it.
Immigrants speak their languages at home, like our Italians overseas. Therefore, we must understand that immigrants live in two worlds.
Languages
In fact, until they passed away I never spoke in English but only Italian with my parents and it is right that this is so. Not only at home but also outside the home and even on public transport with my mother when we went shopping despite some sour looks from other passengers and a comment from time to time that we should speak English in Australia, to which I turned a deaf ear.
This was also true of our religious obligations what we followed with Mass in Italian which was usually celebrated by Italian or Maltese priests of the Franciscans or the Scalabrinians. And then, in addition to the Sunday obligations we often went to Italian religious feasts, almost always dedicated to one of the Madonnas honoured by particular communities, such as Our Lady of Montevergine or the Carmine that were followed in particular by the large communities from the Campania region in Adelaide.
The traditions and language are what identify us and it would not be right to tell migrants to abandon them. In fact, I find it strange that many of those in Italy who speak well of how Italians overseas kept their Italian traditions are the same people who insist that the immigrants here should abandon their traditions.
Culture
Integration is not simply changing clothes from one moment to the next, as assimilation demands. Integration is a two-way road in which both sides must respect the traditions of their neighbours. In those cases in which there are traditions that are clearly impossible to accept, such as certain African customs that are cultural, and not religious as many think, and that are now disputed even in their countries of origin, government agencies must work with the various communities to find a way to help them change customs. But where traditions do not break Italian laws, we must have the obligation and the civility to respect their customs, as they have the same duty in our regards.
This is not always easy, and I have known Italians who despised Australian customs, but the benefits for our country’s future are enormous, as we see in countries such as Australia that knew how to integrate the various communities. We must not, as we often see, let some vocal critics create discord but let us accept our new neighbours like the majority of Australians accepted our relatives and friends. We can only gain and have nothing to lose.
However, there is another aspect of these traditions that we must recognize; they are destined to disappear. Just like in Italy, even in Australia butchering the pig and making wine at home is becoming increasingly rare and with the passing of the generations even Italian families overseas lost contact with their past. With the death of the immigrant grandparents the direct contact with the country of origin is lost and the descendants did not pay attention to their parents/grandparents’ work when they were young realize that the tastes of the past simply and sadly no longer exist.
Today, if you visit the social media pages of the Italians overseas you see requests for “original” recipes for favourite dishes remembered from childhood but few understand that those dishes are now part of the past and that we must create a modern culture that is based on the past but reflects the natural changes of families over the years.
Also for this reason it is important that we document the changes in our communities because they let us see that our Culture is alive and develops with every generation, just like any vital Culture must do because there is only one word to define a Culture that does not change, dead.
If you have a story you want to tell about your family’s traditions, send your story to: gianni.pezzano@thedailycases.com