Mondo
Violenza fuori controllo in Messico
Nella guerra tra Stato e narcotraffico decine di migliaia di persone assassinate, altre migliaia scompaiono nel nulla o in fosse comuni. Tra le vittime numerosi i politici.
di Vito Nicola Lacerenza
Negli ultimi dieci anni, in Messico, sono state assassinate 176.000 persone, di cui 29.168 solo nel 2017. In pratica vengono compiuti 20,5 omicidi ogni 100.000 abitanti, con una media di 80 al giorno. La violenza dilagante è diventata il tema principale dell’agenda dei candidati alle elezioni presidenziali, che si terranno tra due mesi. I vari esponenti politici sono impegnati in tour per la campagna elettorale, che spesso possono rivelarsi fatali. «Ci sono luoghi nel Paese dove coloro che comandano sono i delinquenti- ha detto il giornalista messicano José Reveles, esperto di narcotraffico- e non le autorità elette».
Da settembre del 2017, 90 politici, tra sindaci e deputati sono stati uccisi, il che ha spinto il Sistema Nazionale di Sicurezza a creare una “mappa del rischio”, ovvero una cartina, non resa pubblica, dove sono segnalati i comuni più pericolosi in ogni regione. Ad esempio, nello Stato messicano di Guerrero, dove sono stati assassinati 20 politici, 18 città sono state segnalate come “ad alto rischio”. Della mappa, ora, fanno uso i candidati alle prossime presidenziali, che prestano massima attenzione alla scelta delle località in cui tenere i comizi. Le ragioni individuate dagli esperti, per cercare di spiegare l’escalation di violenza in Messico, sono varie e di diversa natura, ma tutte riconducibili a tre cause fondamentali: l’alto tasso di povertà all’interno della società; la diffusa corruzione nelle istituzioni, specie giudiziarie e di polizia; e la scelta, compiuta dal governo, di far subentrare, alle forze dell’ordine, l’esercito, attraverso l’approvazione della legge di “sicurezza interna” del 2017. Dopo l’approvazione del regolamento, numerosi reparti dell’esercito hanno preso il controllo di ampie zone del territorio nazionale, svolgendo attività di pattuglia nelle città, affrontando le bande criminali, quasi sempre dotate di armi da guerra e auto blindate e distruggendo le piantagioni di amapola, una pianta da cui si ricava la pasta da oppio, lo stupefacente di cui il Messico è il terzo produttore mondiale dopo l’Afghanistan e la Birmania.
Sebbene le forze armate siano le uniche ad avere i mezzi eorganizzazione adeguati per combattere i narcotrafficanti, il loro operato, cominciato già nel 2006, è stato oggetto di forti critiche da parte dell’opinione pubblica messicana. Negli ultimi dodici anni, alle autorità, sono giunte oltre 10.000 denunce di violazioni dei diritti umani, che, secondo gli osservatori, sarebbero aumentate in maniera esponenziale dal 2016, ovvero quando è stato approvato il nuovo “codice militare per il procedimento penale e la riforma del codice di giustizia militare”. La nuova normativa autorizza l’esercito a effettuare irruzioni in case private, o in edifici adibiti a funzioni pubbliche, e a compiere intercettazioni telefoniche senza l’autorizzazione della magistratura. Secondo un’ inchiesta compiuta dalla associazione per i diritti umani Human Right Watch, nelle zone più remote del Messico, lo strapotere delle forze armate ha portato i militari a giustiziare sommariamente e arbitrariamente interi gruppi di persone.
Nella comunità di Tanhuato, nello Stato federale di Michoacán, dopo uno scontro a fuoco, avvenuto tra i soldati e un gruppo di banditi armati, gli uomini in divisa hanno ucciso, sparando alle loro spalle 13 persone, torturato due prigionieri e bruciato vivo un uomo. Dopo la strage i militari hanno portato i corpi in un luogo diverso da quello del delitto e li avrebbero “armati”, per simulare un secondo conflitto a fuoco e giustificare le morti violente. Gli unici testimoni, che avrebbero potuto smascherare il crimine, gli abitanti di Tanhuato, sono stati torturati dai militari, in modo che si guardassero bene dal denunciare l’accaduto. Un altro caso analogo si è verificato a Tlataya, Comune situato nello Stato federale del Messico, dove dopo una sparatoria tra soldati e un gruppo armato, sono rimasti uccisi 22 civili, di cui 12 giustiziati. Nessun militare è stato condannato. Chiusi tra due fuochi, in una situazione di violenza fuori controllo, i cittadini si ritrovano soli nella lotta per la sopravvivenza, privi di tutti i diritti e con la giustizia inesistente. I rapimenti, spesso compiuti dagli stessi agenti di polizia per conto dei narcotrafficanti, sono i metodi che la criminalità usa per punire i “rivali” o incutere terrore e soggezione tra la popolazione.
Non esistono cifre esatte che descrivano la portata del fenomeno dei sequestri, ma la scoperta delle fosse comuni nella città di Veracruz, sulla costa atlantica messicana, dove sono stati rinvenuti i resti sepolti di circa 2.600 persone, ha dato l’idea delle dimensioni della tragedia che si vive in Messico. Nonostante lo sconcertante ritrovamento, le autorità si sono mostrate restie nello svolgere i lavori di recupero e di identificazione dei corpi. Dal 2017, data in cui le fosse sono state scoperte, sono stati estratti 300 corpi e il governo locale ha dichiarato di non avere i soldi per eseguire gli esami del DNA per l’identificazione. Nonostante le difficoltà, però, i parenti delle persone scomparse hanno continuato, con tenacia e a proprie spese, a dare un nome e una sepoltura a centinaia di vittime anonime. Attualmente, però, i lavori sono stati bloccati dalle autorità locali, “per l’assenza di spazi dove riporre il gran numero di cadaveri”.
Nel caso degli studenti scomparsi nel 2014 nella località messicana di Ayotzinapa, nello Stato di Guerrero, i corpi erano “solo” 43, ma soltanto uno è stato identificato. I giovani sono stati raggiunti da raffiche di proiettili mentre erano in autobus e, secondo le testimonianze dei sopravvissuti la strage sarebbe stata comoiuta dalla polizia locale. La collusione esistente tra le forze dell’ordine e la criminalità organizzata fa sì che, in Messico, si possano commettere crimini efferati che restano impuniti e nascosti e dei quali si ha notizia solo grazie al lavoro di giornalisti coraggiosi, disposti a rischiare la vita pur di denunciare questi episodi: sono 104 i giornalisti uccisi negli ultimi anni e e 25 sono scomparsi.