Arte & Cultura
Un percorso di fiducia e di speranza nell’ultimo libro di Goffredo Palmerini
Già il titolo del libro, scelto dall’editore, “Il mondo che va […] esprime il cuore del libro, l’ottimismo dei giorni e degli anni che abbiamo davanti, il desiderio – e la responsabilità – di portare ciascuno il proprio contributo per renderli migliori, la consapevolezza che la qualità del futuro risiede anche nelle nostre mani.
di Gianfranco Giustizieri
Eccomi qui di nuovo a leggere, come già fatto negli undici testi che l’hanno preceduto, l’ultimo libro di Goffredo Palmerini – Il mondo che va, One Group edizioni, L’Aquila 2022 -, presentato con successo di pubblico il 13 dicembre 2022. È sempre forte il desiderio di lasciare alla scrittura alcune riflessioni sull’opera di un autore che ho sempre seguito attraverso le sue testimonianze di viaggi in Italia e fuori confine, i suoi incontri, le sue significative memorie, il suo stile e tanto altro ancora.
Libro dopo libro nuove scoperte, ulteriori considerazioni, sempre qualcosa in più rispetto al precedente, un arricchimento continuo che rivela il percorso di Palmerini, ma non solo: la capacità di fare tesoro della memoria, di lasciare tracce di uomini, di affetti, di superare distinzioni e lontananze per “comprendere e interpretare il continuo divenire dei nostri giorni” come ha scritto l’editore in seconda di copertina e aggiungerei, per coltivare i germogli dell’essere comunità oltre ogni barriera geografica di appartenenza e di cultura. Del resto è il suo impegno quotidiano: mettere in comunicazione i mondi dell’emigrazione, far conoscere le molte e differenziate realtà culturali, sociali, economiche. Da qui i rapporti internazionali, i servizi di stampa per i maggiori quotidiani esteri, l’accoglienza calorosa nelle diverse terre.
È doveroso soffermarsi un attimo sul titolo del libro, scelto dall’editore, e quale miglior significato delle parole dell’autore: “Il mondo che va […] esprime il cuore del libro, l’ottimismo dei giorni e degli anni che abbiamo davanti, il desiderio – e la responsabilità – di portare ciascuno il proprio contributo per renderli migliori, la consapevolezza che la qualità del futuro risiede anche nelle nostre mani. Ciò che ci aspetta non è un destino inamovibile, ma è ciò che noi stessi contribuiamo a realizzare, con le azioni e i valori umani ed etici che ispirano la nostra vita. […]”. Alle parole si accompagna la sapiente immagine grafica che interpreta e dà la giusta spinta: una serie di emoticon/smiley della nostra quotidianità tecnologica che con la loro semplicità sottintendono potentemente le emozioni date dalla lettura.
Dapprima sfoglio le pagine, poi mi soffermo qua e là su ciò che maggiormente attira l’attenzione, raggruppo mentalmente le tematiche (il vantaggio di un “annuario” che non ti obbliga ad una lettura conseguenziale), scorro la bella Presentazione di Mario Narducci e la significativa Prefazione di Patrizia Tocci e mi dirigo subito sui molti ricordi condivisi con l’autore.
Allora tornano gli amici scomparsi, il tempo di ieri riaffiora e spazia la memoria: “Vola, come falcon c’ha seco il vento”, secondo il verso di un famoso sonetto dell’Ariosto. Rivivo così “la grande gentilezza d’animo” di Gianfranco Colacito, “la profondità di pensiero” di Massimo Baldassarre, “la finezza, l’eleganza, la signorilità e la grande cultura umanistica” di Anna Ventura, “la tenacia, l’attività creativa, la rilevanza internazionale degli allestimenti teatrali” di Federico Fiorenza, “la mitezza, il rigore morale, la ricchezza interiore, la cultura rilevante e mai sussiegosa” di Mario Setta, tutti amici che non ci sono più e con i quali, anch’io, ho condiviso esperienze o attimi di vita. Poi altre “[…] personalità insigni e amici che hanno lasciato un segno profondo nella cultura, nelle professioni, nelle istituzioni, nella comunità […]”. Palmerini ricorda tutti con affetto, dispiega con la scrittura il valore della memoria, consegna alla pagina il riconoscimento di lunghe avventure culturali, sociali, operative, offre al lettore sincere testimonianze di vite vissute al servizio della comunità.
Leggo altrove secondo il mio personale interesse e incontro la piccola e la grande Storia. Due capitoli scritti a distanza di breve tempo: 30 gennaio 2022, Nella resistenza al nazifascismo le azioni di lotta furono plurime. Il caso degli internati militari italiani (IMI) nei campi di prigionia in Germania; 21 febbraio 2022, Internati militari italiani in Germania. Ricordi di prigionia di Vinicio Palmerini, internato nello stalag IV B di Zeithain. Quasi un’unica narrazione. Dapprima la Storia con l’armistizio, la guerra partigiana, poi “l’altra Resistenza” più oscura e nascosta, quella degli oltre 600.000 internati italiani che non aderirono alla Repubblica di Salò e che furono deportati dai tedeschi in oltre cento campi di prigionia sparsi per l’Europa.
Un quadernino ritrovato in un vecchio baule dopo il sisma del 2009 fa da cerniera tra le due narrazioni. Appunti “scritti fittamente a matita” dal padre di Goffredo, il fante Vinicio Palmerini reduce dal lager di Zeithain alla fine della guerra, che descrivono gli anni della prigionia, ricordi, nomi di commilitoni. È un capitolo di storia, quello degli internati militari italiani che si è quasi cancellato. Solo recentemente, annota l’autore, spiragli di luce per ciò che si è dimenticato. Palmerini introduce e riporta il contenuto integrale di quel quadernino, rimette insieme eventi lontani, nasconde l’emozione di un ritrovamento ma fa partecipe il lettore di un proprio vissuto personale, perché non si cancelli ciò che è stato. Giustamente la Tocci nella sua Prefazione: “[…]. C’è pudicizia, delicatezza, timidezza nel presentare queste pagine […]; nello stesso tempo c’è tanta fiducia nel lettore da affidarci questa testimonianza così com’è, nella sua schiettezza disarmante, dolorosamente bella e cara […]”. Testimonianza dolorosa, riconosciuta dalla Medaglia d’onore consegnata ai familiari del militare aquilano dal Prefetto dell’Aquila Cinzia Torraco nella ricorrenza della Giornata della Memoria, il 27 gennaio 2023.
E come non leggere attentamente tutti i capitoli nei quali l’autore descrive i luoghi cari e amati della terra d’Abruzzo? “L’Abruzzo è davvero uno straordinario scrigno di meraviglie” scrive Palmerini a commento di uno straordinario volume fotografico; lo scrigno si apre e in numerose pagine sparse qua e là risplendono le gemme. Ho già avuto modo di dire in precedenza che amo queste narrazioni: l’autore riveste la sua scrittura con i segni del grande narratore, ritorna spesso in tempi lontani per giungere fino a noi, si sofferma con lampi di luce su quell’edificio, su quelle colline, su quelle usanze e tradizioni, su storie di sofferenza e di umanità, su tanto altro ancora. Un esempio per tutti: Il tratturo magno e l’altipiano di Navelli, fra transumanza ed emigrazione. Ma non solo terra d’Abruzzo! Nei numerosi viaggi in Italia, la storia del luogo visitato, i superbi panorami, i particolari urbanistici non sfuggono al suo sapiente sguardo e vengono riportati come quadro scenico della sua missione: “[…]. Le strade sono strette, lastricate a quadrati contorni di pietra bocciardata, riempiti di scaglie lapidee e ciottoli […]” scrive per un incontro ad Erice, brillante perla della Sicilia occidentale. Palmerini ambasciatore dentro e fuori confine!
Potrei scrivere tanto ancora, Il mondo che va non è solo storia, ricordi, luoghi, paesaggi, ma è anche amicizie, omaggi, presentazioni, riconoscimenti, valori umani ed etici: la dedica a Papa Francesco illumina tutto questo percorso.