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Arte & Cultura

Palazzo Morando. Nel centenario del primo conflitto mondiale, una mostra racconta il contributo di Milano ala paese

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Fino al 15 luglio, a Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, in via Sant’Andrea 6, una mostra storico-documentaria racconta, nel centenario della fine del primo conflitto mondiale, l’enorme impegno e il contributo che il Comune e i suoi cittadini offrirono al Paese in uno dei momenti più difficili della sua storia.

Allestita nelle sale espositive al piano terra del Palazzo, “Milano e la Prima Guerra Mondiale. Caporetto, la Vittoria, Wilson” – questo il titolo completo della mostra – è curata da Barbara Bracco ed è a ingresso gratuito.

“Il Novecento Italiano è stato un secolo di straordinaria complessità culturale e sociale – afferma l’assessore alla Cultura Filippo Del Corno –. In particolare, il primo ventennio ha rappresentato per Milano una palestra di orgoglio, solidarietà, spirito di iniziativa e creatività, come dimostra questa mostra documentando gli sforzi e la generosità del Comune e dei milanesi nel difficile percorso della ripresa del primo dopoguerra. Un periodo in cui Milano era già perfettamente in grado di fare squadra tra pubblico e privato, in una logica di condivisione che costituisce da sempre la cifra della milanesità”.

Enti pubblici e privati hanno messo a disposizione archivi e collezioni, documenti e materiali fotografici, in parte inediti, per un itinerario espositivo che inizia con la rotta di Caporetto dell’ottobre 1917, prosegue fino alla vittoria il 4 novembre 1918 e si conclude con la visita del presidente americano Woodrow Wilson nel gennaio del 1919 quando, oltre alla complessa elaborazione del lutto, Milano dovette confrontarsi con i nuovi scenari politici nazionali e internazionali.

Dopo Caporetto, il fronte si fermò sulla linea del Piave ma Milano si trovò in prima linea nell’assistenza ai feriti e nella mobilitazione industriale, ambiti in cui fin dall’inizio del conflitto aveva prodigato il proprio contributo.

Lungo il percorso espositivo – tra manifesti, fotografie di angoli della città, di ospedali e di fabbriche – emerge l’immagine di una Milano in piena espansione industriale ed economica, con una popolazione che, alla vigilia della guerra, si avvia ai 700.000 abitanti. Un capoluogo in grado di proporre una nuova forma di solidarietà a partire dall’assistenza ai soldati: ospedali specializzati precursori della moderna ortopedia, centri e luoghi di incontro come le Case del soldato, punti di ristoro, case per i feriti e per le loro famiglie.

Lo sforzo – come sarà documentato – fu anche economico. Le spese effettive sostenute dal Comune di Milano passarono infatti, nel corso della guerra, da 61 milioni di lire nel 1914 a quasi 94 milioni nel 1918. Come sostenne il sindaco Emilio Caldara, il conflitto pesò complessivamente sulle casse civiche per quasi 85 milioni di lire.

Per far fronte all’accoglienza e all’assistenza degli emigranti italiani rimpatriati nell’estate 1914 e dei profughi, che subito dopo la rotta di Caporetto approdarono a Milano dalle zone invase dal “nemico” (in tutto oltre 100mila persone), la città e la giunta riformista del sindaco Caldara seppero guidare una sollecita ed efficiente sinergia tra istituzioni pubbliche e associazioni private.

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