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Maduro rieletto presidente del Venezuela con “elezioni farsa”

Il dittatore promette una “rivoluzione economica” mentre il popolo muore di fame e milioni di cittadini fuggono. Dure critiche della comunità internazionale. 14 Paesi del Sud America ritirano gli ambasciatori dal Venezuela.
di Vito Nicola Lacerenza
Nicolas Maduro è stato riconfermato Presidente del Venezuela, ma molti hanno denunciato brogli elettorali e gli stessi osservatori internazionali hanno accertato che i pochi cittadini recatisi a votare, lo hanno fatto spinti dal desiderio di poter ottenere il premio del pacco, il CLAP, fornito dallo Stato, contenente riso, pasta, farina, olio e zucchero; prodotti reperibili solo al mercato nero ma a prezzi proibitivi. Basta pensare che in Venezuela, con un’inflazione del 13mila per cento, la più alta del mondo, comprare un chilo di pane significa spendere uno o due mesi di stipendio medio, circa quaranta euro. Quasi nessuno può più permetterselo e per i pochissimi, che pure hanno denaro a sufficienza, riuscire a comprarlo è comunque impossibile, perché lo Stato non è in grado di importare la farina, il cui prezzo aumenta di mese in mese, come per qualsiasi altro prodotto.
Per decenni il governo è riuscito a far fronte all’aumento dei valori dei beni di prima necessità, coprendone una parte grazie agli introiti del petrolio, principale fonte di reddito della nazione. Ma, da quando il prezzo del petrolio è sceso, i conti pubblici sono andati in rosso, dando inizio ad un’inarrestabile recessione. Oggi, cibo e medicinali sono quasi introvabili e costosissimi.Gli ospedali ed altre strutture pubbliche sono al collasso, mentre migliaia di venezuelani muoiono per la fame, per le malattie o vittime della violenza delle numerose bande di malviventiche agiscono fuori controllo nella capitale Caracas e nelle altre città. Molti cittadini sono ogni giorno alla disperata ricerca di cibo rovistando nei cassonetti della spazzatura.Proprio a loro, Maduro si è rivolto, invitandoli a votare in cambio di “un tozzo di pane”. Affamati e disperati, circa cinque milioni di venezuelani hanno votato per il dittatore.
Prima di entrare nel seggio, però, si sono fermati ai “punti rossi”, i gazebo di colore rosso dei sostenitori di Maduro, radunati nei pressi dei vari seggi. Ogni votante, desideroso di ricevere il CLAP, è dovuto passare dallo stand e registrare il numero della “carta della patria”, una specie di carta prepagata necessaria per avere diritto al sussidio statale. Così facendo, il dittatore scheda i suoi elettori in modo da poterli ricattare, più o meno esplicitamente, con la minaccia di lasciarli morire di fame, nel caso votassero contro il regime. La politica del terrore, però, non è servita a far crescere l’affluenza alle urne, scesa del 40% rispetto alle scorse presidenziali del 2013. Alcuni cittadini hanno deciso di boicottare il voto, rispondendo all’appello dei partiti d’opposizione, che invitavano a non andare al seggio; altri erano troppo impegnati a sopravvivere per pensare alla politica. Altri ancora, oltre un milione e 600 mila, sono fuggiti all’estero. Chi in aereo, chi con l’autobus e chi, la maggior parte, a piedi, attraverso il ponte internazionale di Simón Bolívar, che collega la città venezuelana di San Cristóbal con la comunità di frontiera colombiana di Cúcuta. Sono oltre 35.000 i disperati che, ogni giorno, attraversano il ponte, la via più economica per emigrare e l’unico modo per comprare cibo, medicine, pannolini, acqua e qualunque altro bene di prima necessità a buon prezzo. Una volta fatta la spesa alcuni venezuelani ritornano in patria, dove ad attenderli c’è uno Stato poliziesco efficace solo nel reprimere i nemici dell’ establishment. Dal 2015 al 2017, sono stati uccisi centinaia di manifestanti e arrestati oltre 50 esponenti politici dell’opposizione: il che ha reso l’esito delle ultime elezioni venezuelane quasi scontato.
La vittoria di Maduro, però, non ha fatto che isolare ulteriormente il suo governo a livello internazionale. Quattordici nazioni del continente americano: Brasile, Colombia, Canada, Cile, Perù, Argentina, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Messico, Honduras, Panama, Paraguay, Saint Lucia, hanno annunciato il ritiro dei loro ambasciatori dal Venezuela e hanno intimato al personale diplomatico, presente nei 14 Stati, di sospendere ogni relazione col governo di Maduro. Inoltre il presidente USA Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per impedire al leader venezuelano di vedere le aziende strategiche del Paese, come la compagnia petrolifera nazionale, PDVSA, o di prelevare somme di denaro dalle stesse. Tali provvedimenti rischiano di far precipitare ancor di più la già disastrosa situazione economica del Venezuela, che, nei prossimi mesi, potrebbe essere gravata da nuove sanzioni che limiterebbero le sue esportazioni di greggio. Sarebbe un duro colpo per il regime, che ha promesso di sconfiggere la crisi con una “rivoluzione economica”.