Italia
La tragedia Covid–19 evidenzia il bisogno di maggiore organizzazione in campo sanitario

L’Italia reagisce al coronavirus secondo Ilaria Capua, virologa di fama mondiale, ma si poteva fare meglio con maggiori risorse dedicate all’organizzazione sanitaria e alla ricerca scientifica
di Carlo Taccone
Arrivati a questo punto riveste una sicura importanza operare un approfondimento, piu’ sereno ed obiettivamente efficace, sulle motivazioni e le valutazioni implicite allo spandersi, per certi aspetti impetuoso, epidemiologico e pandemico di questo sconosciuto miscuglio di agenti patogeni, oramai noto come COVID-19.
Con sofferenza impietosa ascoltiamo quotidianamente la triste elencazione dei freddi, freddissimi dati che ogni sera, da qualche giorno, la Protezione Civile, ci annuncia.
Appare evidente che occorre interpretarli ricordando che non si tratta solo di numeri, ma di persone che hanno perso la vita, dar loro un senso compiuto, riconoscersi nei loro nomi, nei loro backstage umani, nella loro infinita solitudine e precarieta’ emotiva che li accompagna nel pre-mortem.
Gli ultimi annunci confermano l’aumento dei contagiati, non specificano se essi siano in isolamento domiciliare semplice o assistito, ma anche che -pur se lievemente- i decessi risultano in calo rispetto al giorno precedente con lieve aumento – in contemporanea– dei cosiddetti guariti, e con modica riduzione dei ricoveri (finalmente!)
«È una buona notizia — commenta su La7 nel programma DiMartedì, dagli Stati Uniti, Ilaria Capua che dirige, all’Università della Florida, l’One Health Center of Excellence dove si studia la salute umana, ma anche quella animale — significa che le misure di contenimento in Italia stanno funzionando».
Ad esempio bisognerebbe interrogarsi sulle verifiche di funzionalita’ eseguite, o da eseguire ancora, sui sistemi di conduzione e filtraggio della ventilazione intraospedaliera e se i supporti tecnici risultano ancora a norma ( cambio regolare dei filtri, controllo valvole elettrotermiche ad esempio) come possibile altro fattore determinante e scatenante della diffusione contagiale. Un ulteriore campo d’indagine strategico potrebbe essere l’analisi epidemiologica sullo scarso numero di contagiati presso le comunità degli immigrati provenienti dal continente africano, che in realtà vivono un vero disagio abitativo e alimentare.
Potrebbe essere utile, ad esempio, aumentare la disponibilta’ e l’esecuzione materiale dei tamponi nella popolazione ovvero utilizzare nuove tecnologie (come il tracciamento via smartphone) per intercettare i contagi?
«È fondamentale fare il tampone ai sanitari. Questo sì (troppi i medici infettati nel Paese). Ma per quanto riguarda la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie ho qualche perplessità. Non siamo coreani (nella Corea del Sud questo tipo di tracciamento ha dato buoni risultati nell’intercettare i contatti, potenziali diffusori di virus). E nemmeno cinesi, dove queste tecnologie sono state utilizzate» spiega la Capua.
Dr.ssa CAPUA come si puo’ implementare oggi in Italia, lo sbarramento nei confronti di COVID-19?
«L’unica cosa da fare è proteggere soprattutto le persone fragili. Gli immunodepressi perché magari hanno un tumore. Chi soffre di malattie croniche come cardiopatie o diabete. Occorre entrare nell’ordine di idee che tutti, ma soprattutto queste persone, per un “certo numero di mesi” dovranno proteggersi. Probabilmente il contagio non si fermerà anche se rallenterà».
Oltre con evidenza, potenziare ancor di piu’ il settore ricerca in campo microbiologico, a differenza di quanto non e’ avvenuto negli anni scorsi, nel periodo post-SARS. Cio’ implichera’ naturalmente una completa e ricca opera di revisione dell’assetto Sanitario Nazionale, le evidenti discrasie cui stiamo assistendo rendono quanto mai necessario ricostruire con certosina pazienza anche le norme istituzionali che regolano i rapporti con gli Enti Regionali e l’istituzione di una cabina di regia effettiva che possa supervisionare gli atti relativi alla gestione sanitaria Regionale.