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La bombola di ossigeno tarda ad arrivare. L’odissea di una famiglia di Roma in attesa per più di 24 ore.

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L’ossigenoterapia domiciliare è gestita dalle ASL ma erogata da aziende private che curano ogni aspetto, dalla consegna al ritiro delle bombole. Accade, nell’ASL Roma 2 che una famiglia è costretta ad attendere per più di 24 ore che la bombola venga consegnata, correndo un enorme rischio per la salute del paziente in attesa di ossigeno. Ma durante la lunga attesa, l’azienda invia un messaggio per ricordare di rinnovare il piano terapeutico dell’assistito. 

di Giulia Di Felice

Migliaia di persone in Italia, ogni anno, necessitano di ossigenoterapia domiciliare per i più svariati motivi legati alle insufficienze respiratorie. La terapia domiciliare a base di ossigeno viene gestita dalle ASL ma, di fatto, erogata da aziende private che curano la consegna, il ritiro e la sostituzione delle bombole di ossigeno. Dal gennaio 2019, la fornitura delle bombole di ossigeno per il territorio della ASL Roma 2 è affidata ad una società privata che – tramite appositi canali – viene contattata dai pazienti e comunica direttamente con loro.

L’affidamento di servizi essenziali come l’ossigenoterapia domiciliare a società private potrebbe essere una mossa intelligente che permetterebbe di alleggerire la pressione sul Servizio Sanitario Nazionale, ma in realtà nasconde diverse ombre che possono portare a notevoli e spiacevoli disagi. È ciò che è accaduto alla famiglia del signor Mauro, paziente pneumologico in ossigenoterapia domiciliare già da diverso tempo. La sua famiglia, come molte altre, si è affidata all’azienda medica che gestisce la fornitura di bombole di ossigeno e, sostanzialmente, dipende da essa.

La procedura è piuttosto semplice: quando una bombola sta per terminare, il signor Mauro o chi per lui procede con l’ordine di una nuova bombola. E così, via, finché ce ne è necessità. Il servizio viene normalmente confermato tramite SMS con tanto di orario di consegna previsto, così da non attendere inutilmente. O almeno così dovrebbe essere. Pochi giorni fa, racconta Simone, figlio del signor Mauro, la famiglia viene avvisata che la consegna sarebbe avvenuta nello stesso pomeriggio. Nonostante tutti restino in casa, nessuno citofona. Il giorno seguente, dunque, Simone contatta l’azienda medica competente che gli dice che la consegna non era avvenuta perché non c’era nessuno in casa. “Sono stato sempre in casa” racconta Simone “ho un cane che abbaia qualora qualcuno citofonasse, inoltre la mattina con me c’era la collaboratrice domestica, pertanto se io non avessi sentito il suono del citofono, lei lo avrebbe sentito o comunque me ne sarei accorto dal cane che avrebbe abbaiato”.

Amareggiato per l’avvenuto, Simone prenota una nuova consegna per la bombola del signor Mauro, ormai esaurita del tutto. Arriva l’SMS che comunica l’orario di consegna nella fascia oraria 15:17 – 17:47 dello stesso giorno. Tuttavia, alle 18:00 la bombola non è stata ancora consegnata. Simone inizia a telefonare al numero verde, ma una voce lo avvisa che ci sono clienti con priorità e che dovrà attendere. Dopo un’attesa di oltre venti minuti, è la figlia di Simone che riesce a parlare finalmente con un operatore, il quale le garantisce la consegna entro dieci minuti. I minuti passano ma, ancora, la bombola non viene consegnata. Nel frattempo le condizioni del signor Mauro peggiorano, non può rimanere ancora senza ossigeno, così Simone chiama il 118 che gli suggerisce di andare al pronto soccorso.

“Opzione che non ho preso in considerazione perché non solo un luogo del genere è pericoloso in questo periodo storico, ma se fossero venuti a consegnare l’ossigeno non avrebbero trovato nessuno in casa” racconta Simone. Alle 19:23, con quasi due ore di ritardo rispetto alla fascia oraria comunicata, Simone riesce di nuovo a parlare con un operatore che gli garantisce che lo avrebbe fatto chiamare dal trasportatore. Il trasportatore contatta finalmente Simone alle 19:40, garantendo l’arrivo entro 30 minuti, ma in realtà Simone dovrà attendere le 23:16 affinché la bombola di ossigeno del signor Mauro arrivi finalmente a destinazione.

La cosa ancora più incredibile, però, è che tra un SMS e l’altro in cui si annunciavano consegne, ritardi e nuovi appuntamenti, l’azienda abbia inviato un ulteriore messaggio. In questa ulteriore comunicazione, veniva ricordata l’imminente scadenza del piano terapeutico del signor Mauro e sollecitato un rinnovo. Sicuramente si trattava di un SMS preconfezionato e preimpostato, ma invitare a rinnovare un piano terapeutico proprio mentre non si riesce a gestire quello ancora in essere è paradossale.

Se non fosse che si tratti di salute e di un servizio ritenuto essenziale per la vita umana, questa vicenda sembrerebbe una commedia. In realtà, però, sembra più giusto parlare di tragedia. Una tragedia che, per fortuna, non si è consumata ma che solo grazie alla prontezza di un figlio è riuscita ad avere un lieto fine. Ma quanti altri pazienti come il signor Mauro ci sono, che attendono la consegna della loro bombola di ossigeno? Quanti altri pazienti in terapia domiciliare vengono abbandonati a loro stessi, in un’attesa che può certamente portare a conseguenze deleterie per la loro salute? È giusto, ci chiediamo, che nessuno vigili attentamente sull’erogazione di servizi di così elevata importanza? Verrebbe da pensare che sia stato solo uno spiacevole contrattempo, ma la realtà dei fatti è che, nella sanità, un contrattempo può costare fin troppo caro e un semplice paziente questo rischio non può permetterselo.

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