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Diritti umani

L.I.D.U. Onlus : presentato il libro “Lo scudo di cartone. Diritto pubblico e riserva parlamentare”

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“Un’accurata ricostruzione storico-giuridica condotta in chiave comparatistica di un istituto, l’immunità parlamentare, a più alto rischio d’impopolarità perché considerato l’emblema dei “privilegi” della Casta”.

di Ilaria Nespoli

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Roma, 1 novembre – “Desidero ringraziare il consigliere parlamentare, Giampiero Buonomo, per aver scelto la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo al fine di illustrare l’egregio lavoro della sua pubblicazione, il cui titolo esprime pienamente la crisi politica che sta vivendo il Paese”. Con queste parole il Presidente della L.I.D.U. Onlus Alfredo Arpaia, ha introdotto la presentazione del libro di Buonomo,“Lo scudo di cartone. Diritto pubblico e riserva parlamentare”, avvenuta lo scorso 28 ottobre presso la sede nazionale dell’Associazione. “Un’opera che, a mio giudizio, rappresenta un unicum nel panorama letterario italiano, in primis per l’approccio metodologico utilizzato. Infatti, siamo di fronte ad un’accurata ricostruzione storico-giuridica condotta in chiave comparatistica di un istituto, l’immunità parlamentare, a più alto rischio d’impopolarità perché considerato l’emblema dei “privilegi” della Casta”. Infatti, come evidenziato da Maurizio Serio, intervenuto nel corso della presentazione a nome di Rubettino Editore, la Casa Editrice del libro, Buonomo interviene su un meccanismo aspro della nostra dialettica democratica, una sorta di “divaricatore culturale” che conduce a una contrapposizione di idee su un argomento che al contrario meriterebbe una riflessione meditata. Un possibile antidoto ai conflitti che si pongono continuamente su questa materia fra politica da un lato ed autorità giudiziaria e mondo dell’informazione dall’altro è stato individuato da Enrico Buemi, Vice presidente del Gruppo per le Autonomie-PSI-MAIE del Senato, nel ritorno ad una maggiore sensibilità alle questioni etiche e morali, facendo in modo che la guarentigia si limiti ad opinioni ed attività connesse alla funzione propria del parlamentare. Decisamente fuori dal coro è stata la voce del senatore Luigi Compagna, il quale ha affermato come il tema non sia più “scottante”, in quanto ormai si registra una totale insofferenza al parlamentarismo di cui l’immunità parlamentare rappresenta il fondamento. Tutti i relatori sono concordi nel ritenere che il principale responsabile della cartonizzazione della prerogativa immunitaria dei membri del Governo e del Parlamento sia la stessa politica, la quale ha finito per trasformare “una prerogativa propria dell’intera Assemblea”, come definita dal giornalista Pietro Di Muccio De Quattro nel corso del proprio intervento, in un vero e proprio privilegio ingiustificato, poiché teso a proteggere meri interessi personali. Infatti, come sottolineato dal deputato Francesco Sanna, la trasformazione dello scudo da bronzeo a cartone non si deve alla riforma costituzionale del 1993, la quale ha eliminato l’autorizzazione a procedere alle indagini, limitandola ad atti maggiormente invasivi (perquisizioni, sequestri, intercettazioni, misure cautelari personali etc.), in grado di limitare l’esercizio concreto del mandato parlamentare. “Dal bronzo – ha aggiunto Sanna – si è arrivati al cartone quando la Corte Costituzionale, chiamata a giudicare sui conflitti di attribuzione, ha affermato che il potere di insindacabilità delle opinioni espresse e i voti dati dai parlamentari nell’esercizio delle loro funzioni, di cui all’art. 68 della Costituzione, andava esercitato secondo determinati criteri e non sulla base della convenienza dei singoli. Sulla scia di quanto evidenziato dall’autore nel capitolo dedicato al futuro per l’inviolabilità in Italia, Sanna ha illustrato proposte di razionalizzazione e di riforma dell’istituto. In primo luogo, egli ha sottolineato la necessità di eliminare la nomina dei membri della Giunta per le autorizzazioni, sostituendola con una elezione da parte dell’intera Assemblea. Gli altri elementi di riforma su cui si è concentrato Sanna riguardano la pubblicità dei lavori delle giunte e la possibilità dell’articolarsi delle tesi di parte svolte anche da parte degli altri membri del Parlamento. E’ evidente come proprio sull’ammodernamento dell’istituto si giochi la partita della sopravvivenza del parlamentarismo, di cui l’autodichia rappresenta uno dei pilastri fondamentali. Del resto, siamo tutti concordi nel ritenere che la dignità di un Parlamento riposi sulla sua credibilità e non su una guarentigia, pur costituzionalmente tutelata. Infatti, tanto più l’organo legislativo è debole sul piano della credibilità, tendendo a trasformare questa prerogativa in privilegio, quanto più questo “scudo” cadrà di fronte alla forza del populismo e della demagogia, e non sarà più possibile pronunciare “in nome del popolo italiano” qualsiasi garanzia del sistema parlamentare. Sempre riguardo alle proposte di riforma, Giorgio Spranger, docente di Procedura penale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università La Sapienza di Roma, ha posto l’accento sulla tutela dell’innocente, partendo dalla rifusione delle spese di difesa e dal ristoro del pregiudizio subito. Estremamente interessante l’intervento di Guido Raimondi, neo eletto Presidente della Corte europea dei Diritti dell’Uomo, il quale ha evidenziato come in merito ai ricorsi riguardanti l’istituto dell’immunità parlamentare sia particolarmente ricorrente l’applicazione, da parte della Corte di Strasburgo, della dottrina del margine di apprezzamento. Infatti, trattandosi di una materia in cui entrano in gioco diritti limitabili (il diritto di accesso al giudice ex art. 6 della CEDU e la libertà di espressione di cui all’art. 10 della medesima Convenzione europea) e, pertanto, soggetti ad un bilanciamento con altri interessi meritevoli di tutela; la Corte europea tende a rispettare in linea di principio le scelte compiute  a livello nazionale, salvo agire qualora si dovesse consumare una rottura tale dell’equilibrio da richiedere appunto l’intervento del giudice di Strasburgo. Di raccordo rispetto alle diverse relazioni è stata la relazione conclusiva dell’autore, Giampiero Buonomo, incentrata sulla progressiva perdita in Italia di quella simbologia delle istituzioni, tipica della tradizione britannica non a caso scelta dall’autore come modello storiografico di riferimento, che affascinava il popolo e lo convinceva ad accettare le decisioni assunte dal Parlamento. Secondo lo stesso autore, la prima vittima di questo processo è stata proprio la giustizia politica, a causa del venir meno di quell’apparenza di un certo disinteresse nell’esercizio della stessa, proprio della prima Repubblica. Infatti, come sottolineato da Buonomo, oggi nessuno crede che sia la disamina degli atti processuali a dettare le decisioni delle giunte sulle immunità. Al contrario, è evidente come ogni votazione divenga espressione della difesa di una parte politica contro un’altra, dominata da ordini di partito e da bilanciamenti politici che finiscono per creare figli e figliastri. Tuttavia, Buonomo non ritiene assolutamente che l’istituto dell’autodichia sia obsoleto. Al contrario egli pone l’accento sulla necessità di attuare una riforma dello stesso, limitandolo agli atti e alle opinioni strettamente connessi alla funzione parlamentare e applicando, in tutti gli altri casi, il principio di legalità, così come opera nei confronti di una qualsiasi pubblica amministrazione. “Cambiare per non perire, questa è l’unica via possibile per salvare il parlamentarismo” come affermato da Buonomo a conclusione del proprio intervento.

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