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Il Giappone pensa di riaprire la caccia alla balena dopo più di trent’anni di fermo

La carne del cetaceo è molto apprezzata nel Paese nipponico che ha portato sull’orlo dell’estinzione il grosso animale e ora rischia di farlo scomparire.
di Vito Nicola Lacerenza
Negli ultimi giorni, la comunità internazionale ha espresso forte preoccupazione per la possibilità che il Giappone possa dare il via ad una caccia indiscriminata alla balena. Da parte del Paese nipponico non c’è stata alcuna conferma ufficiale, ma diversi elementi hanno reso verosimile tale ipotesi. La carne di balena rappresenta uno dei prodotti culinari tipici della cucina giapponese ed è, per tale ragione, un articolo ricercatissimo dalla gente del posto, che è disposta a spendere cifre esorbitanti pur di avere sulla propria tavola la carne del cetaceo. Intorno all’enorme animale ruota un giro d’affari miliardario, che fa gola ai commercianti e agli armatori giapponesi, i quali, alla fine degli anni ‘70 del ‘900, con le loro baleniere hanno portato sull’orlo dell’estinzione diverse specie di balena, uccidendone e macellandone ogni giorno interi branchi. Ecco perché, nel 1986, la Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene (IWC) ha imposto il divieto di caccia dell’animale, per permettere a quest’ultimo di riprodursi e ripopolare i mari.
Il divieto di caccia del 1986, come sostenuto dalla stessa IWC, ha carattere “temporaneo”, ma, dopo oltre trent’anni di vigenza, ha finito per diventare permanente; un “cambio di programma” che ha suscitato grande frustrazione nel governo giapponese, al punto da spingerlo a chiedere all’IWC, lo scorso settembre, un “alleggerimento” del divieto, in modo da consentire una “caccia alla balena controllata”, responsabile e circoscritta alle acque territoriali giapponesi. La richiesta è stata fermamente respinta dalla IWC, che autorizza la cattura e l’uccisione delle balene solo per fini scientifici. Questa eccezione ha permesso alle baleniere nipponiche di pescare annualmente, per “fini scientifici”, dalle 200 alle 1.200 balene negli ultimi trent’anni. L’ipotesi che la carne dei cetacei sia stata in realtà destinata al mercato alimentare è apparsa probabile a moltissimi osservatori che, tuttavia, hanno riscontrato un considerevole aumento della popolazione di balene. Alla luce di questa constatazione, il Giappone pretende ora la fine del divieto di caccia alla balena, forte del sostegno della Norvegia, dell’Islanda, delle Isole Faroe e della Groenlandia, i cui popoli da secoli consumano la carne del cetaceo. I quattro Paesi, insieme al Giappone, ritengono il divieto della caccia alle balene del 1986 un affronto alle loro culture e tradizioni nazionali. Per questo motivo, rivendicano il loro diritto ad una caccia “responsabile”. Va ricordato però che a tutelare l’esistenza delle balene non c’è soltanto la Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene (IWC), ma anche la Convenzione delle Nazioni Unite per la Difesa del Mare, che impone agli Stati membri di “cooperare per la conservazione, la gestione e la conservazione delle balene”.