Attualità
Egitto nel caos, i Tamarod contro la Fratellanza
L’opposizione sempre più forte e determinata
Roma, 29 giugno – Alla vigilia del 30 giugno, anniversario del primo anno di presidenza di Morsi e dei Fratelli Musulmani, l’Egitto è nel caos. La Fratellanza si risveglia assediata da un’ opposizione che si fa sempre più forte e determinata. Il movimento moderato Tamarod (ribelli) annuncia di avere raccolto più di 20 milioni di firme per chiedere le dimissioni del presidente. La Fratellanza, creata nel 1926 da Hasan Al Banna, per ridare un aspetto più rigidamente islamista all’Egitto, conosce il vero volto degli egiziani, sempre più orientati verso l’occidente e ad una vera modernizzazione del Paese.
Domani è prevista la più grande manifestazione anti-governativa a cui il Paese abbia mai assistito. Il grande interrogativo è l’atteggiamento che assumeranno le forze di polizia ed i militari. Mentre la polizia governativa si è quasi sempre schierata dalla parte del popolo, infatti, l’esercito, per decenni comandato da transfughi della fratellanza, ha sempre mostrato il pugno di ferro contro la cittadinanza.
Gli egiziani, popolo fondamentalmente pacifico, tenutosi da decenni al di fuori dell’ormai secolare conflitto arabo-israeliano, grazie anche all’ex presidente Hosni Moubarak, hanno mirato a mantenere vivi i rapporti commerciali e turistici con i Paesi occidentali del Mediterraneo anche per risollevare le sorti di un’economia in decrescita e per scremare la facciata islamista, sempre presente all’interno del Paese.
La partita è aperta. Semmai dovesse prevalere la forza di Morsi e della Fratellanza, gli scenari che si aprirebbero potrebbero diventare quasi apocalittici. Nel Mediterraneo, precisamente nel Maghreb infatti, già domina la Fratellanza, chiamata Ennahda in Tunisia e Libia, mentre ad est si farebbero più stretti i rapporti con Jabhat al Nusra, i siriani in odore di integralismo, che combattono le forze fedeli al moderato Bashar Al Assad che, con l’atteggiamento di un despota, ha cercato di reprimere in modo oltremodo cruento la voglia di cambiamento nel Paese.
In tutto ciò il ruolo dei Paesi occidentali del Mediterraneo vede ristretto il proprio margine d’intervento: chiusi dall’atteggiamento assunto dagli Usa e compressi dalla limitata possibilità di appoggiare questa o quella fazione politica per mancanza di uniformità di intenti, mostrano, ancora una volta, la propria debolezza. Resta da chiedersi se i Tamarod riusciranno a dare una vera svolta al Paese.