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20 settembre 1870: una data da non dimenticare

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Celebrando il 20 settembre anno per anno, non vanno dimenticati il significato profondo e gli episodi storici che realizzarono una Italia unita e laica. Ragion per cui sarebbe doveroso ripristinare tale data come Festa dell’unità nazionale

di Francesco Bonanni

Il 20 settembre 1870 è una data di notevole rilevanza storica, non solo perché Roma ha giustamente assunto il  ruolo di Capitale dello  Stato italiano ma anche perché ha segnato la fine  del potere temporale dei Papi che indebitamente si sono appropriati di un vasto territorio  governato con un regime caratterizzato da un esasperato clericalismo  che ha consentito di condizionare per numerosi secoli la politica sulla della nostra penisola ostacolandone fortemente il processo di unificazione.

Il Potere Temporale dei Papi è derivato  dal primo compromesso storico, quello tra  l’Imperatore Costantino ed il Papa Silvestro,  conosciuto come l’Editto di tolleranza del 313, che ha segnato l’ingresso del potere pontificio nelle vicende italiane.

L’Editto difatti fu un accordo che consentiva alle due parti di trarne dei reciproci vantaggi.

A Costantino,  il “riconoscimento papale”  gli garantiva una legittimità a governare che, come tutti gli altri Imperatori  romani che lo avevano preceduto, non aveva mai avuto.

A quei tempi, in mancanza dell’esistenza dell’ istituto della “Dinastia”, la titolarietà del Sovrano, non era garantita in alcun modo sul piano giuridico. Era acquisita nel migliore dei casi dalla acclamazione delle Legioni a lui favorevoli ma più spesso con colpi di mano e quindi col relativo assassinio del precedente Imperatore.

Costantino, personaggio spregiudicato e dotato di un notevole fiuto politico, capi’ per primo  che un riconoscimento ufficiale da parte di una Autorità emergente, quale era quella del Capo di una fede religiosa che aveva acquisito notevoli consensi presso le popolazioni urbane, rappresentava una sicura conferma della sua legittimità a governare.

Difatti, a differenza della vulgata popolare propagandata nel tempo, Costantino non aderi’ mai al Cristianesimo ma si mosse con grande spregiudicata abilità politica tra l’ambiente afferente alla nuova Religione, quella cristiana, e quello  dell’antica Religione romana, dai Cristiani definita spregiativamente col termine di “pagana”, cioè campagnola, in quanto allora maggioritaria nei villaggi ( in latino pagi) e nella campagna.

Da parte di Papa Silvestro la convenienza a stipulare un accordo con l’Imperatore era rappresentata non solo dalla garanzia di essere al riparo da eventuali persecuzioni ma anche da avere un riconoscimento a livello politico che avrebbe contribuito alle possibilità di una più ampia diffusione della sua fede.

Fu un accordo utile per entrambi ma sostanzialmente fondato su basi non ben chiaramente definite, con tutta la conseguente ambiguità.

Ulteriore conferma di tale sodalizio si ha con l’incoronazione di Carlo Magno che, come ben noto, fu incoronato Imperatore mediante unzione nell’anno 800 da Papa Leone III.

E tale ambiguità ha caratterizzato, soprattutto per tutto il medioevo, il difficile e spesso conflittuale rapporto tra il Potere laico,rappresentato dall’ Imperatore, e quello  religioso, impersonato dal Papa.

Difatti quella che sui manuali di storia viene  definita“La lotta per le investiture” non fu una semplice controversia relativa alla nomina dei Vescovi ma una ben più complessa disputa sulla superiorità tra il Potere papale e quello imperiale.

E’ l’epoca di GregorioVII, Pontefice di grande personalità nonché di notevole preparazione giuridica che per primo affermò in modo assoluto nei confronti di EnricoIV la superiorità del Potere religioso su quello politico.

In tale contesto venne coniato un termine giuridico non esistente nell’Ordinamento Giuridico romano: la Sovranità.

Tale termine deriva dal comparativo latino che, in età classica era espresso da “superior”, ma che nel latino medievale si era deformato in “superanus”. Quindi con superanus all’epoca gregoriana si intendeva stabilire chi tra il Papa e l’Imperatore  avesse il diritto al “Primato” e all’uopo si formarono due Scuole di pensiero contrastanti, ognuna favorevole ad uno dei due contendenti.   Successivamente nel corso dei secoli tale rapporto fu altalenante, talora piu’ favorevole all’uno e talvolta all’altro.

A tale proposito un aspetto del Potere regio e quindi laico su quello religioso è rappresentato dal contestato “Jus exclusivae” consistente in un vero e proprio diritto di veto esercitato più volte nel passato da alcuni Sovrani cattolici europei, quali i Sacri Romani   Imperatori, dagli Imperatori d’Austria, dai Re di Francia e di Spagna  per impedire l’elezione a Pontefice  di candidati a loro non graditi.

Lo Jus exclusivae, usato stabilmente dal XVII secolo, anche se precedentemente si erano verificate azioni simili, consisteva nell’ordine impartito dal Sovrano al cosiddetto Cardinale della Corona di informare l’Assemblea Cardinalizia  riunita in Conclave che un determinato candidato non era di suo gradimento, rendendo così molto difficile e spesso impossibile la sua elezione.  Pur non essendo mai stato formalmente riconosciuto dal Papato tuttavia in numerosi Conclavi tale veto è stato posto.

Anche se alcuni Pontefici tentarono di opporsi a tale prassi, è solo con Pio IX che fu espressamente proibita con la Costituzione “Commissum nobis” del 20 gennaio del 1904. Ciò avvenne ricordando il veto posto dall’Imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I nei confronti del Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro ritenuto su posizioni troppo filofrancesi.

I vari Pontefici  invece hanno avuto ampi spazi di manovra in Italia nella politica degli Stati preunitari italiani prima e nello Stato Italiano dopo, soprattutto a causa della contiguità territoriale.

Il potere temporale pontificio non solo ha nel tempo interferito in varia misura nella politica europea ma per quanto riguarda l’Italia è stato determinante nel ritardarne il processo di unificazione, le cui conseguenze si fanno sentire ancora ai nostri giorni.

Se è vero che il presente ha le sue profonde radici  nel passato l’attuale situazione italiana è la figlia del suo  particolare  passato.

Difatti il nostro,  non è solo un Paese cattolico, come lo sono la Francia ,la Spagna, l’Austria e tanti altri ma soprattutto un Paese papista nel senso che da sempre, anche se in misura diversa, la sua vita politica è stata pesantemente condizionata dalle interferenze provenienti da Oltretevere.

Fin dal Medioevo la regia pontificia ha gestito le sorti del nostro territorio: dalla chiamata dei Franchi  di Carlo Magno da parte di Papa Stefano III contro i Longobardi fino alla richiesta di intervento militare ai Francesi di Napoleone III per abbattere la gloriosa Repubblica Romana; per non parlare poi dei Normanni e degli Angioini sollecitati nel Madioevo dai Papi ad occupare il nostro Meridione, considerato una sorta di feudo dello Stato della Chiesa.

Con la liberazione di Roma da parte delle truppe dello Stato italiano e con la sua proclamazione a Capitale d’Italia il nodo dei rapporti con il Papato  non venne risolto.

Anzi Pio IX come risposta alla definitiva perdita del potere temporale, alla vigilia dell’entrata a Roma dei Bersaglieri, fece approvare dal Concilio Vaticano I il dogma della “infallibilità del Papa” (in sede di pronuncia “ex cathedra”) e nel 1874 impose ai cittadini cattolici italiani con il noto “Non expedit” l’assoluto divieto a partecipare alla vita politica nazionale, divieto che, in un clima politico meno aspro, fu abolito da Benedetto XV nel 1919.

Ma Pio IX sempre alla vigilia della presa di Porta Pia, malgrado una situazione politica di profonda conflittualità col giovane Stato italiano, il 3 gennaio 1870, con una lettera indirizzata a Vittorio Emanuele II tentò di interferire sulla politica scolastica governativa di uno Stato  straniero.

In tale lettera,con lo scopo di evitare l’approvazione di una legge sulla istruzione obbligatoria che avrebbe tolto il monopolio dell’insegnamento alle Istituzioni religiose, il Papa cosi’ si esprimeva:

“Maestà, non ho dato corso alla prima lettera qui unita, e che non ho diretto a Vostra Maestà, perché il Sig. Ministro del Portogallo mi assicurò di aver scritto in proposito, ma non vedendo riscontro, invio a V.M. la stessa lettera.   Vi unisco poi la presente per pregarLa di fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello , e cioè una legge progettata, per quanto si dice relativa alla Istruzione Obbligatoria. Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le scuole cattoliche, soprattutto i Seminari.  Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla Religione di Gesù Cristo. Spero dunque che Vostra Maesta’farà si che, in questa parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può,Maestà, e vedrà che Iddio avrà pietà di Lei.

Lo abbraccio nel Signore.

Pio IX “

Con Roma diventata capitale del Regno d’Italia,  al Ministro di Grazia, Giustizia e Culti del Governo Lanza Matteo Raeli fu affidato l’incarico di redigere una proposta di legge per regolamentare i rapporti tra il Regno d’Italia e la Santa Sede ( la nota legge delle Guarentigie) che fu approvata dal Parlamento il 13  maggio 1871.

La legge formata da 20 articoli era divisa in due parti.

Nella prima parte venivano garantite le prerogative del Pontefice: l’inviolabilità della persona,gli onori sovrani e un corpo di guardie per la sua difesa e per quella degli edifici della Santa Sede aventi lo status della extraterritorialità.

Nella seconda parte erano regolati i rapporti tra Stato e Chiesa,  riconoscendo ad entrambi la completa indipendenza secondo la formula cavouriana di “Libera Chiesa in Libero Stato”.

Ma questa legge non fu accettata da Pio IX che si era rinchiuso nei palazzi vaticani dichiarandosi prigioniero politico.

Anzi due giorni dopo la promulgazione della legge  emanò l’Enciclica “Ubi nos” con la quale veniva ribadito il principio che il potere spirituale non poteva essere disgiunto da quello temporale !

Solo con i Patti Lateranensi, voluti da Mussolini per consolidare i suo regime, la Santa Sede  regolarizzerò i rapporti diplomatici con l’Italia. Patti che risultarono particolarmente onerosi per in nostro Paese e nel 1947, con il grande cinismo che lo contradistingueva, Palmiro Togliatti acconsenti’ ad inserirli nella Carta Costituzionale della Repubblica.

Proprio grazie a quei patti con cogenza costituzionale  Pio XII potè imporre in varie occasioni alcuni comportamenti e decisioni alle Autorità italiane, specialmente sul territorio     di Roma, considerata da tali Patti “Città sacra” e quindi disciplinata non solo dalle leggi nazionali ma anche dai principi affermati dai Patti stessi.

Per questi motivi il 20 settembre 1870 non deve essere celebrato solo come una data di grande importanza storica per il nostro Risorgimento ma anche come un irrinunciabile simbolo della Laicità dello Stato che deve essere sempre difesa  da qualsiasi pressione confessionale.

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