Ambiente & Turismo
Vetture elettriche: il grande inganno— Electric cars: the great deception

Vetture elettriche: il grande inganno
di Marco Andreozzi
Agli inizi del 2004, quasi dimissionario dalla direzione dell’Agenzia Fiorentina per l’Energia e pronto a tornare in Cina, il funzionario europeo supervisore dell’attività della rete dedicata venne a Firenze. In riunione mi colpì una sua uscita che grosso modo recitava così: “Marco, tu forse sei troppo ingegnere e poco politico”. In effetti, tutti gli omologhi italiani di altre agenzie provinciali che avevo conosciuto in quegli anni appartenevano alla parte politica di riferimento territoriale, alcuni anche un pò faziosi. Ma a parte questo, quella frase è indimenticabile perché ci pensa la Commissione Europea a ricordarmela di frequente, in particolare con l’iniziativa “FitFor55” di cui si è già parlato.
Il riferimento è al fatto che commissari politici della Commissione, a loro volta supportati da funzionari politici, significano scarsa competenza tecnica dalla quale possono derivare decisioni dannose per l’industria italiana, come nel caso citato. L’occasione per parlare di nuovo di “FitFor55” viene dalle novità rispetto a nuovi investimenti cinesi nell’Unione. In primis Catl, primo produttore al mondo di batterie agli ioni di litio, che ha annunciato un investimento del valore di 7,3 miliardi di $ a Debrecen in Ungheria per una giga-fabbrica pronta a produrre nel 2027, alimentata da energia rinnovabile (di produzione cinese, si suppone), con l’obiettivo di rafforzare la presenza nel Vecchio Continente (è già operativa in Germania). Ricordiamo il motivo: secondo “FitFor55”, al 2035 sarà proibito vendere vetture nuove a combustione interna nell’Unione Europea.
La capacità produttiva cinese di batterie per veicoli elettrici (VE) sfiora l’80% (BloombergNEF), dato simile alla capacità media di raffinazione di litio, nickel, cobalto e grafite, necessari per produrre questi accumulatori ricaricabili; inoltre, tra proprietà e diritti di sfruttamento, la Cina dispone della metà delle miniere del pianeta. In barba al bene comune europeo (e Ucraino), la politica tedesca resta ferma sugli ultimi vent’anni di dipendenza economico/energetica da Cina/Russia. BMW ha siglato un accordo di fornitura batterie con la cinese EveEnergy ed avrà il proprio stabilimento produttivo di VE proprio a Debrecen, dove anche EveEnergy realizzerà un complesso produttivo. Nuova “Ostpolitik” 4.0 allargata all’Eurasia, mentre la Francia utilizza valuta cinese per un quinto del suo commercio con la Cina, già con oltre la metà dei pagamenti tra i due Paesi in yuan. L’Italia aveva invece aumentato le importazioni di gas russo: + 18% dall’invasione della Crimea (2014), per poco sotto un miliardo e mezzo di $, aumentando la dipendenza relativa di 8 punti percentuale al 46,6%. Nel marzo 2019 il governo Lega-5S aderiva (unico Paese G-7) al programma “Via della Seta” e il primo risultato tangibile a fine anno fu un ulteriore peggioramento per l’Italia della bilancia commerciale: + 1 miliardo di $, da -17,62 a – 18,67 miliardi di $.
Posto quindi che la filiera delle VE è pesantemente legata ad un pericoloso quasi-monopolio cinese, oltre che essere inquinante/climalterante “lontano dal mio quartiere” europeo, il motivo della riduzione dei gas serra avrebbe poco a che fare con l’UE, visto che al 2020 le emissioni climalteranti dell’Unione hanno valso 3,5 miliardi di tonnellate: – 24% rispetto al 2008! E chi sa quanto pesa l’UE sulle emissioni globali? Appena l’8%, di cui un quarto tedesche, contro il 30% della Cina e il 15% degli USA. E’ giusto colpire l’industria italiana sulla base di questi dati e un modello economico ormai disaccoppiato dai consumi energetici (anche pro capite)? Meditate gente, meditate.
Electric cars: the great deception
by Marco Andreozzi