Connect with us

Diritti umani

Verso una digitalizzazione delle interazioni e della sessualità?

Published

on

Tempo di lettura: 6 minuti

Con i veloci cambiamenti tecnologici e della loro altrettanto celere diffusione in una parte del pianeta, complice una frammentazione sociale diffusa, si è già arrivati ad artefatti virtuali e digitali con i quali dialogare, dei quali innamorarsi, o con i quali avere relazioni sessuali.

 di Antonio Virgili – pres. comm. Cultura Lidu onlus

Sia pure in modo poco vistoso e discontinuo, procede la digitalizzazione e virtualizzazione anche di aspetti del comportamento che, sino a poco tempo fa, difficilmente si sarebbero immaginati già resi virtuali in questo secondo decennio del XXI secolo.  Ci si riferisce a quei comportamenti collegati alla socialità, alle interazioni affettive ed alla sessualità, tutti temi già presenti in una parte della produzione di fantascienza e analisi di scenari futuribili, ma che apparivano ancora alquanto lontani nel tempo.  Ed invece, a traino dei veloci cambiamenti tecnologici e della loro altrettanto celere diffusione in una parte del pianeta, complice una frammentazione sociale diffusa, si è già arrivati ad artefatti virtuali e digitali con i quali dialogare, dei quali innamorarsi, o con i quali avere relazioni sessuali.   Il riferimento va, oltre ai social network, alle applicazioni dell’intelligenza artificiale che stanno diventando sostituti elettronici di persone reali, in situazioni che sono oramai sempre più frequenti e diversificate.   Mentre, tempo addietro, l’attenzione di concentrava sulla temuta diffusione massiccia della pornografia attraverso internet, portatrice di descrizioni enfatizzate e distorte della sessualità, questa aspettativa appare oramai superata da altre soluzioni virtuali orientate a fornire soddisfazioni emotive, se non affettive, rispondendo ad esigenze psicologiche e sociali comuni.   

Soluzioni virtuali che, ad esempio, danno risposta a quesiti relazionali quali: chi è disposto ad ascoltarmi?  Con chi parlo di questi temi?  Chi mi comprende?  Chi è disponibile a condividere con me del tempo? ecc.  Il caso di cronaca più recente è quello di una giovane “influencer” statunitense che usa un suo clone, un bot informatico, realizzato con l’IA, che replica diverse sue caratteristiche (aspetto, voce, gusti, modi di agire, ecc.).  L’idea e la tecnologia del clone non sono nuove, forse meno prevedibile è che già migliaia di persone siano state disposte anche a pagare per dialogare, consapevolmente, solo con una “copia virtuale” della ragazza.    Sebbene alcuni abbiano ipotizzato legami, o contiguità, tra pornografia digitale ed emotività virtuale, è più corretto tenere separate queste forme.   La pornografia, pratica antica presente in molte culture e periodi[1], costituisce principalmente una modalità, sebbene spesso distorta, ancora di tipo “informativo”, o un gioco, oppure acquisiva funzioni rituali in contesti individuali o interpersonali, ma non risulta una pratica tendenzialmente sostitutiva di comportamenti reali.  Nelle interazioni virtuali degli ultimi anni, invece, le interazioni (appunto, virtuali) attraverso i social e quelle più complesse gestite da robot e IA, risultano sempre più sostitutive di comportamenti, interazioni e contesti reali.   Se la pornografia determinava una possibile deformazione della sessualità reale poiché la riduceva alla sola componente fisica e, soltanto indirettamente, agiva sui modelli comportamentali interpersonali, le tendenze recenti non solo deformano ma, in misura crescente, sostituiscono direttamente le interazioni sociali ed emotive stesse.  Ciò è confermato dal fatto che mentre la pornografia, storicamente ed antropologicamente, è un immaginario che rinvia a correlati fisici reali ma non aveva, in genere, lo scopo di sostituirli, invece nel campo delle interazioni, emozioni, o soddisfazioni comunicative, lo strumento virtuale prende letteralmente il posto dell’interlocutore.  Le interazioni virtuali cioè non simbolizzano tanto altri tipi di interazione ma cominciano a sostituirsi direttamente alle interazioni stesse.  Così, se le persone non hanno tempo per dialogare, o sono troppo timide, o tendono a interazioni disturbate, trovano con la modalità virtuale possibilità di autovalorizzazione indotta e meccanismi di rinforzo.    Ciò con possibilità di accesso crescenti e costi e requisiti tecnici decrescenti.

Infatti un bot (che è abbreviazione di robot) in informatica è un programma che accede alla rete attraverso lo stesso tipo di canali utilizzati dagli utenti (per esempio che accede alle pagine Web, invia messaggi in una chat, si muove nei videogiochi, e così via). Programmi di questo tipo sono diffusi in relazione a molti diversi servizi in rete, con scopi vari, ma in genere legati all’automazione di compiti che sarebbero troppo gravosi o complessi per gli utenti.     Nei paesi anglosassoni, con “Bot” s’intende più specificamente un programma autonomo che nelle reti sociali fa credere all’utente di comunicare con un’altra persona umana. Questi bot migliorano di anno in anno ed è sempre più difficile distinguere un bot da una persona.   Circa la metà del traffico Internet odierno risulta costituito da bot che simulano la comunicazione umana sui social network, cercano contenuti in rete per le aziende, ottimizzano le funzioni dei motori di ricerca, automatizzano il servizio clienti o supportano attività criminali come i furti di dati, gli scam e gli attacchi DDoS.   I bot sono quindi programmi informatici che operano in modo indipendente e automatico e non dipendono nella loro funzione dall’intervento o dal monitoraggio umano.      Come qualsiasi altro strumento, i bot possono essere utilizzati per scopi legittimi o illeciti. Le Chatbot imitano gli utenti umani nelle chat e simulano la comunicazione naturale, ad esempio per elaborare le domande frequenti o le richieste dei clienti come bot identificabili nel servizio clienti o per fingere una vera identità utente come bot nascosti.

La presenza di tali relazioni virtuali sta facendosi strada anche da un punto di vista informativo.  A qualcuno sarà capitato, curiosando tra la variegata offerta di intrattenimento, di vedere una puntata di Catfish. La serie pensata da Schulman e Joseph parla proprio di persone con relazioni virtuali. Al confine tra realtà e inganno – c’è chi è troppo timido e insicuro per farsi avanti e concretizzare la relazione sul web e chi, invece, finge di essere qualcuno che non è, i suoi protagonisti s’innamorano spesso di… avatar su una chat.  Nonostante tali situazioni siano ancora al limite, si può dire che l’amore via chat, o amore virtuale, oramai esiste e non è solo considerato un gioco o passatempo.  Una relazione virtuale è un rapporto a tutti gli effetti in cui, semplicemente, la coppia è geograficamente divisa; si tratta di una relazione online in cui si ricrea un contesto reale, scambiare emozioni, confidare sentimenti, paure e speranze e, oramai, includere una sorta di sessualità online.     Riflessioni e articoli su questi contenuti cominciano a diffondersi anche su riviste e canali di informazione.  Prefigurando uno scenario inaspettato e a tratti anche inquietante, con tante persone che potrebbero rifiutarsi di uscire “fisicamente” per preferire i loro coetanei/ee virtuali piuttosto di quelle/i vere/i.   In questa lenta diffusione nei mezzi di comunicazione, emerge l’idea che l’uso di partner virtuali non sia del tutto negativa, non solo per persone insicure ma anche perché più facilmente gestibile ed efficiente, così si legge, a fronte di limitate caratteristiche negative (!!).  Anche questo è un fenomeno antropologico sul quale riflettere.

Tutto ciò appare come un chiaro segnale di vuoto sociale e relazionale, se non di sempre più frequente spaesamento e di diffuso analfabetismo relazionale, emotivo e sessuale, che coinvolge masse crescenti di persone.  Che le tecnologie e i social network stessero assorbendo una quantità crescente del tempo individuale delle persone è noto, che la socialità nel mondo reale sia sempre più affiancata da relazioni virtuali a distanza è spesso tema di discussione specialmente in relazione agli adolescenti, che tali comportamenti giungessero poi a sostituire sempre di più anche parte delle interazioni e relazioni emotive, affettive e addirittura di “innamoramento”, per quanto ulteriore prevedibile estensione della tendenza, desta comunque un certo allarme.  L’ansia sociale, il timore di relazionarsi dal vivo, le aspettative spesso eccessive nel “dover apparire” o nel “dover essere”, relazioni sociali sempre più solo superficiali, una scarsa formazione alla socialità stessa, la convinzione che gli insuccessi siano sempre solo colpa della psiche individuale, l’assenza di adeguata informazione sessuologica a fronte di massicce presenze della pornografia, stanno minando e sgretolando le relazioni sociali, oramai pure nelle relazioni emotive e sessuali.  Anche l’associazione mediatica frequente tra sessualità e violenza sostiene indirettamente queste tendenze. Ciò sino agli androidi sessuali, ovvero macchine (riproduzioni animate del corpo umano femminile o maschile) destinate ad intrattenimento erotico-sessuale per adulti, che sono già in vendita ed in uso.  Non sono bambole, ma androidi estremamente costosi e dalle forme accuratissime, in grado di muoversi, di reagire, di adattarsi, entro certi limiti.   Le implicazioni antropologiche e sociologiche di tali androidi per intrattenimento sono molteplici, si tratterebbe, tra l’altro, dell’ennesimo passo verso un tipo di sessualità sempre più autocentrata e sempre meno relazionale.

Questi aspetti si sovrappongono alla crisi demografica di molti Paesi industrializzati, nei quali si hanno sempre meno figli e la sessualità sembra interessare sempre meno. Cui si aggiungono gli ostacoli sociali, economici e culturali alla natalità, nonché agli effetti del degrado ambientale che sta producendo una minore fertilità.

[1] La pornografia è la raffigurazione esplicita di soggetti erotici e sessuali. Tali forme di rappresentazione esplicita di atti sessuali sono testimoniate presso la maggior parte delle civiltà della storia. Secondo alcuni studi un suo uso massiccio può indurre calo del desiderio sessuale, eiaculazione precoce, nonché limitati casi di disturbi di ansia, DOC e ADHD. Altri studi ne hanno evidenziato anche alcune conseguenze positive nel migliorare la sessualità agita in contesti familiari o culturali fortemente repressivi.

Print Friendly, PDF & Email