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Turchia: sei giornalisti condannati all’ergastolo. Erdogan reprime la libertà di stampa

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Sono detenuti in un carcere di isolamento e avranno solo un’ora d’aria. Dichiarati colpevoli d’aver collaborato coi golpisti per rovesciare il governo.

di Vito Nicola Lacerenza

In Turchia sei scrittori e giornalisti sono stati condannati all’ergastolo per aver “attentato all’ordine costituzionale”. Tra loro ci sono tre grandi firme del giornalismo turco: Ahmet Altan, 67 anni, suo fratello Mehmet, 65 anni,  Nazlı Ilıcak, 74 anni. Colpevoli, secondo la Corte, di aver avuto relazioni con alcuni “nemici dello Stato”, ovvero i militari golpisti che nel 2016 hanno tentato di rovesciare il governo di Recep Tayyip Erdogan prendendo il controllo delle istituzioni. Ma l’operazione è fallita e da allora Erdogan ha dichiarato lo stato d’emergenza per dare inizio alla “lotta senza quartiere contro  i cospiratori”.

Con tale pretesto il presidente turco ha fatto licenziare nel giro di pochi mesi oltre 150.000 persone tra professori universitari, insegnanti di scuole superiori, ufficiali dell’esercito e giudici. Nello stesso arco di tempo altre 137.000 persone sono finite in carcere senza alcuna accusa. Gli ultimi rimasti a contrastare lo strapotere di Erdogan erano i giornalisti indipendenti, i quali fino all’ultimo hanno denunciato gli abusi attuati dalla dittatura turca che non tollera i critici e li silenzia. Circa 200 testate giornalistiche sono state chiuse e 100.000 siti internet oscurati, ma nonostante ciò  Ahmet Altan,  Mehmet  Altan,  Nazlı Ilıcak e i loro tre colleghi hanno continuato a far sentire la loro voce, finché non sono stati condannati al carcere di isolamento a vita. Un’ ora d’aria al giorno e la possibilità di essere visitati dai familiari sono gli unici “privilegi” che i giudici gli hanno concesso.

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