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Tumore della tiroide, arriva in Italia il primo farmaco per la terapia
Si tratta dell’unica molecola approvata per il trattamento del carcinoma midollare, che colpisce ogni anno circa 200 italiani e 2.400 persone in Europa.
Roma, 17 settembre – Riconoscere il tumore midollare della tiroide come una malattia rara. Istituire un registro nazionale e una rete di centri di riferimento. Rendere i pazienti più informati e consapevoli, diffondendo il messaggio positivo che il carcinoma midollare della tiroide non è più un tumore invincibile. Sono alcuni dei 10 punti del Manifesto del tumore midollare della tiroide che, promosso da AstraZeneca e dall’Osservatorio malattie rare, è stato presentato oggi in occasione dell’arrivo in Italia di Vandetanib: la prima terapia che inaugura, secondo gli esperti, una nuova era nel trattamento di questa rara e particolarmente aggressiva forma di tumore. Si tratta dell’unica molecola approvata per il trattamento del carcinoma midollare della tiroide, che colpisce ogni anno circa 200 italiani e 2.400 persone in Europa.
“Fino a ieri l’unica soluzione contro il carcinoma midollare della tiroide era l’asportazione della lesione cancerosa e dell’intera ghiandola tiroidea. Ma per le diagnosi tardive, in caso di malattia in fase avanzata o metastatica, non avevamo a disposizione cure valide, anche perché chemio e radioterapia hanno dimostrato di essere inefficaci. Oggi però esiste una terapia innovativa: Vandetanib si è dimostrato efficace nel ridurre la velocità di crescita e addirittura nel bloccare le cellule tumorali”, commenta Rossella Elisei, professore associato del Dipartimento di Endocrinologia dell’Università di Pisa. “La terapia con Vandetanib – aggiunge Elisei – richiede l’assunzione di una compressa al giorno, non implica ospedalizzazione e può essere seguita direttamente da casa. La nuova terapia stabilizza la malattia e permette di avere uno stile di vita soddisfacente, trasformando di fatto un tumore in una malattia cronica”.
Il progresso scientifico. Tre generazioni, tanto è bastato alla ricerca medica e farmacologica per cambiare la storia naturale di un tumore raro, che fino a pochi anni fa aveva ben poche possibilità di cura. “È emblematica – racconta Sebastiano Filetti, professore di Medicina Interna, Università Sapienza di Roma – la storia famigliare di un noto jazzista italiano, che ha ereditato dalla madre il tumore midollare della tiroide, che in 1 caso su 4 si trasmette geneticamente. La mamma del musicista non ha risposto alla chemioterapia, che era l’unica terapia disponibile, ed è scomparsa in giovane età. Il jazzista, invece, è stato inserito in un trial sperimentale con Vandetanib: in pochi mesi la nuova terapia gli ha permesso di controllare la malattia e migliorare la qualità di vita, trasformando una patologia oncologica in una malattia cronica. Infine, le sempre maggiori conoscenze scientifiche hanno permesso di monitorare la figlia del jazzista sin dalla nascita, di scoprire tempestivamente la stessa mutazione genetica e di asportarle chirurgicamente la tiroide prima della manifestazione della stessa malattia. In sintesi, il progresso scientifico nell’arco di pochi decenni, ha permesso di controllare una patologia prima letale e di arrivare in certi casi a prevenirla”.
Il Manifesto. Far conoscere meglio la malattia e migliorare il sistema di presa in carico dei pazienti sono i principali obiettivi del Manifesto del tumore midollare della tiroide – 10 punti per conoscere e riconoscere una malattia rara che, promosso da AstraZeneca e dall’Osservatorio malattie rare, è già stato sottoscritto da alcuni dei massimi esperti italiani, tra cui i professori Rossella Elisei, Sebastiano Filetti e Lisa Licitra. “Il carcinoma midollare della tiroide è una neoplasia rara, che rappresenta il 5% dei tumori tiroidei, dai quali si distingue per la sua particolare aggressività e con i quali non va confuso. Le cellule colpite sono tiroidee solo per localizzazione: si tratta in realtà di cellule parafollicolari di origine neuroendocrina e quindi diverse da quelle follicolari. Inoltre, a differenza degli altri tumori tiroidei, che colpiscono 4 volte di più le donne rispetto agli uomini, per il carcinoma midollare non si registrano differenze di genere. Chi è affetto dal carcinoma midollare della tiroide vive le medesime difficoltà dei pazienti con malattie rare: pochi centri sanno trattarli adeguatamente e le terapie sono poche o inesistenti. Ecco perché il tumore midollare della tiroide è di fatto una malattia rara oncologica”, dichiara Lisa Licitra, direttore struttura semplice oncologia medica dei tumori testa-collo, Fondazione istituto nazionale di Milano.
La terapia. È ora disponibile anche in Italia Vandetanib, il primo farmaco approvato per il trattamento del carcinoma midollare della tiroide aggressivo e sintomatico, localmente avanzato o metastatico, chirurgicamente non asportabile. Vandetanib è un inibitore della tirosin-chinasi che sfrutta 2 diversi meccanismi d’azione: da una parte, attraverso l’inibizione del recettore del fattore di crescita vascolare endoteliale (vegfr), blocca la crescita dei vasi che portano sangue al tumore e dall’altra, con il blocco dei recettori del fattore di crescita epidermico (egfr) e ret, riduce la crescita e la sopravvivenza tumorale. Lo studio clinico di fase III zeta – condotto su 331 pazienti, il 20% dei quali arruolati in Italia – ha dimostrato che Vandetanib permette una riduzione del 54% del rischio di progressione di malattia rispetto al placebo. La terapia con Vandetanib richiede l’assunzione di una compressa al giorno, non implica ospedalizzazione e può essere eseguita direttamente da casa.
“Vandetanib, frutto della ricerca di AstraZeneca, è il primo farmaco ad oggi specificamente studiato per il trattamento del carcinoma midollare della tiroide in stadio avanzato – conclude Nicola Braggio, presidente di AstraZeneca Italia – ed è il primo vero progresso terapeutico degli ultimi 20 anni per questa rara forma di tumore. Il trattamento con Vandetanib rappresenta quindi un’importante speranza per i pazienti affetti da questa rara patologia che, fino a ieri, era priva di terapie efficaci. È un risultato che riteniamo importante per i pazienti, la comunità scientifica, le istituzioni e per la nostra stessa azienda, impegnata da sempre nella ricerca di soluzioni di alto valore scientifico anche per alcune delle malattie più rare al mondo”.