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Diritti umani

Pippo Fava, il ricordo del giornalista celebrato dalla sua amata Catania.

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In memoria del giornalista Pippo Fava, scomparso il 5 gennaio 1984, I Siciliani giovani e la rete antirazzista catanese hanno organizzato una grande manifestazione a Catania. A concludere la giornata, la premiazione dei partecipanti al Premio Nazionale “Giuseppe Fava-Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie”.

Credere nella verità, senza orpelli o congetture, scavata e riportata alla luce per il puro atto di raccontarla e riuscire a cambiare la realtà dei fatti, soprattutto quelli scomodi. A reputare la professione del giornalista come una vera e propria missione: Pippo Fava, scrittore, giornalista e drammaturgo, nato a Palazzolo Acreide nel 1925 e ucciso da Cosa nostra il 5 gennaio del 1984 a Catania, in quella stessa città tanto amata, ma anche profondamente corrotta. E proprio la città etnea, ha deciso di ricordare il grande giornalista con una manifestazione, promossa da I Siciliani giovani e dalla rete antirazzista catanese con partenza dal Teatro Macchiavelli in Piazza Università, tra i cui partecipanti é prevista anche la presenza dell’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano. Nel pomeriggio il corteo si dirigerà a pochi metri dal Teatro Stabile, luogo dove è stato assassinato il giornalista per poi concludere la celebrazione con la premiazione dei giovani partecipanti al Premio Nazionale, “ Giuseppe Fava- Niente altro che la verità. Scritture e immagini contro le mafie” da parte della Fondazione Giuseppe Fava, per essersi dedicati ad un giornalismo pulito e d’inchiesta, con il traffico dei migranti in Libia come tema.
Trentasei anni, è questo il tempo cui Fava manca alla sua Sicilia e al mondo giornalistico. Un anno prima della sua morte, storica è la fondazione a Catania insieme ad un gruppo di giovani giornalisti, del giornale I Siciliani, in cui vengono messi in chiaro sin dal primo numero i temi da affrontare: il problema dilagante della mafia; il ricatto occupazionale delle industrie e le conseguenze provocate dal loro avvento all’ambiente e alla salute; la corruzione politica e la campagna pacifista in risposta allo stanziamento di missili nucleari nelle basi Nato della Regione.
Un giornale “senza padroni e né padrini” e per questo visto come una minaccia da mafiosi, che per lui non erano incarnati dai sempliciotti che giravano per la città a chiedere il pizzo, ma da coloro posti ai vertici della nazione.  

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