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I mostri e il nostro esame di coscienza

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‘Smettiamola di immortalare i mostri che abbiamo creato e, cominciando con il Boia corleonese, alla loro morte distruggiamo ogni traccia della loro esistenza’.

Di Gianni Pezzano

 

Ci sono delitti così orrendi che lasciano un ricordo indelebile nella nostra memoria. In queste due settimane abbiamo visto la morte di due “personaggi” che hanno segnato episodi importanti, e con i loro delitti non solo hanno cambiato due paesi, ma hanno fatto inorridire tutto il pianeta. Allo stesso tempo abbiamo visto in Italia un comportamento tale da alcune parti della società che ci costringe a farci domande scomode su come affrontare quel che spesso trattiamo nel modo sbagliato.

I nomi da ricordare.

Il 17 novembre è deceduto il diretto responsabile di oltre 200 omicidi. Sarebbe facile ricordare nomi come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Carlo Alberto della Chiesa, oppure Piersanti Mattarella, il fratello dell’attuale Presidente della Repubblica. Il nome che più dobbiamo ricordare per capire gli orrori che noi esseri umani  siamo capaci di fare è quello di Giuseppe di Matteo di 10 anni, il cui “reato” era di non aver potuto scegliere in quale famiglia e in quale paese nascere. Certo, non tutte le vittime furono “innocenti” ma ciò non autorizza nessuno nel giustificare i reati imputati al Boia di Corleone.

L’elenco delle vittime del secondo decesso “scomodo” è molto più corto e vale la pena ricordare tutti i nomi, visto che in questi giorni la stampa mondiale si è fermata soltanto al più noto. Nel 1969 a Los Angeles negli Stati Uniti il cosiddetto “mago satanico”, che è deceduto qualche giorno dopo il corleonese, ordinò la morte di Sharon Tate (incinta di 8 mesi), Jay Sebring, Voytek Freykowski, Abigail Folger, Steven Parent, Leno e Rosemary LaBianca, Gary Hinman e Donald Shea. In paragone al primo deceduto l’elenco delle vittime non è lungo, ma con una ferocia tale che tutto il mondo non le ha mai dimenticate.

Sciacallaggio

Sarebbe banale parlare di “diritto di cronaca” e di “informare il pubblico dei fatti” in certe circostanze, ma in seguito alla prima morte abbiamo visto comportamenti in questo paese, e non solo da parte di giornalisti, per i quali dobbiamo porci alcune domande.

A cosa serve chiedere alle famiglie delle vittime le loro reazioni alla notizia del decesso del criminale, domanda che non fa altro che riaprire piaghe mai chiuse del tutto per metterci sopra ancora più sale?

A cosa serve chiedere alla gente di Corleone cosa pensa del loro concittadino tristemente noto quando il territorio è ancora soggetto a famiglie che sfruttano gente che non ha mai trovato la forza di ribellarsi al potere della mafia?

Quella stessa gente che a volte con il suo silenzio ha lasciato soli quei pochi pronti a difenderla e quindi ha creato le condizioni che hanno permesso quel che viene descritto dal titolo di un grande film “I cadaveri eccellenti”.

A cosa serve utilizzare la morte di una bellissima attrice incinta per cercare di “spiegare” o “giustificare” il comportamento del suo vedovo, il regista di fama mondiale Roman Polanski,  il cui nome è macchiato da decenni da condanne per comportamenti verso una minorenne, reato che non sarebbe perdonato ad altri?

Poi, finiamo con un caso dell’utente del social media che ha utilizzato una foto della Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini e della Sotto Segretaria di Stato Maria Elena Boschi per cercare di far credere che fossero andate al funerale del criminale corleonese. Un tentativo diffamatorio che è giustamente finito nel libro degli indagati delle forze dell’ordine.

Dobbiamo utilizzare gli orrori di questi mostri per fare giochi di bassissima politica?

Realtà

A volte, guardando i programmi televisivi di questi giorni e anche qualche sciagurato post su Facebook, si ha l’impressione che la gente ha smesso di capire che quel che vediamo nelle cronache non sono trame da serie tv o del prossimo film noir, ma sono incidenti veri e i morti si trovano nei cimiteri dimenticati da tutti,  tranne le famiglie.

Perciò dobbiamo smettere di ricordare i nomi dei criminali per evidenziare che le loro vittime, fin troppo spesso dimenticate, sono il prezzo orrendo della piaga più grande del nostro paese.

Infatti, abbiamo creato un’industria così grande attorno alla malavita italiana che rischiamo di banalizzarla. Siamo capaci di riempire decine di ore alla settimana in televisione parlando di questi “fatti”, ma non siamo stati ancora capaci di trovare una soluzione.

Il “mago malefico” di Los Angeles era un fenomeno unico e soggetto di studi sociali e psicologici e quindi difficilmente ripetibile. Invece il problema italiano lo soffriamo da troppi anni e probabilmente con molti più morti di quel che sappiamo ufficialmente.

Senza scordare poi che la malavita ci segue anche quando andiamo all’estero, come ha scoperto un nostro connazionale a Londra. In un post su Facebook lui ha spiegato il proprio stupore quando un collega di lavoro gli ha espresso le “condoglianze” per la morte del corleonese.

Purtroppo noi che siamo nati e cresciuti all’estero conosciamo bene quanto è difficile cancellare questa onta del nostra paese. Anche perché le cosche italiane svolgono ancora un ruolo fondamentale nel mercato mondiale di stupefacenti illeciti, come leggiamo regolarmente nelle cronache internazionali.

Primo passo?

Per l’ennesima volta il paese deve affrontare il problema che è stato discusso all’infinito e che lo Stato, cioè tutti noi compresi gli abitanti delle regioni colpite, senza trovare risposte. Cominciamo chiedendoci, come ha fatto un analfabeta rozzo e ignorante a ottenere un potere tale da sfidare Roma e non solo una volta?

Certo, quell’analfabeta era anche furbo e spietato, come gli oltre 200 morti che ha lasciato per strada possono testimoniare, ma una democrazia moderna non può essere soggetta a questi poteri occulti.

Però, la risposta non può venire esclusivamente dai politici. La risposta più grande deve venire dalla gente che subisce direttamente le minacce. Allora iniziamo con un primo passo importante.

Smettiamola di immortalare i mostri che abbiamo creato e, cominciando con il Boia corleonese, alla loro morte distruggiamo ogni traccia della loro esistenza.

Invece di riempire pagine di giornali e ore alla televisione con le loro immagini facciamo ricordare di nuovo le vite delle loro vittime, iniziando dal povero Giuseppe, per far capire a tutti che il prezzo che paghiamo con la presenza di questi mostri è troppo alto…

 

 

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