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Arte & Cultura

Massimo Pasquarelli ed il suo album personale “Sono”

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Tempo di lettura: 4 minuti

Un lavoro introspettivo che diviene realtà, a coronamento di una lunga carriera al servizio della musica, è l’album “Sono” del cantante romano Massimo Pasquarelli. Dieci brani audio ricchi di contaminazioni pop, melodiche, soul ed in parte swing.

La puntina del giradischi genera il segnale audio, è il Rigoletto di Verdi che si propaga dalle finestre aperte ed un balcone di un appartamento in un condominio romano, ad interpretarlo è la voce di un bambino di cinque anni, celato alla vista, intento a destare dal riposino postprandiale i vicini. Non è l’incipit di una commedia, ma la storia di una vita dedicata alla musica, quella del cantante romano Massimo Pasquarelli, classe ’63, spirito allegro e serio al contempo, dopo gli Actor’s studio di Roma intraprende la gavetta musicale dividendo il palco con numerosi artisti: Renato Zero, Renzo Arbore, Sergio Cammariere, Giorgio Faletti, Michele Zarrillo per citarne alcuni. Partecipa alla trasmissione Televiggiù, canta nell’orchestra del maestro Gianni Mazza, si affianca agli Emporium, band in cui suona il basso un giovanissimo Max Gazzé. Nel ’97 diventa consulente musicale di Rai International nelle trasmissioni di Renzo Arbore, Sabrina Ciuffini e Gianni Bisiach, curando anche un format di lirica. Non solo musica, ma anche un breve periodo di teatro con la Compagnia del Cilindro, con la partecipazione in commedie musicali. Adesso, dopo una lunga carriera e la creazione della band “Soul System”, ha deciso di presentare il suo disco personale “Sono”, prodotto da Mariella Restuccia per Musitalia Srl, composto da dieci brani in cui si può avvertire una contaminazione tra più generi musicali: pop, melodico, soul ed in minima parte lo swing. “Noi-dice Pasquarelli-siamo quello che abbiamo incontrato nella nostra vita, per cui avendo ascoltato molti generi musicali, nel momento in cui compongo li tocco un po’ tutti. Credo di aver fatto un lavoro dignitoso e tutte le critiche sono ben accette”.

Musicista preferito?
«Ce ne sono tanti, i musicisti soul come Ray Charles, ma anche i Simply Red, tutta la musica degli anni ’70-’80 e anche la musica inglese: Beatles, U2, Simple Minds».

L’esperienza che lo ha forgiato maggiormente?
«Quando ho fatto la scuola di recitazione e canto agli inizi degli anni ’80. Ho cominciato a collaborare con musicisti più grandi di me, che avevano fatto grosse tournée e avevano collaborato con Renato Zero, Loredana Bertè e tutti i musicisti di livello».

C’è un’artista che preferisce tra quelli con cui ha condiviso il palco?
«Dal punto di vista umano e musicale Max Gazzé, andavamo molto d’accordo, abbiamo fatto circa 300 serate, lui al basso ed io voce».

Com’è stato lavorare nell’orchestra del maestro Gianni Mazza?
«È stato ‘un momento di grazia’, perché suonavo in locali belli, andavo in televisione ed era buona cosa per la visibilità. Figurati che mi chiamavano persone che non sentivo da vent’anni».

Le mancano le apparizioni televisive?
«No. Serve ad un discorso di visibilità. Se devi cantare una canzone di 3-4 minuti, c’è molta tensione perché sai che ne canti una e ti stanno guardando molti telespettatori, è una cosa meccanica che manca di spontaneità. Invece, nelle serate al secondo, terzo e quarto pezzo diventi te stesso, piano piano ti sciogli e diventi più naturale».

Ha collaborato con la Compagnia del Cilindro per tre anni. Meglio la musica o la recitazione?
«La musica, perché non sono un grande attore. Però mi è stato utile perché, in certi momenti, la recitazione ti aiuta a stare sul palco».

Perché ha deciso di proporre un suo progetto musicale?
«Non avendo padronanza di uno strumento, mi è sempre piaciuto scrivere testi e musica. Mi piaceva il fatto di creare qualcosa, non cantare le cose degli altri, provare a fare qualcosa di mio».

Ci parli di “Sono”
«Questo titolo esprime ciò che penso, ho scritto quello che sono ed ho preso ispirazione dalla vita di tutti i giorni. Le nove canzoni comunicano la gioia di conoscere qualcuno che ti dà la speranza di aver trovato l’amore vero, mentre l’ultimo si sofferma su quelle storie che finiscono perché non hanno più lo stesso sapore di prima. Le emozioni prevalenti sono quelle positive, tutte le canzoni seguono un filo logico ed il suo messaggio è quello di volersi bene».

Se potesse descrivere la sua musica?
«Il sentimento della vendetta fa sempre due vittime. Sicuramente c’è vendetta, ma allo stesso tempo muori tu, perché essa è una forma di violenza che si perpetra su di noi».

Fa musica perché…
«A prescindere dal fatto che è la mia passione, quando mi metto lì a fare musica che siano due, tre o dieci ore, non penso ad altro e credo sia una cosa splendida. È un diversivo totale, soprattutto la composizione, perché pensi solo a quello, è come fare una vacanza. Faccio le vacanze tutti i giorni».

Quale musicista sceglierebbe per fare un featuring?
«Michael Bublé. L’avrei fatto volentieri con Sinatra, ma non c’è più. Dico questo perché sono un baritono, lavoro molto sui registri bassi e potremmo avere le stesse tonalità, perché spesso capita di cantare con chi ha tonalità diverse, ci si deve adattare e molte volte non si canta al massimo delle possibilità».

Dopo “Sono” ha in cantiere un nuovo progetto?
«Certo, sto già scrivendo e ho del materiale. Credo che sarà leggermente diverso da ‘Sono’, perché toccherò qualche altro registro dal punto di vista compositivo».

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