Arte & Cultura
L’incanto del pianoforte nelle note di Kazimiers Morski

Intervista al pianista, direttore d’orchestra, professore universitario e saggista specializzato nel repertorio di Chopin
Di Francesca Rossetti
Roma, 10 dicembre – Da sempre il pianoforte è uno strumento magico, capace di catturare le emozioni di tutti con le sue incantevoli note. Ho incontrato un autentico luminare in materia, il Maestro Kazimiers Morski, ed ecco cosa ci racconta di questo meraviglioso mezzo di comunicazione e dell’incantevole mondo della musica classica.
Chi è Kazimierz Morski e come nasce la Sua passione per la musica?
Pianista e direttore d’orchestra, professore universitario, saggista, una lunga esperienza nel mondo della musica, dell’arte e del pensiero. Nato nella Polonia orientale, a Borysław ove non sono mai più ritornato, e cresciuto in Alta Slesia.
Il mio amore per la musica è da sempre, ha le radici nella mia famiglia e nella mia prima infanzia. Mio zio era violinista e già all’età di tre anni, mi avviò a questo strumento che amo e che forse sta alla base di un’attenzione che ho sempre avuto per gli archi, anche nella mia altra professione di direttoriale.
Lei ha scelto il pianoforte: che cos’ha di particolare e speciale questo incantevole strumento rispetto agli altri?
Come ho accennato, ero molto piccolo quando iniziai col violino, ma successivamente furono mia nonna e mia madre, per quanto lei stessa si fosse dedicata a quello strumento, ad avviarmi al pianoforte…e così esso divenne il mio strumento: ricordo il mio primo concerto pubblico: avevo sei anni, non arrivavo ancora con le gambe ai pedali del pianoforte, ma suonai con la spontaneità che è dei bambini,
Lei da sempre è specializzato nel repertorio di Chopin: come è possibile definire questo grande artista rispetto ad altri grandi quali Bach, Mozart, Beethoven?
Ho vissuto la mia prima infanzia durante la guerra nel periodo del Generalgouvernement, ove la musica veniva eseguita prevalentemente secondo la tradizione tedesca ed ho quindi sempre amato quel grande repertorio; solo dopo la guerra ci fu concesso di ascoltare ed eseguire opere di Chopin e, per un pianista nato in Polonia, questo compositore rappresenta un momento fondamentale della sua formazione e carriera artistica; è un riferimento musicale e simbolico in quanto resta come uno dei più grandi compositori, capace di trarre dal pianoforte creazioni tra le più alte forme di poesia. Lo suono e lo studio sin da quando ero bambino ritrovandovi sempre una stupenda perfezione compositiva ed una dimensione sublime. In Polonia il primo modello interpretativo era rappresentato da Ignacy Paderewski e da Artur Rubinstein ; per me in particolare, anche indimenticabili furono le esecuzioni di Alfred Cortot e di alcuni artisti della scuola russa e sovietica, a partire da Sergej Rachmaninov ed Anton Rubinstein.
Se la musica di Chopin mi è particolarmente vicina, essa non è la sola: Mozart, Beethoven, Schubert sono nel mio cuore, così come anche nell’altra mia attività, quella di direttore d’orchestra, amo eseguire le musiche di Brahms, di Čajkovskij…, di Verdi, di Wagner….!
Negli ultimi anni (2010), ho avuto il piacere di partecipare su RAI 2 alla trasmissione dedicata a Chopin in occasione del bicentenario della nascita « La storia siamo noi ».
Quali importanti concorsi internazionali ha vinto e davanti a quali grandi personalità si è esibito?
I miei studi pianistici iniziarono molto presto in Slesia e, successivamente, a Varsavia sotto la guida del Maestro Zbigniew Drzewiecki, coetaneo e compagno di musicisti quali Arthur Rubinstein, Ignacy Paderewski e Karol Szymanowski e comunque di appartenenza alla più antica e famosa tradizione pianistica polacca
Tra i suoi allievi vi erano stati personaggi, poi affermatisi nel mondo concertistico, quali Halina Czerny-Stefańska (primo premio al Concorso « F.Chopin » del 1949), Adam Harasiewicz (primo premio nel 1955) e Jan Ekier, al quale sono stato legato da amicizia soprattutto nell’ultimo ventennio ; a lui si deve lo sforzo di un‘intera esistenza dedicata all’edizione critica nazionale delle opere di Chopin. Nonostante i raggiungimenti scolastici e gli apprezzamenti che mi giungevano da varie parti, la mia strada artistica è stata tuttavia cosparsa da tante difficoltà di diverso tipo.
Ho partecipato sin da molto giovane a vari concorsi nazionali ed internazionali. Per un artista nato nei Paesi dell’allora Est europeo, il concorso era una conditio sine qua non per poter emergere ed essere presentato al resto del mondo; ciò ha rappresentato una via difficile e sovente “drammatica” rispetto ai sacrifici di una vita di studio e di speranze non sovente rimaste irrealizzate.
Fui premiato al Concorso di Vienna (terzo premio): presidente della Giuria era allora Emil Gilels; come finalista al Concorso di Monaco; al Concorso “Chopin” di Varsavia nel 1960, apprezzato in particolare da Dmitrij Kabalewski e da Heinrich Neuhaus che mi diede preziosi consigli, fatto rimasto per me indimenticabile. Se ripenso al Maestro, si conferma in me la convinzione che nell’ etica di un artista e di un didatta debba essere compresa la dote di saper riconoscere il talento nelle sue varie peculiarità: questo fu di Neuhaus. Molti anni dopo, venuto a conoscenza dell’intero punteggio della giuria, compresi il perché della sua attenzione nei miei confronti ed il significato delle sue parole che per tutta la vita mi sono state di conforto e di guida.
In seguito,ancora giovanissimo nel 1962, fui invitato per una lunga tournée in Giappone.
Un fatto importante segnò negativamente il mio futuro artistico, ossia il mancato incontro con un importante impresario che mi aveva invitato a Vienna e ciò fu dovuto alla negazione del visto per uscire dal Paese. Fu uno dei più difficili momenti della mia vita, la perdita per un solo diniego, di quella che poteva rappresentare per me l’entrata nel grande mondo dei concerti ; ma ciò avveniva in quegli anni ed era senza possibilità d’appello.
Un altro incontro indimenticabile fu l’incontro ad Arezzo con il Maestro Arturo Benedetti Michelangeli nel 1961 ; dopo aver partecipato al Concorso di Monaco giunsi in Italia di passaggio per riprendere il volo di ritorno in Patria; desideravo incontrarlo ed il caso volle che, grazie ad un casuale incontro con Lidia Kozubek, mia collega ed amica nonché sua cara allieva negli anni 1958 – 1963, potei farlo: eccezionalmente mi ricevette subito e mi ascoltò dedicandomi il suo tempo con la nobiltà e la gentilezza che lo contraddistinguevano; mi invitò a studiare con lui, cosa per me allora impossibile dal momento che dovevo portare a termine il diploma a Varsavia con Drzewiecki e che certamente sarebbero sorti problemi politici per la continuazione degli studi, i visti ed il soggiorno all’estero. Tornai così in Polonia.
Quale consiglio darebbe ad un giovane che sogna di diventare pianista? Quali requisiti è necessario possedere per sfondare in un mondo così impegnativo come quello della musica classica?
Sono fattori necessari e imprescindibili la passione, la disciplina nello studio e nella vita, l’abnegazione e la capacità di resistere alle tante delusioni, ai dubbi ed alle alterne sorti che questo mondo presenta. Oltre all’abilità tecnica e alla conoscenza dei più profondi e veri valori musicali, occorre quindi la coscienza della difficile e cruda realtà della prassi concertistica. Naturalmente fattore imprescindibile è il talento.
Quando ha iniziato la direzione d’orchestra?
Più tardi ho compiuto a Katowice e a Poznań gli studi di Direzione d’orchestra, disciplina che era stata da sempre una mia passione. Ho avuto la fortuna di avere come Maestri importanti musicisti, eredi della grande tradizione sinfonica polacca, quali Witold Krzemieńki e Bohdan Wodiczko.
Certamente anche in questo ambito avevo dei miti: dapprima un simbolo della direzione d’orchestra fu per me Arturo Toscanini; ricordo che ritornai più volte a vedere un filmato proiettato dall’Ambasciata americana a Varsavia; mi affascinavano del Maestro italiano la musicalità, la precisione, la memoria, nonché la professionalità della NBC.
In Italia, successivamente, quando negli anni ‘70-’80 già venivo spesso per concerti, ebbi un importante incontro a Siena col Maestro Franco Ferrara che vi teneva i corsi di direzione d’orchestra. Ammirai la sua immediata capacità di salire sul podio e cambiare radicalmente la resa dell’orchestra durante le prove degli allievi, era eccezionale.
Nel 1972 fui chiamato come Generalmusikdirektor a dirigere l’Orchestra Sinfonica di Zielona Góra (Gründberg nella vecchia dizione tedesca), ove rimasi per sette anni dirigendo, a memoria, più di duecento programmi e mi dedicai a quella che divenne poi per me un’attività consueta, ossia la direzione simultanea dal pianoforte. Ciò mi portò ad eseguire la maggior parte dei concerti per pianoforte e orchestra del repertori classico-romantico e del Novecento, tra i quali i 5 Concerti di L.van Beethoven, i 2 di Fryderyk Chopin e di Franz Liszt, il Concerto di Grieg, il III Concerto per pianoforte e orchestra di Sergej Rachmaninov ed il III Concerto per pianoforte e orchestra di Sergej Prokof’ev. Ebbi modo in quegli anni anche di ospitare alla Filarmonica grandi artisti come Sviatosłav Richter e di dirigere con personaggi, tra gli altri, quali Halina Czerny-Stefańska, Adam Harasiewicz, Gidon Kremer, Emanuel Ax, Natalia Gutman.
Tra i grandi incontri della sua vita artistica c’è anche quello con S.S. Giovanni Paolo II : ce ne vuole parlare ?
Sì, fu un’esperienza rimasta indelebile nella mia memoria ed in quella di chi prese parte all’avvenimento. L’idea di offrire in omaggio un concerto al Pontefice nacque a Lanciano, in Abruzzo, nell’agosto del 1982. Il progetto era nato per opera del Senatore Errico D’Amico, nell’ambito dei Corsi estivi di formazione orchestrale dell’ ”Estate Musicale Frentana”, ai quali partecipavo sia come pianista che come direttore d’orchestra già da diverse edizioni. Era la prima volta che un’orchestra giovanile veniva invitata a Castel Gandolfo.
Il programma, suggestivo ed importante, comprendeva il Concerto in fa minore op. 21 di Fryderyk Chopin che eseguii nel ruolo di pianista e direttore d’orchestra, un brano sinfonico del Maestro Fucile e la Sinfonia n.5 in do minore op. 67 di Ludwig van Beethoven.
Vi riporto un brano della recensione del concerto che Enrico Cavallotti scrisse su “Il Tempo”:
“La musica di Chopin -qui in omaggio al Papa- ha assunto nell’interpretazione del pianista-direttore polacco una cifra di intensa e romantica evocazione, di la dai filtri intellettualistici e dalle secchezze razionalistiche che si usano nei nostri tempi per timore e a difesa dell’invasione del sentimento che quella poesia è capace di sprigionare e suscitare. […] In veste di pianista Morski ha prodotto un tocco pulito e sensibile, un fraseggio espansivo e ‘fiorito’ di ricchezze psicologiche pur nel solco di un composto decoro di stile, e, nell’ultimo movimento, –Allegro vivace– una pregevole scioltezza virtuosistica.[…] L’ultimo cimento, il più impegnativo, ma anche il più esaltante per l’Orchestra Giovanile di Lanciano, è stato rappresentato dalla Sinfonia in do minore di Beethoven. Se il Maestro Morski ha sottolineato nella sua lettura il rigore, la necessità in violabile, la sublime e ferrea coerenza di questa partitura, i giovani strumentisti, nell’ottemperare a tale disegno, hanno espresso la coesione esecutiva e la capacità d’ intelligenza e di penetrazione musicale cui sono pervenuti.[…] Solitamente la Quinta viene eseguita o in maniera eccezionale oppure si spegne nel grigiore di una dotta e stantia routine […]. Ebbene, l’Orchestra di Lanciano diretta da Morski […] è stata in grado di donarci un getto di freschezza e di inenarrato; come se per uno strano sortilegio la Sinfonia fosse ancora una volta da scoprire, ancora da amare per la prima volta. Al termine del concerto, Giovanni Paolo II ha ringraziato l’orchestra, il direttore ed i responsabili dei Corsi di Lanciano. […] Il linguaggio verbale -ha concluso il Papa – non sempre è adeguato alla pienezza del sentimento che sa esprimere il linguaggio della musica. Io non posso che esternarvi, semplicemente, la mia profonda gratitudine per il dono da voi ricevuto, ed invitarvi di nuovo a Castel Gandolfo per una prossima estate. Sul volto di quei ragazzi abbiamo visto crescere allora una soddisfazione ed una contentezza che anche i più celebrati solisti provano di rado.” (Giovedì, 12 agosto, 1982)”.
Immagino che spesso le è stato chiesto cosa preferisce : suonare o dirigere ?
– Sì, più volte, ma è impossibile scindere le due attività: sono per me complementari; è meraviglioso suonare un’opera di Bach, Mozart, Beethoven o Schubert, ma altrettanto splendido è dirigerne le opere sinfoniche. E’ sempre grande musica, solo è diverso il modo di comunicarla.
I Concerti eseguiti come pianista e come direttore d’orchestra sono una conseguenza di questa sua duplice passione ?
Indubbiamente il desiderio di provare tale esperienza, viene spontanea nel momento in cui si suona e si dirige. Il duplice ruolo comporta delle difficoltà, ma anche la possibilità di provare ad essere un tutt’uno con l’orchestra.
Ultimamente sono usciti suoi tre CD su I Tunes : di che si tratta ?
Sì, oggi è uno dei mezzi di comunicazione più frequentato, soprattutto dai giovani. Per questo mi hanno consigliato ed ho accettato volentieri : finora sono usciti i 24 Studi e i 4 Improvvisi di Chopin, 4 Improvvisi op.142 di Schubert e 4 dei Valzer op.39 di Brahms ; inoltre il Siegfried Idyll di Wagner per 13 strumenti, che ho diretto ultimamente al Festival « Franz Liszt » di Albano con l’ausilio di ottimi solisti.
Proprio per gli Studi di Chopin, tra gli altri, hanno scritto :
« Kazimierz Morski […] è un pianista di grande classe e finezza, potente nell’espressione dei più intimi connotati delle pagine che affronta su una tastiera della quale conosce tutti i più sottili problemi. Egli ha presentato un programma con l’integrale degli Studi di Chopin, un programma che intimoriva pianisti come lo stesso Artur Rubinstein e che ha ‘rivoluzionato il pianismo ottocentesco’. ‘Gli Studi che Morski ha offerto al folto pubblico […], sono privi del benché minimo compiacimento, intelligenti nel cogliere la dimensione contrappuntistica di memoria bachiana, sorretti da una grande mano sinistra che stimola con le movenze della danza i bagliori di una tecnica d’alto livello posta al servizio assoluto dell’espressione […] ». (Roberto Verti, Il resto del Carlino) ».
Tra le sue esperienze chopiniane più toccanti ?
Ma, tra le tante, forse a Valdemosa fu per me un’esperienza unica. Dopo aver visitato quei luoghi, la cella dove Chopin visse, dove soffrì la tragedia della consapevolezza di una morte incombente, tra nuove passioni, entusiasmi e sofferenze, compresi che non si poteva interpretare la sua musica nel clima della consuetudine concertistica. Mi accadde così di provare quei profondi e laceranti contrasti e di comunicarli. Forse la cella era troppo angusta per un gran coda, forse esasperai un poco la dinamica…, ma per me fu un’irripetibile avventura dello spirito.