Diritti umani
La parola ingannevole: il razzismo non esiste
Togliamo la parola “razzismo” e utilizziamo la versione italiana di una frase inglese che descrive perfettamente la discriminazione: “Hate crime”, ossia il reato di odio. I pregiudizi creano le condizioni per commettere il vero orrore della discriminazione, il furto dell’identità dell’individuo
di Gianni Pezzano
Pochi italiani si rendono conto di come il web permette la diffusione mondiale di notizie locali che una volta sarebbero rimaste ignorate dal grande pubblico internazionale. In questo modo molti giornali all’estero hanno riportato lo scandalo della foto di Anna Frank nei colori della Roma distribuita da alcuni tifosi della Lazio legati all’estrema destra, ora soggetti a condanna da parte delle autorità sportive e giudiziarie.
In questo modo ho visto l’articolo sul New York Times e come al solito ho letto i commenti degli altri utenti e uno in particolare mi ha colpito. L’utente ha scritto semplicemente, “Italy is not a race”, “L’Italia non è una razza”. Semplicemente, ha ragione e per motivi molto profondi.
Parole
Prima di tutto questa affermazione è reale perché non esistono “razze umane” di per sé. Il DNA di un essere umano non ti dice il colore della sua pelle, tanto meno il paese di nascita. In fondo, sotto la pelle siamo tutti uguali, ma quel che ci differenzia è dove siamo nati e in quale famiglie perché questi due fatti sono quel che determinano la nostra vita, senza eccezioni.
Malgrado scienze fasulle, come l’eugenica smentita ripetutamente nel corso degli anni, che esponenti della “purezza razziale” utilizzano per giustificare le loro politiche “razziste”, gli essere umani sono uguali, sia scientificamente che per le emozioni che sentono, comprese la rabbia e la paura.
Queste ultime emozioni sono i veri motori di quel che vediamo non solo in Italia, ma in tutto il mondo, in risposta a ondate di emigrazione causate in parte dai conflitti in molti paesi, come anche da politiche economiche dei paesi ricchi che hanno creato grandi problemi in tutti i paesi poveri.
Però, allo stesso tempo, c’è un altro aspetto che è cosi ovvio che spesso non ce ne rendiamo conto in questo dibattito.
Categorie e la parola giusta
Nell’emozione di fare commenti sul caso Lazio-Anna Frank dimentichiamo che essere ebreo non è una vicenda di “razza”, ma di religione che non ha una “razza” specifica.
Non esiste il DNA del cattolico, del protestante, ebreo, musulmano oppure l’ateo. Queste categorie non hanno cittadinanze e non appartengono a nessun gruppo “etnico” specifico. Infatti, nessuna di queste religioni non è eterogenea visto che in ogni paese esiste una versione specifica per quel paese, come le usanze messicane per i cattolici e le usanze di vestirsi della musulmane che cambiano di paese in paese e non strettamente legate al Corano.
Quindi, se le “razze umane” non esistono e le religioni non sono legate al DNA dei praticanti, perché utilizziamo la parole “razzismo”? La risposta è semplice, utilizziamo la parola sbagliata per cercare di giustificare un atto incivile e illegale.
La parola giusta per descrivere questi atti è Discriminazione. Questa parola descrive ogni atto commesso contro individui a causa delle loro origini o legati ad aspetti particolari che sono considerati “colpe” da parte di chi discrimina.
Questi aspetti non si limitano soltanto al colore della pelle o alla religione, ma assistiamo anche alla discriminazione verso le donne, gli omosessuali e i disabili.
Pregiudizi e Furto
La discriminazione crea pregiudizi verso i bersagli, spesso utilizzando luoghi comuni per giustificare il comportamento verso la vittima di turno. Noi italiani ne sappiamo qualcosa ogni volta che sentiamo dire che siamo tutti mafiosi, oppure gli ebrei sono tutti ricchi, ecc., ecc. ecc.
Questi luoghi comuni creano le condizioni per commettere il vero orrore della discriminazione, il furto dell’identità dell’individuo.
La discriminazione vuol dire giudicare le persona non per il suo comportamento, ma per il semplice fatto di nascere con il colore della pelle sbagliato o in un altro paese, appartenere a una religione “pagana”, oppure nel caso degli omosessuali e lesbiche essere creature “affette da una qualche anomalia” oppure in stato di peccato secondo un libro di culto.
Pretendiamo una società moderna e civile, ma gli atti di discriminazione sono il segno di una mentalità medioevale, periodo in cui le donne furono uccise come “streghe” perché non si capiva il motivo per una disgrazia che malauguratamente accadeva in una determinata comunità.
Pretendiamo di essere tutelati dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, poi molti di noi praticano la discriminazione che non è altro che l’antitesi di questi stessi diritti.
Reati
Non abitiamo in un mondo perfetto perché nessun essere umano è perfetto, ma questo non giustifica la discriminazione per fatti che sono fondamentali esercizi dei diritti umani, come scegliere la propria religione, essere omosessuale/lesbica, ecc. Allo stesso modo commettere atti di discriminazione a causa del colore della pelle o per motivi di nascita della vittima sono atti incivili e in molti paesi persino atti criminali.
Smettiamola di parlare di “razzismo” perché la parola legittima la falsità dell’esistenza della razza, ma parliamo di discriminazione verso individui e gruppi per motivi illogici, anzi assurdi. In effetti esiste nel mondo un‘unica razza, quella umana
Togliamo la parola “razzismo” e utilizziamo la versione italiana di una frase inglese che descrive perfettamente la discriminazione. “Hate crime”, ossia il reato di odio, utilizzando poi le “motivazione” come aggravanti e non tentativi di giustificare il reato.
Se vogliamo davvero una società moderna e civile dobbiamo partire non solo dai diritti umani, ma anche dal riconoscere che la discriminazione è una reato verso questi diritti e comportarci secondo i dettati della legge in merito.
Allo stesso modo chiudere un occhio sulla discriminazione vuol dire favorire un reato che ci umilia tutti.