Connect with us

Italia

La Francia richiama l’ambasciatore Francese in Italia dopo l’incontro tra Di Maio e i gilet gialli

Published

on

Tempo di lettura: 3 minuti

La relazione diplomatica tra i due Stati ha raggiunto i livelli peggiori dai tempi della seconda guerra mondiale. Allarme per i rapporti economici col Paese transalpino, che importa cinquantacinque miliardi di prodotti Made in Italy.

Due giorni fa la Francia ha richiamato l’ambasciatore francese a Roma, Christian Masset, nel mezzo della più grave crisi diplomatica tra il Paese transalpino e l’Italia dai tempi della seconda guerra mondiale.  A far precipitare le relazioni tra i due Paesi UE è stato il faccia a faccia, avvenuto nelle periferie di Parigi, tra il vicepremier Luigi Di Maio e uno dei leader dei gilet gialli, Christophe Chalençon, noto per aver chiesto all’esercito d’oltralpe di rovesciare il governo del presidente francese Emmanuel Macron. Quest’ultimo ha giudicato l’iniziativa del leader dei 5stelle “una provocazione inaccettabile” e lo ha accusato di “strumentalizzare” lo  stretto rapporto economico e politico, esistente tra i due Stati, “per fini elettorali”. Come ricordato pochi giorni fa dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, “la Francia è il secondo importatore al mondo in cui nostro Paese esporta il 10% del totale dell’export per un valore di 55 miliardi di euro”. Le relazioni commerciali tra l’Italia e il Paese d’oltralpe vanno a gonfie vele, ma non si può dire lo stesso degli accordi relativi all’accoglienza dei richiedenti asilo.  Tra il 2015 e il 2017, l’Italia ha visto sbarcare sulle sue coste decine di migliaia di migranti provenienti dall’Africa e ha chiesto all’Unione Europea maggiore cooperazione per risolvere l’emergenza. L’appello è stato accolto dal presidente francese Emmanuel Macron che, poco dopo essere salito al governo 2 anni fa, si era impegnato con l’allora premier italiano Paolo Gentiloni a collaborare sul tema dell’accoglienza dei migranti. Ma contrariamente a quanto annunciato da Macron,  il governo francese ha inasprito la sua politica migratoria aumentando il numero di respingimenti al confine con l’Italia.

Nel 2016 le autorità transalpine hanno rimandato indietro, sul territorio italiano, 37 mila migranti, un numero che è salito a 45 mila l’anno successivo. Si tratta di dati che stridono con la dichiarazione del presidente francese di trovare una “soluzione europea” alla crisi migratoria.  L’atteggiamento ambiguo della Francia rispetto a tale problema ha lentamente eroso i rapporti con l’Italia, al punto che,  lo scorso settembre, il rancore tra i due Paesi è emerso attraverso uno scambio di insulti tra il governo transalpino e quello Italiano. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione del Ministro degli Interni, Matteo Salvini, di impedire ai 58 migranti a bordo della nave Aquarius nel giugno scorso di sbarcare in Italia, attirando su di sé  critiche da parte di diversi leader europei, tra cui Emmanuel Macron. Il presidente francese, oltre ad aver accusato l’Italia di aver violato le leggi del mare, ha etichettato il governo Lega-5stelle come “una lebbra populista”. La dura replica del premier Giuseppe Conte non si è fatta attendere e la Francia, dopo aver ritirato le sue dichiarazioni, ha rivolto all’Italia pubbliche scuse. Ma queste ultime non sono bastate a fermare l’escalation di tensione tra i due Paesi, i cui rapporti diplomatici sono precipitati negli ultimi giorni.

Da due settimane, il Movimento 5Stelle accusa la Francia di sfruttare gli ex Stati coloniali africani per mezzo di una valuta denominata CFA(franco coloniale francese), alimentando in questo modo il flusso migratorio verso l’Italia. Sebbene non esistano dati certi a sostegno di questa tesi, la questione ha provocato grande imbarazzo del governo transalpino. Durante l’epoca coloniale, la Francia aveva il dominio di 15 Stati africani, da cui estraeva ingenti quantità di materie prime e metalli preziosi. Ora quelle nazioni sono formalmente indipendenti, ma il Paese transalpino continua a stampare per loro la moneta nazionale, obbligandole a riconoscere il 50% dell’utile su ogni transazione al governo francese . Una situazione, secondo alcuni economisti, che  consente alla Francia di assoggettare economicamente le sue ex colonie, non permettendone la crescita con investimenti adeguati e relegandoli tra gli Stati più poveri del mondo.

Print Friendly, PDF & Email