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Diritti umani

Papa Francesco, La chiarezza delle parole

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Il commento del Presidente della Commissione cultura LIDU Onlus sulle parole del Pontefice che con una semplice frase, pochi giorni fa, ha delineato uno spartiacque tra ciò che compete al suo ruolo religioso e quello che è prerogativa del mondo politico e laico

A cura del Prof. Antonio Virgili Presidente della Commissione cultura LIDU Onlus

papa-francesco-piccolaRoma, 20 febbraio – Ancora una volta l’attuale Papa Francesco sembra mostrarsi più coerente e forse più profondamente cristiano di almeno una parte delle gerarchie della Chiesa Cattolica. La sua espressione “Non mi immischio nella politica italiana[1] non da adito ad interpretazioni diverse od alternative, è chiara e semplice.  Così come dovrebbe essere chiaro che l’ingerenza reciproca tra un apparato statale ed una qualsiasi religione non giova a nessuno tranne a coloro che vogliono abusare della seconda per gestire meglio il proprio potere. L’approccio laico che propone una separazione netta tra le due sfere è stato spesso criticato ed attaccato con l’abusata espressione di “anticlericale”, talora dando ad intendere che un anticlericale sia un feroce ateo contrario ad ogni principio religioso e morale. Ore sarebbe coerente utilizzare la stessa espressione anche per l’affermazione papale, in particolare per la parte dei destinatari appartenenti al clero che ritiene non solo di poter ma addirittura di dover intervenire e dettare regole nella vita civile. E’ quindi evidente che anche un Papa potrebbe essere accusato di essere “anticlericale” quando  dissente da un certo modo di gestire il potere e la comunicazione da parte del clero. Esprimere e sostenere i propri valori è un diritto che va riconosciuto a tutti i credenti, così come ai non credenti.  Lanciare messaggi “politici” o “direttive” a partiti, politici od amministratori è cosa ben diversa. Altre le parole che andrebbero usate invece per quei destinatari del messaggio papale che non appartenendo alla Chiesa ma dichiarandosi cristiani, cercano di usare la religione (una qualsiasi religione) per farsene sponda, per attirare voti, appoggi, favori, notorietà, per manipolare i credenti. Pensiamo che le parole sarebbero decisamente più dure. Anche questi aspetti linguistici riguardano la cultura dei diritti e dei doveri, ed un loro coerente uso contribuirebbe ad evitare inutili polemiche e forzature manipolatorie, garantendo maggiore rispetto reciproco.

[1] Espressione usata nell’intervista del 18 febbraio 2016 e diffusa anche dai canali radiotelevisivi.

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