Italia
La barriera invisibile, i formalismi della lingua italiana ostacolo nel rapporto tra cittadini e politici
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In italiano il dare del ‘lei’ formale crea un barriera invisibile tra esponente politico e cittadino. Nel mondo anglosassone dove si usa solo il ‘tu’ il rapporto è più diretto ed il politico risponde giorno per giorno al mandato di chi lo elegge
di Gianni Pezzano
Anni fa, dopo aver organizzato il primo convegno nazionale tra gruppi italiani di assistenza sociale in Australia, ho ricevuto la telefonata dall’assistente personale del Ministro dell’Immigrazione che era stato ospite del convegno per invitarmi a un incontro alla casa del Ministro. La settimana dopo mi sono presentato all’appuntamento dove ho trovato altri esponenti di gruppi “etnici” come vengono chiamati i gruppi di immigrati in Australia. Dopo il benvenuto alla casa e due chiacchiere con altri ospiti sono stato invitato a un incontro privato nell’ufficio del Ministro per trovarmi a quattrocchi con Bob Hawke, il Primo Ministro australiano dell’epoca. Quando gli ho detto la tradizionale “Pleased to meet you Mr Hawke”, lui ha risposto con un sorriso e “Call me Bob”, cioè, “Chiamami Bob” per poi spiegare lo scopo dell’incontro.
Questo è stato non solo il mio inizio nella vita politica del mio paese di nascita, ma anche e soprattutto, dopo diversi incontri con politici e burocrati italiani durante gli anni precedenti, il momento che mi ha fatto capire la differenza enorme tra l’atteggiamento australiano verso i suoi politici e quello italiano, basato in gran parte dall’impostazione personale creata dalla lingua italiana.
Mai avrei immaginato di dare del tu a un politico italiano e invece era stato proprio Hawke a dirmi di parlargli in modo rilassato e amichevole. Nel corso degli anni di attività all’interno del partito ho visto che questo atteggiamento non era limitato solo agli incontri partitici. Ho conosciuto molti politici, sia a livello nazionale che statale, che mi ha fatto capire che i politici australiani, per la stragrande parte, è in costante contatto con il pubblico. Il cittadini australiani si aspettano che i loro politici siano alla mano e aperti e molti elettori non esitano ad avvicinare il loro deputato al baretto locale mentre prende un caffè per chiedere un aiuto o per dare il loro parere su qualche bega locale.
Questa interazione tra cittadini e politici non è dovuto semplicemente ai seggi uninominali in Australia dove i politici rischiano d’essere cacciati via se perdono il contatto con il loro elettorato. Infatti, nelle elezioni australiane di tutti i livelli in periodi di insoddisfazione popolare verso i governi, non è insolito per ministri o assessori perdere il seggio proprio perché considerati distaccati dai suoi concittadini e dalle loro vite.
Il legame tra i politici anglosassoni e i loro elettori viene proprio dalla lingua inglese dove, , il “ye” e “thee”, il voi e il tu originali d’inglese, sono spariti dall’uso quotidiano tranne in qualche caso raro come gli Hamish e altre sette protestanti negli Stati Uniti. Invece, l’italiano con il lei formale inizia sin dall’introduzione al politico o all’esponente di turno a creare una barriera invisibile tra cittadino e politico. Anzi, questa barriera esiste anche nell’uso dei titoli come “Avvocato”, “Architetto”, “Dottore” e cosi via nel corso delle nostre attività di lavoro e amministrative. In compenso, non pochi di noi hanno utilizzato questi titoli con amici per prenderli in giro quando cominciano a darsi delle arie.
Nel dire questo non voglio far pensare che non esistono usanze di corrispondenza e gli scambi ufficiali alle autorità anglosassoni, esistono eccome. Basta vedere la cerimonia di apertura dell’anno parlamentare per capire che anche loro sono capaci di seguire formalità complicate, ma queste formalità spariscono fuori degli ambienti del parlamento e degli incontri ufficiali. Nell’attimo in cui il ministro o il politico si trova tra i suoi elettori spariscono i modi formali.
Inoltre, l’esistenza dei seggi uninominali impongono ai politici un duro lavoro di contatto con i loro concittadini con orari fissi per contatti in ufficio, come anche la tradizione di fare il giro delle case dell’elettorato per farsi conoscere. Questo lavoro non è facoltativo ma necessario, così necessario che i partiti politici tengono d’occhio il comportamento dei loro parlamentari per poi non esitare nel dir loro di fare di più con i loro elettori se lo ritengono necessario.
Questo atteggiamento dei parlamentari e il rapporto rilassato permesso dalla lingua inglese hanno un significato profondo. In fondo il parlamentare non è altro che un cittadino eletto a un posto di rappresentanza dai suoi concittadini. Questa elezione impone al politico il senso di rappresentare il suoi elettori, sia chi lo ha votato che per i partiti in opposizione.
Un segno importante di questo concetto si trova nelle regole parlamentari di questi paesi. In Italia basta guardare un servizio televisivo parlamentare per vedere che il Presidente della Camera o il Senato nomina il deputato o il senatore di turno con il cognome. Nei paesi anglosassoni i deputati vengono nominati come il “Member” (Deputato) per il seggio che rappresentano e il senatori come i rappresentante del loro Stato o Regione. Come avviene poi anche nei servizi giornalistici. Questo è il riconoscimento formale e istituzionale che il parlamentare è il rappresentante del suo elettorato e non del suo partito.
Stranamente per noi italiani, in inglese non esiste la frase “Lei non sa chi sono io” e se succedesse un australiano o un inglese direbbe senza esitazione “Me ne infischio”. Un buon prima passo sarebbe proprio di abolire l’uso di frasi del genere e di quelle espressioni che fanno sentire differenza tra cittadini e i loro rappresentanti che non dovrebbero esistere.
Sarebbe facile dire “Che Utopia! Non succederebbe mai qui”, ma il cambio dei rapporti tra gruppi inizia proprio nel guardare l’interazione tra di loro per rimediare ai problemi di comunicazione. E in Italia un buon inizio sarebbe proprio di indirizzare il modo con cui interagiamo con i politici e come ci riferiamo a loro formalmente. Questi cambi non vengono in seguito a referendum come per i cambi della Costituzione che vediamo ora in Italia. Questi cambi vengono dalla volontà di cambiare le regole del parlamento e stare attenti al linguaggio che entrambi le parti utilizzano.
Negli ultimi anni la fiducia tra i cittadini e quel che molti chiamano la “Casta” sta scendendo a livelli di vera preoccupazione e ha peggiorato la credibilità dei loro rappresentanti. È ora che si cominci a provvedere a quei passi necessari per ristabilire le linee di comunicazione tra parlamentari e cittadini. Il primo passo sarebbe proprio di linguaggio eliminando la barriera che crea.
Vediamo ogni giorno il prezzo della sfiducia nella politica, ma il costo di sistemare questo distacco non sarebbe poi così alto, basterebbe qualche cambio di parole per iniziare il percorso.