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Diritti umani

In questo mondo di ‘bufale’

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Con l’avvento dei social media sono in aumento le notizie false spesso montate in modo esponenziale proprio dagli stessi utenti. Quando una notizia falsa viene ‘lanciata nel web’ siamo tutti responsabili dei cattivi effetti che ne scaturiscono. Avere idee diverse, come è accaduto ultimamente per i vaccini ad esempio,  non deve essere la giustificazione per divulgare infamie contro il nemico di turno.

di Gianni Pezzano

Due settimane fa mio fratello mi ha chiesto di mettermi in contatto con un suo amico riguardo una notizia italiana. Questo amico era in discussione in chat riguardo la proteste anti vaccini e l’interlocutore aveva dichiarato che il movimento antivax italiano aveva organizzato una serie di protesta contro la legge, ora vigente, della vaccinazione di studenti prima di iniziare la scuola. Secondo questo la protesta aveva attirato “milioni di persone” in tutte le maggiori città italiane, una notizia che faceva il giro di alcuni siti del web.

Ci è voluto poco tempo per confermare che ci siano state proteste, ma che il numero di persone coinvolte era soltanto una piccolissima percentuale delle cifre citate online. Per l’ennesima volta abbiamo avuto la prova che il mondo della bufale del social media è un mondo di fantasia dove il diritto alla propria opinione è diventato il diritto di condividere le idee e i complotti più sciocchi con un pubblico che spesso non ha la consapevolezza tecnica per giudicare se una notizia sia vera o inventata.

 

La bufala della luna e la Guerra Fredda

Una delle bufale più vecchie è quella che l’allunaggio sia stato inventato , diventata poi l’ispirazione di un film negli anni 70. Infatti, questa bufala emerge regolarmente malgrado sia anche quella più facile da smentire.

L’allunaggio in effetti faceva parte della Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Il Presidente Kennedy aveva promesso successo entro la fine degli anno 60 in risposta allo scalpore del pubblico americano ai successi sovietici nella corsa per lo spazio. Per questo motivo non c’è il minimo dubbio che i sovietici seguivano ogni passo del programma spaziale americano con i loro sistemi di radar e la loro nascente rete di satelliti. Se gli americani avessero inventato un’impresa del genere l’URRS l’avrebbe fatto sapere al mondo intero. In effetti, il loro silenzio in seguito ai passi di Armstrong e Aldrin sulla Luna è la conferma più eloquente della verità dell’allunaggio contestato da molti online ancora oggi.

 

Creature mitologiche e ora vere

La crescita esponenziale dei social media durante l’ultimo decennio ha fornito un mezzo per chiunque di poter esprimere le proprie idee e spesso i propri pregiudizi ad un pubblico che sempre più spesso è insofferente verso il mondo in generale e la politica in particolare.

L’esempio della campagna antivax ne è uno dove le “prove” contro le vaccinazioni sono filmati su Youtube di dubbia provenienza e spesso redatti male e di documenti falsi o taroccati. Peggio ancora, se qualcuno cerca di contestare queste “prove” viene bloccato per accomodare quelli più aperti alle presentazioni.

Nel corso di questi sviluppi abbiamo visto apparire i cosiddetti “trolls” che prendono il loro nome da creature leggendarie della mitologia nordica. Questi trolls fanno il giro dei siti, anche di giornali e riviste importanti, per interrompere discorsi seri per scombussolare i partecipanti e per promuovere siti con la “verità” secondo i complottari.

Qualcuno potrebbe obbiettare che ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee e infatti nessuno mette in dubbio questo diritto fondamentale. Ma il diritto d’espressione non è il diritto di divulgare bugie e documenti falsi, come nessuno ha nemmeno il diritto di presentare accuse false contro individui o società come vediamo fin troppo spesso in quasi ogni sito dei social media. Infatti, se così fosse non ci sarebbero le leggi che puniscono la calunnia e la diffamazione che sono il riconoscimento giuridico dei limiti giuridici del diritto d’espressione.

 

Servizi segreti

 

Ma fu l’elezione presidenziale americana dell’anno scorso che finì con la vittoria inattesa del candidato repubblicano, il miliardario Donald Trump, a fornire la dimostrazione pratica di come l’opinione pubblica può essere manipolata tramite il social media.

Nel corso dell’elezione chiunque sia andato a leggere le discussioni sui siti web dei maggiori quotidiani, e non solo americani, ha visto come questi dibattiti sono presto arrivati a livelli altissimi di tensione e acrimonia. Nello spazio di pochi minuti dall’uscita di ogni notizia migliaia di persone davano il loro parere sulla notizia e il candidato soggetto dell’articolo.

Naturalmente la campagna clintoniana aveva anch’essa la sua équipe sul social media, ma c‘era una differenza abissale tra gli sforzi pro Trump a quelli a favore della Clinton.

Ci voleva poco a capire che molti degli interventi erano orchestrati, soprattutto in appoggio del candidato Trump, dai servizi segreti russi. Infatti, ora sappiamo che già a giugno scorso i servizi dell’intelligence americana avevano denunciato l’interferenza di siti fasulli e di reti di trolls estere che divulgavano notizie false o manipolate per cercare di screditare Hillary Clinton, il candidato democratico sgradito da Putin.

In molti casi altri utenti si divertivano a cercare di scoprire i trolls che interferivano in questi dibattiti. Un controllo dei profili spesso svelava profili vuoti, senza dettagli personali, a volte aperti recentemente e altre volte inattivi da mesi o anche anni. Molti di questi profili erano basati all’estero, particolarmente in Africa, Pakistan, India e, un segnale molto interessante, in paesi dell’Europa orientale come la Serbia, la Macedonia, la Moldavia e la Georgia. Ci vuole poco a capire che sono tutti paesi legati politicamente con la Russia di Putin.

A conferma della presenza e del ruolo dei trolls, quando venivano smascherati, non era insolito che sparissero, non solo dal dibattito, ma anche i loro profili svanivano nel nulla. Queste attività continuano tutt’ora, anche se non ai livelli di un anno fa. Con l’uscita di ogni notizia escono personaggi che utilizzano le stesse frasi e commenti che ovviamente erano un “taglia e incolla” da copioni preparati in anticipo per rispondere alle nuove accuse.

Interessatamente con i continui scandali della Casa Bianca che coinvolgono ora anche i figli e il genero del presidente americano, persino i trolls hanno difficoltà a rispondere in una maniera adeguata e la loro presenza si sta diluendo col tempo.

Ora queste incursioni online fanno parte delle indagini sulle accuse di interferenze russe nell’elezione americana. Allo stesso tempo bisogna ricordare che anche l’Europa ha accusato tale interferenze nel corso dell’ultimo anno, compresa l’elezione presidenziale francese,  e i tedeschi si preparano ad attacchi del genere nella loro elezione nei prossimi mesi. Senza dimenticare poi  il nostro Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che fu soggetto a un attacco cibernetico quando era Ministro degli Esteri.

 

Verificare prima di condividere

La condivisione di notizie false o manipolate sul social media è un problema da affrontare non solo dai governi nazionali, ma anche dei dirigenti dei siti stessi. Facebook, Twitter e gli altri mezzi spesso sono il canale di messaggi che hanno poco a vedere con il discorso civile che è la vera base della Democrazia moderna. La divulgazione di immagini e messaggi apertamente razzisti e bugie contro politici e società importanti non sono sani segnali del mondo d’oggi.

Però, per quanto sia importante costringere i dirigenti responsabili ad aumentare i loro controlli, la chiave a risolvere la divulgazione di complotti balordi, notizie false e propaganda feroce si trova negli utenti stessi.

Avere idee diverse non deve essere la giustificazione per divulgare infamie contro il nemico di turno. Divulgare bugie e complotti riguardo temi seri come la salute, come fanno gli antivax, senza dimenticare i complotti “tradizionali” come le scie chimiche e anche quelli che ancora credono che il mondo sia piatto, non è un bel servizio per il mondo.

I social media siamo noi e, fino ad ora, non abbiamo fatto altro che confermare il parere celebre del ruolo dell’internet previsto da Umberto Eco qualche anno fa. Riusciremo mai a dargli torto?

 

 

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