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Diritti umani

Il genocidio di Khojaly ancora vivo

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Mammad Ahmadzada: “Ciò che è accaduto a Khojaly rappresenta l’incarnazione dell’essenza dell’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian”.

di Romolo Martelloni

Xocali_250209_14Roma, 26 febbraio – Nella storia vi sono conflitti che, nonostante la gravità e la crudeltà con i quali sono perpetrati, restano nelle pagine oscure della storia, dimenticati dal grande pubblico.  Nella notte tra il 25 e 26 febbraio del 1992 la cittadina di Khojaly, nel neo Stato indipendente dell’Azerbaigian, fu teatro di uno dei più gravi e drammatici eventi del conflitto per il Nagorno Karabakh, tra Armenia e Azerbaigian. La sera del 25 febbraio 1992 l’esercito armeno, con la collaborazione delle truppe sovietiche, iniziò l’attacco contro la città. L’intento era quello di compiere un massacro, eliminare la popolazione residente nella zona, un vero e proprio genocidio consumato nei confronti della popolazione azera indifesa e in fuga. Molti corpi di uomini, donne e bambini furono mutilati. Khojaly venne saccheggiata e poi rasa al suolo. Il resoconto ufficiale delle vittime del massacro conta 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani; 56 persone vennero uccise con particolare crudeltà. Otto famiglie totalmente sterminate. Come conseguenza di questa tragedia, 487 persone furono rese invalide e 1275 civili inclusi donne e bambini, dopo la cattura, subirono violenze e gravi ferite fisiche, durante la prigionia. Inoltre, 150 prigionieri sparirono senza lasciare traccia. L’Azerbaigian chiede l’istituzione di un Tribunale Penale Internazionale sul caso. Secondo l’articolo II della “Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio”, adottata il 9 dicembre 1948, per genocidio si intende degli atti di particolare gravità commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale etnico, razziale o religioso, come tale. Del massacro di Khojaly ne parliamo con l’Ambasciatore designato della Repubblica dell’Azerbaigian in Italia, Mammad Ahmadzada, che ci propone delle riflessioni su tali avvenimenti: “La tragedia in corso attualmente in Medio Oriente ha messo l’Europa faccia a faccia con i grandi flussi demografici. Milioni di persone tentano di raggiungere il Continente europeo abbandonando le loro terre natali, le case e tutto ciò che gli appartiene per salvare la loro vita. I paesi europei, da parte loro, sono alla ricerca di vie per risolvere questa tragedia umanitaria. In Azerbaigian, tutto ciò è profondamente compreso. Da più di vent’anni viviamo una tragedia: come risultato dell’aggressione militare dell’Armenia contro l’Azerbaigian, un milione di rifugiati e profughi azerbaigiani sfollati dai territori occupati si sono stabiliti in varie parti del Paese e la Repubblica dell’Azerbaigian fronteggia da sola un disastro umanitario senza precedenti. Ciò che è accaduto a Khojaly rappresenta l’incarnazione dell’essenza dell’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian, così come il culmine delle atrocità commesse verso i civili azerbaigiani da parte delle forze militari dell’Armenia durante il conflitto. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 1992, le forze armate dell’Armenia, insieme al reggimento di fanteria 366° dell’esercito sovietico, in violazione del diritto internazionale, attaccarono una città addormentata, commettendo un genocidio contro gli azerbaigiani. Il resoconto delle vittime dell’aggressione è di 613 persone, tra cui 106 donne, 83 bambini e 70 anziani, 8 famiglie furono completamente distrutte, 25 bambini persero entrambi i genitori, 1000 persone sono rimaste ferite, i piedi di 200 persone furono amputati a causa del freddo. L’obiettivo principale dell’Armenia nell’attacco a Khojaly, non era solo conquistare la piccola citta’ di 7 mila abitanti. Lo scopo era quello di insediare l’orrore negli occhi degli azerbaigiani che vivevano nella regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian e nelle aree circostanti, spaventarli con questo crimine e costringerli a lasciare i loro territori storici. Pertanto, le forze armate dell’Armenia hanno ucciso con particolare brutalità e crudeltà 56 civili a Khojaly. Questi furono bruciati vivi, decapitati, scalpati, furono estratti gli occhi ai bambini massacrati, con le baionette aperti i ventri di donne in attesa di figli. I corpi furono sottoposti ad azioni offensive. Tutto ciò, nella sua brutalità, è documentato da numerose fonti indipendenti, testimoni di questa tragedia. Gli eventi di Khojaly hanno avuto luogo nel corso di un periodo in cui l’attuale presidente in carica della Repubblica dell’Armenia, Serzh Sargsyan, era a capo del “Comitato della Sdf”, regime separatista illegale, e i suoi ricordi, pubblicati nel libro del giornalista britannico Thomas de Waal “Black Garden: Armenia e Azerbaigian attraverso la pace e la guerra” sono una delle più importanti fonti di prova: “Prima di Khojaly, gli azerbaigiani pensavano che stessimo scherzando. Ritenevano che gli armeni non avrebbero potuto arrecare danno alla popolazione civile. Ora si poteva rompere quello stereotipo e questo è quello che è successo”, ha riconosciuto Serzh Sargsyan. L’organizzazione Human Rights Watch, nel suo rapporto, ha descritto ciò che è accaduto a Khojaly come “il più grande massacro finora avvenuto nel corso del conflitto tra l’Armenia e l’Azerbaigian”. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha descritto il massacro di civili azerbaigiani a Khojaly come atti di particolare gravità che possono costituire crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Commettendo la sanguinosa strage di Khojali, l’Armenia ha avviato un’aggressione di larga scala contro l’Azerbaigian, fuori dalla regione del Nagorno-Karabakh dell’Azerbaigian. L’Armenia ha occupato il Nagorno Karabakh e 7 distretti circostanti, in totale il 20% del territorio dell’Azerbaigian, ha effettuato una pulizia etnica contro gli azerbaigiani che vivevano in quelle zone, e espulso 1 milione di azerbaigiani dalle loro terre ancestrali. Durante l’occupazione, 20 mila azerbaigiani sono stati uccisi, più di 50 mila persone sono rimaste ferite o rese disabili. Ci sono quattro risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, n. 822, 853, 874 e 884 del 1993, che invocano il ritiro delle forze armate dell’Armenia dai territori occupati dell’Azerbaigian e il ritorno dei rifugiati e profughi azerbaigiani alle loro case, che sono state ripetutamente ignorate dell’Armenia, così come altri documenti dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dell’Osce, del Consiglio d’Europa, del Parlamento Europeo, della Nato, ecc.. La valutazione complessiva delle cause e delle conseguenze dell’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian, insieme ai tragici eventi di Khojaly, rendono assolutamente chiaro che i crimini commessi in quella città dell’Azerbaigian non costituivano un evento isolato o sporadico, ma erano parte della politica diffusa e sistematica dell’Armenia; alla base della pratica armena di commettere atrocità possono essere identificate riprovevoli idee xenofobe, in contrasto con la stessa realtà multiculturale della regione. L’uccisione intenzionale di civili a Khojaly era volta allo sterminio di massa solo perché si trattava di cittadini azerbaigiani. Secondo l’articolo II della convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, adottata il 9 dicembre 1948, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: uccisione di membri del gruppo; lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo. Caratteristiche che si riscontrano tutte nell’eccidio di Khojaly. L’Armenia, che ha commesso un genocidio senza precedenti contro il popolo azerbaigiano, invece di pentirsi e chiedere scusa per le sue azioni, mantiene una posizione negazionista e fa quanto possibile per coprire tali crimini. A tal proposito, durante i giorni dell’anniversario del genocidio di Khojaly, la parte armena alza abitualmente il livello della sua tradizionale campagna di sabotaggio e cerca di distogliere l’attenzione dagli eventi di Khojaly, usando qualsiasi strumento provocatorio. Non è casuale, quest’anno, la concomitanza di seminari sul tema dei diritti umani in Azerbaigian in varie città d’Italia con il 24mo anniversario del genocidio di Khojaly. I programmi di questi seminari generano molte domande, poiché non trattano del genocidio di Khojaly, del destino di oltre un milione di azerbaigiani divenuti rifugiati e profughi come risultato dell’aggressione dell’Armenia contro l’Azerbaigian, che rappresenta il problema più grande sul tema dei diritti umani per l’Azerbaigian oggi, né della causa di Dilgam Asgarov e Shahbaz Guliyev, arrestati dall’Armenia mentre visitavano le tombe dei loro parenti a Kelbadjar (distretto azerbaigiano sotto occupazione militare dell’Armenia) e che vengono tenuti ancora come ostaggi. Troviamo che ciò rappresenti una terribile mancanza di rispetto verso le vittime del genocidio di Khojaly, da parte degli organismi che hanno dato la possibilità alla parte armena di commettere i suoi sabotaggi. Il mondo deve sapere e ricordare le amare conseguenze del genocidio di Khojaly. Gli eventi di Khojaly e altri crimini commessi dall’Armenia, non solo direzionati solo contro il popolo azerbaigiano, ma anche contro tutta l’umanità e questi crimini dovrebbero ricevere la condanna politica e giuridica meritata da parte della comunità internazionale. In caso contrario, i crimini impuniti aprono la strada a nuovi crimini. Una presa di posizione ferma della comunità internazionale rispetto a ciò è estremamente importante, per costringere l’Armenia ad abbandonare la posizione negazionista sul genocidio di Khojaly e l’aggressione militare contro l’Azerbaigian”.

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