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Il Cristo vittorioso del Maestro Vincenzo Panuccio diventa CD

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Tempo di lettura: 4 minuti

Il maestro Vincenzo Panuccio racconta la genesi ed il significato dell’opera “A Passiuni ru Signuri” in dialetto bagnaroto, divenuta Cd e disponibile sulle piattaforme digitali.

a cura di Mariella Restuccia

Una gestualità della mano da cui tutto ebbe origine, per stabilire l’andamento ascendente o discendente della melodia, la cui funzione nel corso dei secoli venne infusa inizialmente ad un bastone, all’archetto di violino, a pezzi di carta arrotolati fino ad arrivare alla sottile bacchetta, impugnata con maestria dal direttore, in grado di coordinare i musicisti. Un mestiere fatto di sacrificio e dedizione che il maestro Vincenzo Panuccio, classe 1975, conosce bene. Nato a Bagnara Calabra, direttore, professore, giornalista e presidente della Pia Unione di Santa Cecilia, in occasione degli avvenimenti della Passione celebrati dai cristiani durante la Settimana Santa, che precede la Pasqua, uscirà il Cd della sua opera “A Passiuni ru Signuri” in dialetto bagnaroto, al quale sarà dedicato in questi giorni un servizio su Rai3. Registrato nell’aula Magna della Scuola Civica di musica di Bagnara Calabra, prodotto da Mariella Restuccia per Musitalia Srl, in collaborazione con l’Istituto Centrale dei Beni Sonori e Audiovisivi, il Cd racchiude una composizione strutturata da due voci guida, tre solisti maschili il coro e l’orchestra di fiati. Un lavoro impegnativo dalla «Scrittura modesta nella struttura armonica, ma molto efficace nella sua realizzazione» frutto di una sfida, che mette in luce un Cristo vittorioso sulla croce e non sconfitto.

Partiamo dalle origini. Quando si avvicina alla musica?
«All’età di 7-8 anni, anche prima, ho ricevuto per Natale un piccolo pianoforte con cui giocavo. Poi ho cominciato a suonare il flauto e sono stato indirizzato nella banda musicale, con dei corsi di orientamento indetti dalla Regione. Così, a 10 anni, ho iniziato gli studi della musica»

Cosa significa per lei comporre?
«Riuscire a parlare a molti, cosa molto difficile. Riuscire a comunicare ciò che si pensa»

La soddisfa maggiormente comporre o dirigere?
«Dirigere, perché sono un direttore. Ho studiato e mi sono laureato in direzione, anche se la composizione è qualcosa che necessariamente un direttore deve conoscere, infatti in passato i direttori erano solo compositori, poi da fine ‘700 sono diventate due figure diverse e lo sono tutt’oggi»

La cosa più difficile del suo mestiere?
«Riuscire a fare appassionare le nuove generazioni alla musica, perché richiede tanto impegno e tantissima dedizione. Oggi si è un po’ più frivoli»

Il musicista o direttore che è stato più importante per lei?
«Non c’è un musicista. Ho avuto tanti maestri che ricordo con affetto, che mi hanno guidato nella formazione. Chi ha questo dono e lo mette a disposizione degli altri è e rimarrà sempre un simbolo per gli allievi»

Come nasce “A Passiuni ru Signuri”?
«Nasce un anno fa nella sede della Pro Loco, il presidente aveva invitato le varie realtà culturali del paese per un confronto, un momento di verifica e progettazione. Da questo incontro si è discusso riguardo la lingua dialettale, che non è molto usata e conosciuta, quando invece è un patrimonio che va tutelato e riacquistato come valore. Così mi hanno lanciato una sfida: “Perché non fare qualcosa che possa unire la musica, veicolo trainante di qualsiasi cosa e la lingua dialettale?”. Ho accettato ed in un mese ho composto all’Oratorio “A grutta i Betlemmi”, che ha avuto un buon successo. Dopo il Natale , ho pensato di fare il racconto della Passione, un momento importante per un cristiano. Realizzata in due mesi, composta dalle 3 alle 6 del mattino. La prima è avvenuta a marzo del 2018, poi a distanza di un anno è venuta fuori l’idea della produzione del Cd»

Da dove ha preso ispirazione?
«Non c’è stata ispirazione da qualcosa. Essendo credente e osservante, conosco bene la Passione di nostro Signore, solo che il mio non è il racconto delle sofferenze di un uomo, ma è la vicenda vista attraverso gli occhi di un cristiano. Così ho presentato un Cristo trionfante, una Passione in cui di triste c’è ben poco. I toni, i colori, la musica è tutto un’acclamazione della sua regalità ed alla vittoria finale»

Quali saranno le tappe attenzionate della Passione?
«Si parte dall’Orto degli Ulivi, che non è narrato nel Vangelo. Il mio Cristo si confronta con il Padre e chiede come possa affrontare questa battaglia. Poi ci sono i vari passaggi del racconto evangelico, mettendo in luce tre personaggi, tra i quali Pietro. Nel Vangelo non c’è nessuna testimonianza del pentimento di Pietro dopo aver rinnegato il Signore, mentre nella mia opera chiede perdono tre volte. In tutta la struttura della Passione c’è molto simbolismo, il numero della Trinità ricorre spesso nelle citazioni dei passi»

Quale momento predilige?
«Mi piace in maniera particolare il colloquio tra nostro Signore e le pie donne che lo seguono in lacrime, in cui le invita a non piangere per lui ma per i loro figli»

Nel 2011 il suo sfogo alla Regione Calabria per la mancanza di fondi alle bande ed orchestre cittadine. A Catania il Teatro Massimo Bellini rischia di chiudere per la mancanza fondi. Secondo lei la musica è sottovalutata in questo momento storico?
«Non solo in questo momento. La musica è considerata una Cenerentola dai nostri politici e da qualsiasi altro ordine ed ente. C’è disinteresse perché, secondo il loro pensiero, la musica non crea grosse economie. Posso dire, però, che in tutti questi anni di formazione ho preparato tantissimi ragazzi, molti dei quali insegnano nelle scuole, quindi ho creato formazione. Non saranno centinaia, ma stanno educando nuove generazioni. La musica è cultura e traino di messaggi e tradizioni, come la mia Passione, che parla un linguaggio che apparteneva ai nostri genitori. L’apprezzamento migliore in assoluto che mi hanno fatto, in uno dei quattro concerti, è stato quello di un signore anziano che mi ha ringraziato perché ha risentito il racconto come lo narrava sua madre quando era bambino. Ora non è più di moda essere cristiani e vivere la propria fede, invece un tempo ci si riuniva con i genitori e nonni che raccontavano e scandivano i tempi della propria vita attorno agli eventi come il Natale e la Pasqua»

Perché “non è di moda essere cristiani”?
«Perché la famiglia, oggi, è globale. Gli interessi non sono più quelli legati alla propria scuola, alle proprie radici ed al proprio Paese»

Con “A Passiuni ru Signuri” crede di essere riuscito a trasmettere ciò che aveva in mente?
«In linea di massima sì, perché lo scorso anno è stata eseguita quattro volte in quattro città: Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Taurianova e Melicucco e ha ricevuto unanime consenso»

 

Link di distribuzione “A Passiuni ru Signuri“:

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