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Arte & Cultura

Editors: “In Dream”

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Tempo di lettura: 2 minuti

Gli Editors tornano sulle scene con “In Dream”, il loro quinto lavoro in studio. Un’ album oscuro, elegante, ispirato, che mette in mostra una band più viva che mai.

di Luca Cameli

72-dpi-editors-in-dream-final-rahi-rezvani-2015-1-618x400Ascoli Piceno, 5 ottobre- Gli Editors sono tornati, è questa la notizia. Alla quinta prova in studio, la band capitanata da Tom Smith, dimostra di non aver perso la sua versatilità, abbandona il sound elettrico del precedente lavoro (The Weight of Your Love, ndr), che trainato da pezzi come “A Ton of Love” , “Honesty” e “Formaldehyde” aveva raggiunto un buon successo, regalando alla band una nuova dimensione live, grazie all’attitudine decisamente più rock dei pezzi, e si riavvicina alle proprie origini con “In Dream”. In questo album riaffiorano tutte le influenze della band inglese, dai New Order ai Television, rendendo questo lavoro più vicino al sound degli esordi, riavvicinandosi al synth-pop anni 80, ma in maniera meno barocca rispetto a “In this light of this evening” (terzo album della band, ndr), arricchendo le sonorità con sezioni di archi e strumenti acustici . Ed è proprio questa la bellezza di questo lavoro; gli Editors, non nascondono le proprie influenze, ma non ne abusano mai, le reinventano, costruendo sonorità che fanno si pensare ai primi lavori della band, ma da un punto di vista totalmente diverso. Per usare un gioco di parole, gli Editors, fanno quello che gli riesce meglio: fanno semplicemente gli Editors. Attorno alla voce di Smith, protagonista indiscusso dell’album, la band costruisce pezzi dal sapore noir come “No Harm” , brano di apertura del disco, caratterizzato da un beat quasi ipnotico che crea una tensione profonda nell’ascoltatore, che ritroviamo in tutto l’album, con un crescendo che sembra non decollare mai, dilatando all’inverosimile le atmosfere create dalle tastiere, per poi passare al pianoforte di “Ocean of night”, che ad un primo ascolto sorprende, salvo poi tornare ad un suono più cupo di pezzi come “Salvation”, “Life is a Fear” e “Our Love”, tenendo chi ascolta sempre sulla corda, lasciandoti addosso una sorta di angoscia benevola, che fa venir voglia di riascoltare il disco per comprenderlo appieno. Sicuramente manca un singolo trainante, come lo sono stati “Papillon” o “A Ton of Love”, ma il risultato finale è davvero di ottimo livello: gli Editors hanno sfornato un disco raffinato sotto tutti i punti di vista, dagli arrangiamenti alla stesura dei pezzi, dalle sonorità che identificano perfettamente la band, rinnovandola al tempo stesso, trasmettendo un’idea ben precisa, senza risultare mai scontato. Mettendo in mostra la loro parte più cupa ed intima la band inglese ha regalato ai propri fan un album , forse difficile e meno immediato del precedente, ma davvero molto bello.

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