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Bruno Vespa “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando)”

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Tempo di lettura: 4 minuti

Partendo dai fatti storici si fa un excursus su quello che è stato il consenso imposto dalla dittatura italiana, che non ebbe nulla di spontaneo, e si confronta con quella che oggi alcuni definiscono la dittatura sanitaria.

di Ester Campese

L’ultimo libro in ordine di tempo realizzato da Bruno Vespa, pubblicato lo scorso novembre, è: “Perché Mussolini rovinò l’Italia (e come Draghi la sta risanando).
Un testo scritto con il taglio giornalistico che va dritto al punto, pieno di curiosità tratte dalla storia del passato, ma anche con riferimenti all’attualità politica del nostro Paese. Il risultato è una lettura avvincente, scorrevole e davvero molto piacevole.
 
Questo testo, pubblicato da Mondadori, completa la trilogia dedicata a Mussolini, e segue i precedenti “Perché l’Italia diventò fascista” e “Perché l’Italia amò Mussolini”.
 
Partendo dai fatti storici si fa un excursus su quello che è stato il consenso imposto dalla dittatura italiana, che non ebbe nulla di spontaneo, e si confronta con quella che oggi alcuni definiscono la dittatura sanitaria.
 
Andando indietro nel tempo, Vespa si sofferma su come sia stato abbastanza incredibile il percorso negativo di Mussolini, così come altrettanto fu stupefacente quello positivo che portò all’ascesa del dittatore. Aveva di fatto conquistato sia in Italia che all’estero un consenso “curioso” per un dittatore. Le grandi potenze democratiche perdonarono infatti la forma della dittatura e ciò che Mussolini stava facendo in Italia e all’estero. La chiava che incrinò questo rapporto positivo e che portò poi Mussolini allo sciagurata alleanza con Hitler, fu l’espansione dell’Impero e la conquista dell’Etiopia che indispettì in particolare Francia e Inghilterra, per la spartizione delle colonie.
 
Nel prosieguo del testo Vespa racconta come Mussolini non avesse un buon rapporto con Hitler, che dovette attendere il 1934 a Venezia per avere un incontro con lui. Un incontro che fu disastroso e dove Mussolini si presentò con la divisa imperiale più importante che aveva, mentre Hitler in abiti civili, quasi dimessi, apparendo molto sminuito.
 
Hitler successivamente si rivelò per quello che era e Mussolini non riuscì a sostenere i colloqui a quattrocchi tra loro, pur conoscendo il tedesco. In uno di questi incontri Hitler gli raccontò l’intero suo saggio autobiografico “Il Mein Kampf” (La mia battaglia). Al termine dell’incontro Mussolini ne uscì disgustato e dichiarò ai suoi che era un pazzo spiritato.
Anche l’adesione alle leggi razziali di Mussolini fu un altro fatto straordinario, e fino al 1934 egli stesso era un difensore degli ebrei. Poi cominciò l’opera di Hitler, folle ma non sciocco, nell’opera seduttiva di Mussolini. In particolare nel viaggio che il Duce fece in Germania, nel 1937, occasione in cui ricevette tutti gli onori destinati a un capo di stato.
 
Quando Hitler ricambiò la visita in Italia, restò molto sorpreso, poiché raffrontando il suo ruolo di Cancelliere pensava che Mussolini comandasse, sottovalutando la presenza ed il ruolo del Re. Fu infatti con Vittorio Emanuele III che si ritrovò in macchina, mentre il Duce era diverse macchine indietro. Nel corso di tutta la sua visita inoltre fu sommerso dal personale di corte nel rispetto del cerimoniale previsto, mentre si attendeva di essere contornato da uno stuolo di camerati.
 
Nel corso della narrazione dei fatti storici si giunge al punto in cui Mussolini si ritrovò a firmare il cosiddetto “patto d’acciaio” con cui nacque l’asse che portò alla guerra. C’era in particolare un patto che Hitler violò costantemente e riguarda il concertare le azioni e il piano d’invasione con Mussolini. Di fatto in ogni occasione il Duce veniva informato da un messaggero solo poche ore prima di ognuna di queste occupazioni.
 
Un forte distinguo di Mussolini in ordine agli ebrei, almeno all’inizio, era che lui intendeva discriminare e non perseguitare. Le persecuzioni iniziarono invece quando i tedeschi divennero praticamente i padroni d’Italia. Un dato impressionante che vale la pena di rammentare è che dei 353milioni di morti civili, della seconda guerra mondiale, 15milioni furono ebrei.
 
Ciò che mosse Mussolini fu anche la ricerca del consenso popolare. Fece molte cose nel corso della sua dittatura per mantenere il consenso conquistato. Nel 1943, anno in cui economicamente l’Italia era in ginocchio, di 45mila bambini, ben 43mila andarono nelle colonie marine. Sempre per il consenso sociale mantenne anche le attività del dopo lavoro, degli spettacoli e diverse altre attività a favore della collettività, ma tutto questa però aveva un costo. Questa sua direzione verso il consenso e le iniziative popolari, già fu evidente nel corso della crisi del 29 anno in cui ad esempio tolse i soldi alla polizia, ma mantenne il patto per le spese destinate alla scuola.
 
Mussolini dimostrò una scarsa lungimiranza politica e di fatto portò l’Italia verso una guerra per la quale non era pronta. Ancora più sorprendente e drammatica fu la firma di Ciano contro il suocero Mussolini. Altra sorprendente decisione fu quella del Re che gli revocò l’incarico, apparendo come un atto di ipocrisia. Di fatto ben due volte a settimana, per vent’anni, Benito Mussolini si recava dal Re, addirittura in abito da cerimonia, per riferirgli gli accadimenti. Dalla revoca dell’incarico in poi iniziò la storia del tragico epilogo che portò alla morte del Duce.
 
Con lo stesso spirito dello storico, e lo stile asciutto del cronista, Vespa tratta il tema del Covid, per il quali, dice, c’è quasi una perversa ammirazione per un dittatore in grado di cambiare faccia in brevissimo tempo. Mentre la seconda guerra mondiale coinvolse 61 paesi, il Covid ha coinvolto 5 continenti facendo pagare un tributo di milioni di morti, ben oltre 130mila. Gli scienziati dicono che dovremo imparare a conviverci fino a che diverrà una malattia endemica.
 
Va detto che Conte ha affrontato bene la prima fase pandemica anche perché siamo stati i primi nel mondo a far fronte ad una ondata così grave. Poi Conte ha accentrato troppo l’ipotesi di spesa per il piano di ripresa con un comitato troppo ristretto, fino a sfociare nella crisi generata da Renzi.
 
Il nostro Paese dissestato nell’economia per via dei lockdown e impattato anche nella tenuta sociale dove il covid ha ampliato le disuguaglianze, sotto la guida di Draghi ha avuto una forte propulsione e sta risanandosi più in fretta dei altre nazioni d’Europa. Il credito che Draghi ha come polito e economista ma anche come uomo a livello internazionale ha anche avuto in casa nostra una tenuta politica tradotta in una “sospensione” delle bellicosità politiche, costretti tutti, giocoforza, a stare insieme per la situazione emergenziale ancora in atto. Ed è così che da “untori” del Mondo come era considerata ingiustamente l’Italia della prima ondata, siamo oggi tra i Paesi presi ad esempio per la gestione della pandemia in questi ultimi tempi.
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